Introduzioni Cosmo Oro: “Notte di Luce” (The Night of Light – 1957, A Few Miles – 1960, Prometheus – 1961, Attitudes 1953) di Philip J.Farmer

Riccardo Vallaclip_image002Introduzione di Riccardo Valla al volume NOTTE DI LUCE di PHILIP J. FARMER COSMO – CLASSICI DELLA FANTASCIENZA – Volume n. 22 (1976)

Philip José Farmer è nato il 26 gennaio 1918 negli Stati Uniti, in una cittadina dell’Indiana, North Terre Haute. I genitori erano di discendenza irlandese, inglese, olandese, tedesca, scozzese e anche cherokee; il padre era tecnico presso una compagnia produttrice di energia elettrica. Il nome José, che farebbe sospettare un’origine messicana o spagnola, non trova riscontro nella famiglia, e infatti è un vezzo dello stesso Farmer, il quale è stato battezzato Jose, senza accento, in omaggio a una nonna, ma si fa chiamare José per non avere un nome femminile.

Particolare interessante per i cacciatori di influssi, i genitori appartenevano alla confessione religiosa Christian Science, una setta alquanto rigorosa che ambisce a una vittoria globale sul peccato – è il peccato, dicono, a dare malattia e morte, e se l’uomo non peccasse vivrebbe in eterno – e pare che gli anni di gioventù di P.J. Farmer siano stati asfissiati da un ambiente familiare extra-rigido e puritano. Se è così, questi anni hanno lasciato in Farmer dei segni che sono visibili nella sua prima produzione: nelle sue opere degli anni ’50, infatti, vediamo comparire varie dittature puritane e repressive, padri tirannici, religioni che agiscono costantemente con spirito di crociata. Nel presente ciclo di storie, per esempio, la Chiesa si scaglia contro i costumi da bagno tre o quattro volte, è retriva un paio di altre, vanta sacerdoti che non esitano a rimboccarsi le maniche per dare agli eretici qualche robusto sganassone. Siamo in pieno clima intollerante anni ’50, trasportato paro paro nel futuro. Successivamente questa prospettiva religiosa si allargherà, passando a temi di maggiore respiro, anziché rimanere ferma sul bozzetto: verranno i racconti in cui Farmer affronta il tema del divino e quelli in cui immagina strane cosmologie, come la serie del Fabbricante d’universi e L’inferno a rovescio.

In una famiglia rigida come la sua, è naturale che il giovane Farmer cercasse evasione nella lettura di storie ambientate in luoghi che fossero il più possibile lontani dalle pareti domestiche. Farmer fu sempre un grande lettore di avventure immaginarie: Burroughs, Haggard, Conan Doyle, Verne e le prime riviste di fantascienza americane, a partire dal 1929 (cioè a nove anni; questo dato può stupire, ma a quell’epoca non c’erano né fumetti né televisione, e i ragazzini leggevano i libri per le parole e non per le figure). Questo elenco è citato da Moskowitz, e non è fornito dallo stesso Farmer, ma è abbastanza attendibile e permette alcune considerazioni. Per prima cosa, si tratta di opere facilmente rintracciabili, e per seconda cosa si tratta di opere popolari e avventurose. È curioso il fatto che nell’elenco non compaiano né Poe né scrittori della prima parte dell’Ottocento: vi compaiono soltanto autori di appendice. Ancora oggi, Farmer conserverà il legame con questi suoi vecchi amori, compilando biografie di Tarzan e di Doc Savage, o scrivendo parafrasi del Giro del mondo in 80 giorni Ma Farmer scrive per il piacere di scrivere, come allora leggeva per il piacere di leggere, e cosa ci può essere di più allettante nell’infanzia? In questo modo, una persona pone se stesso sul piedestallo che ospitava una persona ammirata. In Farmer troveremo più volte questa tendenza, sia quando crea interi mondi e cosmologie, sia quando rifà il verso ai romanzi di Tarzan.

clip_image002[8]Seguendo una classica trafila dei lettori di fantascienza, Farmer cominciò presto a scrivere racconti Prima del 1940 iniziò storie di giungle e di pirati, avventure di eroi fantastici alla maniera di Tarzan, e anche racconti di fantascienza nella vena di uno scrittore degli anni ’30 che godeva di molto favore, Stanley G. Weinbaum. Una caratteristica di Weinbaum era quella di descrivere immaginarie razze di esseri intelligenti extraterrestri, dotati di strane biologie ma fondamentalmente simpatici e immediatamente amici dell’uomo. Entrambe le vene, quella dell’avventura esotica e quella dell’alieno pittoresco, compariranno nella produzione di Farmer degli anni ’50, quando egli comincerà a pubblicare le sue prime opere; i cicli del Mondo del Fiume e dei Fabbricanti di Universi sono la sua versione matura delle storie di Burroughs, e nei racconti biologici (The Lovers e la raccolta Strange Relations) c’è una forte componente di Weinbaum.

Per molti anni, Farmer lavorò come impiegato presso una compagnia elettrica e una fonderia, frequentando corsi serali presso un’università dell’Illinois. Si laureò in letteratura nel 1950, e pressappoco in quel periodo cominciò a pensare alla possibilità di scrivere professionalmente. Cominciò a inviare racconti alle riviste patinate di quegli anni, ma in questo campo non ebbe mai successo, forse per una questione di stile: Farmer scrive in un modo personale, ma con il linguaggio delle riviste di appendice, e le riviste patinate vogliono uno stile più colto e letterario.

Dopo avere tentato riviste patinate come «The Saturday Evening Post» (il genere di riviste che ospitava Bradbury negli stessi anni), Farmer pensò di provare con le riviste di fantascienza, mettendo sotto forma di fantascienza alcune idee tratte da libri di divulgazione scientifica che andava leggendo. Ad esempio, i libri dell’entomologo Fabre gli ispirarono il ritratto di una società di insetti intelligenti, in cui si ritrovavano certi fenomeni di parassitismo e di mimetismo: questo ambiente fu da lui messo nel racconto The Lovers, che parla del pianeta dei Wog, insetti intelligenti e umanoidi. Su questo pianeta esisteva in passato una razza umana, la quale era stata distrutta dal parassitismo di una forma insettoide, le lalitha, capaci di mimetizzare perfettamente la forma umana. Un terrestre, proveniente da una società puritana, si innamora di una di queste lalitha senza saperne la vera origine. Il racconto venne inviato alla rivista «Astounding», ma non piacque al sud direttore John Campbell a causa del finale macabro e di alcuni accenni all’attività sessuale dei protagonisti, e infine venne pubblicato da una rivista di secondo piano, «Startling Stories», i cui direttori cercavano storie di tipo più immaginativo di quelle pubblicate su «Astounding». Si tratta di un racconto assai notevole, che per vari anni ha scandalizzato un certo ritratto della fantascienza asessuata e tranquilla, ma che oggi si legge soprattutto per le curiose descrizioni della società degli insetti e per il suo indovinello biologico.

Night of LightQuesto racconto The Lovers fu pubblicato nel 1952, e per tutto l’anno e l’armo seguente Farmer scrisse una serie di opere molto importanti: il racconto Mother e altri della serie Strange Relations, le prime stesure di Dare e del Mondo del Fiume. Mother è uno dei più notevoli racconti di ispirazione psicoanalitica della fantascienza: è la storia di una regressione psicologica al grembo materno, e si riallaccia ad altre opere di Farmer in cui il cosmo è visto come la proiezione concreta – la «messa in atto» – delle nevrosi dell’uomo. Farmer pare voler dire, in questo periodo, che nel cosmo l’uomo incontrerà esseri e situazioni capaci di entrare in risonanza con le sue aspirazioni e i suoi timori più fondi, e forse la chiave di lettura di opere come Mother, Daughter, Father, Strange Compulsion, The Strange Birth va cercata nello scrittore che qualche anno dopo affronterà in modo ordinato l’intero problema psicologico della narrativa di fantascienza, cioè J.G. Ballard, il quale semplificherà i termini della questione ponendo come predominante l’aspetto soggettivo della narrativa di fantascienza, cioè insegnando agli autori a chiarire prima il problema psicologico e a cercare in un secondo tempo, all’atto di stesura dell’opera, l’ambiente fantascientifico in cui inserirla. Farmer scopre su pianeti alieni varie situazioni che entrano in risonanza con la psicologia dei personaggi, mentre Ballard costruisce psicologie artificiali e le fa emergere in ambienti che modella su di esse, ma certi racconti di Ballard degli anni ’60 sono molto simili a ciò che faceva Farmer dieci anni prima. (Recentemente, parlando di alcune sue opere di tipo diverso, come Sail On! e Totem e tabù, Farmer le chiamava pseudo-miti – «paramiti poli-tropici» – e anche «stravaganze». Si tratta di racconti dell’assurdo e del paradosso, slegati dalla realtà, e forse il loro massimo esempio è un romanzo breve che nel 1967 vinse il premio Hugo, Ridere of the Purple Wage. Cominciò a scriverne fin dagli inizi della sua carriera, e in questi racconti predomina la componente «psicologia artificiale»: considerandoli insieme con le opere di fantascienza e cercando in esse gli spunti espressi da Ballard, questi pseudo-miti sono molto più vicini a racconti di fantascienza come Mother di quanto non creda lo stesso Farmer, e la diversità è dovuta più che altro al fatto che in opere come Mother la cornice interplanetaria è stata ampliata fino a farle rientrare tra i canoni della fantascienza.) Anche in Mother c’è una psicologia artificiale, frutto della mescolanza della regressione con il trauma della nascita, che non corrisponde a nessuna delle dottrine psicologiche ufficiali.

Il 1952 e 1953 sono due anni molto importanti per Farmer. Il suo nome comincia a venire apprezzato – riceve il premio Hugo come miglior autore esordiente del 1952 – e Farmer riceve offerte di contratti e comincia a pensare alla professione di scrittore a tempo pieno. Tuttavia un rovescio finanziario pone fine a questa prima parte della sua carriera e lo allontana per qualche anno dalle scene. Sam Moskowitz così riferisce:

L’avvenimento più drammatico dell’anno (1953) per Farmer risultò essere un premio letterario bandito dalle edizioni Shasta, che offrivano 1000 dollari per il miglior romanzo presentato, più 3000 dollari per i diritti dell’edizione tascabile, versati dalla Pocket Books. Farmer dedicò ogni ora lavorativa, per trenta giorni, alla stesura di un romanzo di 300 pagine, I Owe for the Flesh. La storia parlava della resurrezione di tutta l’umanità sulle rive di un fiume lungo 15 milioni di chilometri, su un pianeta lontano, e il protagonista principale era sir Richard Francis Burton, riportato alla vita.

Giunto quasi alla scadenza dei termini, I Owe for the Flesh vinse il premio, superando, tra gli altri, The Power di Frank M. Robinson. Felicissimo, Farmer partì da Peoria per raggiungere Chicago, dove venne fotografato con le personalità delle edizioni Shasta e con il vice presidente della Pocket Books.

Nell’esaltazione, egli lasciò l’impiego per dedicarsi a tempo pieno all’attività di scrittore. Ricorse a un agente per farsi rappresentare presso gli editori che pagavano tariffe più alte.

Ma poi Shasta gli disse che i Pocket Books non erano soddisfatti di I Owe for the Flesh e che chiedevano una revisione. Fatta la revisione, gliene venne chiesta una seconda. Il romanzo era lungo, i mesi passavano, e il pagamento non arrivava mai. I debiti cominciarono ad aumentare. Infine, Farmer incaricò il proprio agente di prendere contatto con i Pocket Books, per sapere con esattezza le loro richieste. Venne a sapere che i Pocket Books non avevano mai chiesto nessuna revisione, che avevano già versato da tempo i loro 3000 dollari e che aspettavano l’uscita dell’edizione rilegata della Shasta. Il pagamento non arrivò mai, e il libro non fu mai pubblicato, poiché la Shasta falli. Farmer perse la casa che aveva acquistato con un mutuo, sua moglie si ammalò, ed egli, per disperazione, andò a lavorare presso una fabbrica di formaggio. La sua carriera letteraria pareva essergli scoppiata in faccia. Depresso, smise di scrivere. Alcune storie continuarono ad apparire per tutto il 1954, ma si trattava di storie scritte in precedenza.

Night of Light coverTra queste opere apparse in ritardo ci sono alcuni racconti della serie Strange Relations, il romanzo I Owe for the Flesh, il romanzo breve Father, appartenente alle storie di John Carmody che presentiamo in questo volume, il romanzo Dare, e Rastignac the Devil.

Dare doveva apparire a puntate su «Startling Stories», ma la rivista cambiò periodicità e non lo pubblicò mai. Apparve poi in volumetto nel 1965. È un romanzo che anticipa vari punti del Fabbricante di Universi: parla di una colonia di terrestri, rapita da una razza aliena e trasportata su un altro pianeta dove vive una razza quasi umana. Nel romanzo tornano alcuni spunti di The Lovers sull’amore tra individui appartenenti a razze diverse.

Rastignac the Devil apparve su una rivista minore, «Fantastic Universe». È una storia che si collega marginalmente a The Lovers perché è ambientata nello stesso universo. Si svolge sul pianeta Nuova Gallia, dove convivono varie razze. Farmer ha voluto fare una narrazione che alludesse in modo umoristico ai romanzi della sua infanzia, ma la storia è un po’ dispersiva. Contiene però molti spunti interessanti, e se si accetta il gioco dell’autore risulta assai godibile.

I Owe for the Flesh divenne la serie del Mondo del Fiume, ma venne pubblicato soltanto nel 1971. Qualche parte però era già apparsa su «/F» verso la metà degli anni ’60. Il romanzo originariamente scritto da Farmer comprendeva probabilmente la prima parte, Il fiume della vita e qualche pezzo che entrerà a far parte del terzo volume Not for Hire, quando Farmer si deciderà a scriverlo. Dopo il 1970 Farmer scrisse la seconda parte della serie, Alle sorgenti del fiume. Nel 1971 quest’opera del Mondo del Fiume vinse il premio Hugo per il miglior romanzo.

Father, compreso nel presente volume, continuava le avventure interplanetarie dì un sacerdote del XXII secolo, il quale incontra sui vari pianeti varie manifestazioni della divinità. Il protagonista era una specie di Padre Brown: sempre calmo e pacifico, inoffensivo all’apparenza, era comparso per la prima volta in un breve episodio, Attitudes, su «Fantasy & SF» nel 1953. In Father lo vediamo acquistare una preistoria: prima di farsi frate accenna a essere stato un gaglioffo (come il compagno di Padre Brown nei racconti di Chesterton) sul pianeta Dante’s Joy. Father dev’essere stato scritto prima del fattaccio con la Shasta, anche se non ci sono prove, perché presenta certi spunti del Mondo del Fiume: il Padre di Abatos ha gli stessi poteri degli «Etici» che fanno rivivere sul Fiume tutta l’umanità. Inoltre il ritratto del vescovo André appartiene a una galleria di personaggi pudibondi e puritani che in seguito scompaiono dalle opere di Farmer (e anche il capitano Thu ricorda il capitano di Strange Compulsioni Ma il motivo principale che porta a collocare Father nel periodo precedente è il modo con cui è affrontato il tema della divinità, in un modo che fonde sesso, religione e psicologia tipico del primo Farmer. Dal Padre di Abatos nasceranno poi i semidei del Fabbricante di Universi, ma non pare che in Father Farmer si rendesse conto del fatto che il personaggio più interessante è il Padre e non il vescovo.

In Father, Farmer inizia un tipo di tematica religiosa tutto suo, stranamente lontano dalla tradizione letteraria che ha accompagnato il tema. Nella lettura di questo breve romanzo si incontrano spunti che richiamano alla mente ciò che è stato scritto sul rapporto creatore-creatura, sulla tentazione, e ci si aspetterebbe di vedere riportare in chiave di fantascienza qualche mito letterario: ad esempio, il Padre di Abatos è potenzialmente un essere di statura mefistofelica. Mentre invece, nulla di tutto ciò: c’è un accenno al fatto che il Padre è un «Padre delle Menzogne», come Satana, ma Abatos, a differenza del pianeta Lithia di James Blish, non è una creazione del Maligno, e il Padre, lungi dall’essere un demonio, è un poveretto pieno di fobie come il vescovo André. Anche lo strano orgasmo che gli alberi danno agli uomini, durante la rigenerazione, è la variante della credenza popolare che Adamo ed Eva siano stati cacciati dall’Eden perché avevano avuto rapporti sessuali.

In Notte di Luce, Farmer si avvicina di più al centro del problema divino-umano, mostrando quella sua gigantesca creazione che è la Notte di Luce. Però anche qui il dio visibile non ha molto di divino: Jess è superiore all’uomo, ma in sostanza è solo un uomo ingrandito. Boonta, invece, che ha gli aspetti divini e l’aspetto di globalità dell’inconscio degli abitanti del pianeta Kareen, fornisce un vero problema teologico, che, essendo un problema, non è e non può venire spiegato. Nella seconda parte di Notte di Luce scritta in occasione della pubblicazione in volume, Jess diventa una sorta di Padre di Abatos, mentre Boonta domina con la sua immanenza dietro gli avvenimenti: la conclusione del romanzo sfida la logica di Carmody, di Jess, di Algul e della Chiesa, ed è il punto più alto di una delle tematiche religiose di Farmer.

Night of Light FarmerL’altra tematica religiosa di Farmer si può definire quella dei semidei: esseri come il Padre e come Jess, o come Jadawin, a cui manca l’aspetto di mistero che contraddistingue la presenza della divinità. Anche Carmody fa parte di questa schiera, come si vede quando gli viene dato l’appellativo di «Prometeo!» alla fine dell’ episodio con gli horowitz. Si tratta di figure di superuomo, ma esse hanno poteri scientifici divini e sono considerati come delle divinità (nel caso di Carmody, dagli horowitz). Una sfaccettatura di questo tema dei semidei è il suo rovesciamento: le opere in cui Farmer mostra bizzarri contrappassi che attendono i suoi personaggi dopo la morte. Un esempio è Burton quando muore e poi si risveglia nella gigantesca cupola degli Etici. Un altro è il romanzo Inside, Outside, bizzarra cosmologia dell’Ade, in cui i morti rivivono per venire sottoposti a prove che forse termineranno in un ulteriore livello di Ade (la nostra vita è solo una delle tappe di un processo di giudizi successivi: l’idea c’è anche nel Mondo del Fiume, i cui personaggi dovrebbero migliorarsi attraverso una successione di morti-resurrezioni). Mentre le storie dei semidei presentano esseri materiali che si servono della scienza materiale per farsi credere dei, in questi contrappassi la divinità si serve di mezzi materiali per ottenere dei suoi scopi imprecisati. In entrambi c’è l’uso di mezzi materiali da parte della divinità, e la differenza è che una volta è la vera divinità l’altra volta è una divinità falsa.

In un bilancio su Farmer scritto verso la metà degli anni ’60, Moskowitz diceva:

Nei suoi momenti peggiori, Farmer può essere privo di controllo, prolisso, di cattivo gusto, e indisciplinato nel mescolare le ispirazioni letterarie. Ci sono delle volte in cui si dà tanto da fare a descrivere i personaggi da perdere il filo della narrazione. In quanto alle idee, gli manca il senso delie proporzioni. A volte coltiva un ’idea che gli è cara per sessanta pagine perfette, come se fosse la sua ultima nota di originalità. A volte ti sbatte in faccia le sue idee come un pugilatore che si fa i soldi ad ogni pugno.

Nei momenti migliori, è uno dei migliori scrittori emersi nella fantascienza nel decennio ’50. Nessun nuovo autore di quell’epoca ha una forza uguale alla sua, un’uguale originalità e fecondità d’idee. Pochi autori nella storia della fantascienza uguagliano la sua abilità nel saper sfruttare le implicazioni dei concetti immaginativi. Il suo immenso rispetto per l’estrapolazione logica risale a Hugo Gernsback, ed è questo a dare a molte sue storie il «senso di meraviglia». Quando non scrive in fretta, soltanto Theodore Sturgeon o Richard Matheson lo superano come adattabilità di stile e di linguaggio alle diverse situazioni. L’assenza di razzismo delle sue storie si estende alle sue tecniche letterarie, che si servono di tutto ciò che c’è di positivo nelle tecniche letterarie della fantascienza e della narrativa generale.

Nonostante l’applauso spontaneo che si è levato per alcune sue opere, Philip José Farmer non ha ancora raggiunto il posto che gli spetta. Questo è dovuto al fatto che si ritiene che la sua fama sia legata al sensazionalismo, e al fatto che buona parte della sua narrativa è apparsa su riviste di secondo piano.

Ma Farmer è molto di più che un distruttore di tabù. Il sesso non è il suo unico argomento. Un numero altrettanto grande, se non superiore, di sue opere fa perno sulla religione. In un campo sensibile al sesso e attento a evitare offese alla religione come quello della fantascienza, la possibilità di vendita dei suoi argomenti principali si limita da sola. Questo però non dovrebbe nascondere il fatto che si tratta di un narratore di grande eccellenza e che varie delle sue opere sono destinate a durare.

Moskowitz parla di rispetto per l’estrapolazione logica, ma qui sarebbe bene distinguere. Farmer non estrapola: il più delle volte, nel costruire la scenografia in cui ambientare le sue storie, si limita a prendere dal normale repertorio della fantascienza, senza nulla aggiungere. In questo senso, che è il senso in cui si svolge l’estrapolazione di autori come Asimov e Heinlein, Farmer non è affatto originale. La sua Chiesa del 2250 è la Chiesa degli anni 50, e i suoi personaggi sono i ritratti delle persone che si vedeva intorno o sono presi da qualche opera di narrativa popolare. È assai robusta invece la componente immaginativa, cioè le immagini che presenta: ad esempio, la sua idea della Notte di Luce, l’ingegno con cui appioppa il suo habitat al nevrotico di Mother. Non è l’estrapolazione logica, come dice Moskowitz, a dare il senso di meraviglia al lettore: l’estrapolazione è un artificio qualsiasi per ottenere la plausibilità, ma le immagini di Farmer, come quelle di molta fantascienza seguente, parlano da sole.

Negli anni successivi all’articolo di Moskowitz, Farmer ha scritto alcune opere semipornografiche: gialli in cui ritorna la componente di Violenza biologica delle prime storie di Farmer. Un critico non specializzato in fantascienza, Leslie Fiedler, il quale, appunto non appartenendo alla fantascienza, si è assai divertito a leggere questa produzione semipornografica, ed è ben lieto del fatto che Farmer abbia «liberato» sessualmente la fantascienza: lo definisce come il precursore di tutta una serie di candide fantasie genitali espresse in linguaggio brutale. Dice Fiedler, accennando a una corrente segreta di estimatori di Farmer confusa tra gli scrittori e i critici:

Ricordo d’avere letto molti anni fa il mio primo racconto di Farmer, che si chiamava Mother, e di essere rimasto stupito e lieto (con un po’di superiorità, magari) nello scoprire che certi punti di vista freudiani sulla natura dei rapporti familiari erano stati ingegnosamente espressi e messi in carne ed ossa, per così dire, nel mondo del viaggio galattico e del futuro sempre più lontano da noi. La mia sorpresa e il mio diletto non erano dovuti soltanto al pregiudizio che allora covavo – la convinzione che la narrativa popolare fosse necessariamente digiuna delle intuizioni della psicologia del profondo – ma nascevano anche dal fatto che la mitologia di Freud si basava sulla convinzione che le nevrosi fossero radicate nel passato, e che, quindi, la rivelazione dei segreti sessuali dipendesse dalla retrospezione. Occorreva uno scrittore come Farmer, dedicato all’anticipazione del futuro, per far volgere la psicoanalisi in direzione della profezia. Gli interessi esplorati originariamente in Mother e negli altri racconti successivamente raccolti nella collezione Strange Relations hanno continuato a ossessionarlo, fino a raggiungere il culmine nella sua opera premiata con il Premio Hugo, Riders of the Purple Wage. In questa storia egli ha tratto vantaggio della maggiore libertà linguistica dello scorso decennio e ha potuto rendere ancora più esplicita la visione della relazione stucchevole e distruttiva tra Madri e Figli, con cui cominciò la sua carriera vent’anni fa.

Infatti uno dei grandi temi ossessivi di Farmer è appunto il tema della Madre come minaccia alla libertà, tentazione verso la regressione, utero che diventa prigione. E, strettamente connesso a questo, abbiamo il secondo dei suoi grandi temi, la scoperta di nuove religioni in un mondo nuovo, poiché queste religioni risultano sempre matriarcali, e sono presentate come una sfida schiacciante verso la fede patriarcale del Cristianesimo. Eppure è un sacerdote cattolico romano, più figlio che padre, pur essendo chiamato padre John Carmody, che in vari racconti e nello straordinario romanzo Notte di Luce giunge a contatto con queste mitologie e questi riti alieni; eppure riesce a difendere simultaneamente ed essi e il proprio maschilismo a colpi di pugno e di pistola.

Comunque, i Culti della Grande Dea hanno sempre ossessionato Farmer; anzi, si ha l’impressione che ci sia qualcosa di profondo in lui che agogna a un tempo, vero o immaginario, in cui il maschio non era un Eroe, ma un Servo di quel grande principio di fertilità, come net suo romanzo più sfrontato, Il figlio del sole. Eppure il terzo tema ossessivo entra in diretto (e forse inconciliabile) conflitto con questa paurosa nostalgia verso la sicurezza matriarcale che ciascuno di noi ha conosciuto nell’infanzia. Si tratta del mito dell’Eroe dai Mille Volti, il superuomo fallico e solitario che trionfa per mezzo della propria abilità non già di creare, bensì di uccidere. Il nome favorito da Farmer per questo super Eroe stravagantemente maschile è «Tarzan», un uccisore che è stato presumibilmente allattato da scimmia invece che da una banale donna umana, ma che in realtà è stato creato dalla propria mente da un dio o un demone chiamato Edgar Rice Burroughs e interminabilmente ricreato da una divinità o un demone sussidiario chiamato Philip José Farmer.

Fiedler definisce «orale» (in senso psicoanalitico) tutta la produzione di Farmer, retta dal desiderio di appropriarsi di tutto e di assimilarlo: ad esempio il suo tentar di riunire in alcuni romanzi tutti gli eroi della narrativa popolare, fornendo spiegazioni che si riallacciano a sette segrete di immortali che vivono nell’Africa.

Ma Tarzan, nonostante la sua potenzialità enciclopedica di includere in sé tutto e tutti, rappresenta soltanto una piccola parte di un più vasto tentativo farmeriano (tentativo assurdo e insieme bellissimo, destinato al fallimento, ma, una volta concepito, già un successo) di riassumere nella propria opera tutti i libri che lo hanno toccato e lo hanno colpito. Per lui la tradizione della fantascienza gli dà il permesso di costruire Universi Privati: luoghi dai nomi legati ad opere letterarie e abitati non soltanto da nuove specie, ma anche da nostri vecchi amici, veri o romanzeschi.

Night of Light PJFIl discorso di Fiedler fornisce un inquadramento psicoanalitico alla tendenza di Farmer a cui si è già accennato, cioè quella di assimilare – «orale», appunto – tutto ciò che gli piace delle opere di altri scrittori. Si può aggiungere, in conclusione, che è inutile cercare in Farmer una problematica o un’ideologia come in altri scrittori emersi negli anni ’50 della fantascienza «sociologica». Farmer scrive per prima cosa per se stesso, e raggiunge il proprio scopo quando crea un mondo immaginario che dia vita a qualche sua impressione. Una volta che il mondo immaginario sia messo sulla carta, Farmer non si preoccupa di altro: la sua ideologia è soltanto negativa, è il rifiuto dell’immutabilità del reale, e lo colloca in tutta una corrente d’immaginazione parallela alla fantascienza: le avanguardie storiche europee di questo secolo.

La caratteristica di Farmer entro questo ambito è il suo carattere pop, dovuto al suo legame con la narrativa popolare della giovinezza. Nello scorso decennio, un gruppo di scrittori americani ha scritto romanzi pop (Bartheme, Vidal, W. Burroughs, Barth), avvicinandosi ai modi della narrativa popolare. La differenza fra questi scrittori e gli scrittori di narrativa popolare (giallisti, specialisti di fantascienza e di Western) è che negli scrittori professionisti predomina il mestiere: un certo tipo di storie, un certo tipo di cose che si dicono e di cose che non si dicono, un certo linguaggio utilitaristico e frenato (una novella delle riviste popolari degli anni ’40, osserva Damon Knight, aveva una struttura inalterabile come quella di una sinfonia ottocentesca). Farmer, con il suo stile personale e il suo talento per destare scandalo tra i lettori (e i direttori di riviste) più immobilistici, per il suo rifiuto di tuffarsi in tematiche appartenenti alla letteratura «colta», per il suo legame affettivo con le riviste e gli eroi dell’appendice, ha precorso varie volte questa corrente americana.

Riccardo Valla

Philip José FarmerL’AUTORE

Philip José Farmer (Terre Haute, 26 gennaio 1918 – Peoria, 25 febbraio 2009) è stato uno scrittore e autore di fantascienza statunitense, attivo dalla seconda metà degli anni quaranta fino alla morte nel 2009. Narratore eclettico, ironico e dissacrante, è noto per avere rotto il tabù del sesso in questo genere letterario con i suoi romanzi e i suoi racconti. Si è aggiudicato alcuni tra i maggiori riconoscimenti nel campo fantascientifico.