Speciale P.K.Dick – “Noi marziani” (Martian Time-Slip, 1964)

SpecialePhilipDick[11]Noi MarzianiEffettivamente capisco l’editrice Nord, quando nel 1973, pubblicando la prima traduzione italiana di questo romanzo, decise di non intitolarlo Slittamento temporale marziano (questa la traduzione letterale di Martian Time-Slip) bensì Noi marziani. Tra l’altro, non facevano altro che usare il titolo di un precedente racconto di Dick, “All We Marsmen” (pubblicato su Worlds of Tomorrow nel 1963), dal quale lo scrittore prese spunto per costruire il suo romanzo (uscito negli Stati Uniti l’anno dopo).

Noi Marziani è senza dubbio il testo più commentato e studiato insieme a L’uomo nell’alto castello. Forse perché rispetto ad altri romanzi di Dick è il più compatto e coerente; forse perché la resa dall’interno di una mente autistica è riuscita particolarmente bene; forse perché dietro Marte si vede abbastanza bene, in controluce, l’America, in particolare quel microcosmo americano che è la California (che ha in Dick e Thomas Pynchon i suoi più originali cantori). Si sospetta che il romanzo come lo leggiamo oggi sia la trasformazione in chiave fantascientifica di un preesistente dattiloscritto perduto, probabilmente realistico, una dei vari romanzi scritti da Phil tra il 1955 e il 1962 coi quali cercò di far breccia nel mercato della narrativa generale (che gli avrebbe portato maggior prestigio e soprattutto più soldi); in mancanza del dattiloscritto, siamo però nel regno delle ipotesi.

Tutto ruota, a ben vedere, attorno al bambino autistico Manfred Steiner, e alle persone che lo circondano (famiglia, vicini, colleghi dei vicini, e così via a raggiera). Nella prima parte del romanzo il padre di Manfred, Norbert, si suicida. Manfred resta così alla mercé delle macchinazioni di Arnie Kott, il potente capo del sindacato degli idraulici, che sul pianeta rosso ha in mano l’acqua, cioè la risorsa vitale in ragione della sua scarsità (non a caso già nella primissima pagina si tocca il tema dell’acqua e del risparmio che se ne deve fare).

Il piano di Arnie Kott si basa su una teoria che spiega l’autismo come condizione asincrona della mente: l’autistico vive in un tempo diverso da quello degli altri, e per questo non può interagire con il mondo del presente. Ma, e questo interessa Kott, Manfred conosce il futuro. Se si riuscirà a interagire in qualche modo con lui, si potranno conoscere in anticipo le mosse del nemico di Kott, il ricco imprenditore Leo Bohlen, che sta architettando una speculazione edilizia sui Monti FDR, dove le Nazioni Unite intendono costruire grandi complessi di case popolari.

Martian Time SleepIn effetti Manfred vive nel futuro, ed è questa la sua maledizione, perché la sua coscienza si trova intrappolata proprio in uno di quei complessi, il tetro e cadente edificio AM-WEB (ironica citazione del testo di Schiller che Beethoven ha usato per il quarto movimento della Nona sinfonia), e in quel luogo morto e deserto è circondato dal putrìo (gubble nell’originale), cioè dallo sfascio e dalle macerie.

Il romanzo ruota attorno alla rivalità tra Arnie e Leo, e tutti i personaggi vengono in qualche modo coinvolti: Erna, la madre di Manfred; Jack, figlio di Leo e ingegnere; Silvia, sua moglie; Otto Zitte, l’idraulico donnaiolo che rileva l’attività di Norbert Steiner, attirandosi l’ostilità di Arnie, e altri ancora. I rapporti tra i personaggi creano una fitta rete di avvenimenti, passioni, odi che alla fine sfociano nell’assassinio di Arnie Kott da parte di Otto (descritto con magistrale asciuttezza).

C’è modo di sfuggire alla soffocante rete (o prigione) di interessi e complotti che tiene stretti i coloni su Marte: ma bisogna fare i conti con i Bleekmen, gli indigeni di Marte che vivono ai margini degli insediamenti terrestri, che nel finale avranno un ruolo tutt’altro che secondario.

I Bleekman, pur nella loro marginalità, hanno attirato la curiosità degli interpreti. Essi sono infatti tutt’altro che passivi spettatori, e intervengono nel tentativo di Arnie Kott di raggiungere il passato e far sì che i terreni della speculazione vengano acquistati prima che se ne possa impadronire Leo Bohlen. Una battuta di un Bleekman detto Elio è particolarmente rivelatrice: parlando di Manfred, che in quanto autistico è irraggiungibile per tutti, afferma che “i suoi pensieri sono chiari come l’acqua per me, e i miei sono altrettanto chiari per lui. Siamo entrambi prigionieri in un paese ostile”. Prigioniero del futuro palazzone AM-WEB il piccolo Manfred; prigionieri di un Marte occupato dai terrestri i Bleekman. Che come modo di fare e situazione ricordano molto i nativi americani che chiamiamo indiani, anche loro da molti anni prigionieri in un paese ostile. Di qui parte necessariamente una lettura politica del romanzo, che può essere letto, e lo è stato, come grande metafora degli Stati Uniti e della loro radicale inumanità.

Umberto Rossi

Philip K. Dick

L’AUTORE

Philip Kindred Dick (Chicago, 16 dicembre 1928 – Santa Ana, 2 marzo 1982) è stato uno scrittore statunitense. La fama di Dick, noto in vita esclusivamente nell’ambito della fantascienza, crebbe notevolmente nel grande pubblico e nella critica dopo la sua morte, in patria come in Europa (in Francia e in Italia negli anni ottanta divenne un vero e proprio scrittore di culto), anche in seguito al successo del film Blade Runner del 1982 liberamente ispirato a un suo romanzo. In vita pubblicò quasi solamente opere di narrativa fantascientifica – un genere all’epoca considerato “di consumo” – ed è stato successivamente rivalutato come un autore postmoderno precursore del cyberpunk e, per certi versi, antesignano dell’avantpop. Gli sono stati dedicati molteplici studi critici che lo collocano ormai tra i classici della letteratura contemporanea. Temi centrali dei suoi visionari romanzi sono la manipolazione sociale, la simulazione e dissimulazione della realtà, la comune concezione del “falso”, l’assuefazione alle sostanze stupefacenti e la ricerca del divino.

Nato a Chicago, con la sorella gemella Jane, in una famiglia dai legami burrascosi (la madre, da lui descritta come nevrotica, divorziò dal padre pochi anni dopo la nascita dei gemelli), Philip Dick trascorse un’infanzia e un’adolescenza solitarie e tormentate: la sorellina morì a poche settimane dalla nascita (Dick le rimase sempre legato, e decise di essere seppellito accanto a lei); dopo il trasferimento in California, frequentò l’Università di Berkeley, ma non concluse gli studi a causa della sua militanza nel movimento contro la guerra di Corea e del suo pacifismo(per continuare gli studi universitari avrebbe dovuto sostenere un corso di addestramento – ROTC – come ufficiale della riserva, all’epoca obbligatorio), che lo portarono ad avere problemi col maccartismo di quegli anni. Iniziò a lavorare in un negozio di dischi dove conobbe la prima moglie, Jeanette Marlin (il matrimonio durò da maggio a novembre ’48). Le sue affermazioni secondo cui in quel periodo avrebbe lavorato in una radio locale non sono mai state provate, anche se è possibile che abbia scritto testi pubblicitari per qualche emittente di Berkeley. Sicuramente la nascita della sua conoscenza e del suo amore per la musica classica precedette gli anni in cui lavorò come commesso nel negozio di dischi.

L’incontro con la fantascienza avvenne, forse per caso, e forse nel 1949 (ma il suo primo racconto, “Stability” Stabilità, pubblicato postumo, fu scritto nel 1947), quando invece di una rivista di divulgazione scientifica ne acquistò per sbaglio una di fantascienza (la circostanza non è certa). Esordì nel 1952 sulla rivista Planet Stories. Lasciata la prima moglie, si risposò con Kleo Apostolides (dal 14 giugno 1950 al 1959), militante comunista di origini greche. In questo periodo pubblicò i primi romanzi e una notevole quantità di racconti. Il matrimonio con Kleo andò in crisi quando Dick si trasferì nella zona rurale di Point Reyes, a nord di San Francisco, in quella Marin County che fu l’ambientazione di diverse opere (tra tutte Cronache del dopobomba). Lì conobbe Anne Williams Rubinstein, che diventò la sua terza moglie (rimasero sposati dal 1º aprile 1959 all’ottobre 1965). Era una donna colta e di forte personalità, vedova e madre di tre figlie, che gli diede una figlia: Laura Archer (25 febbraio 1960). Dick si trasferì a casa di Anne, e per mantenere la famiglia e il tenore di vita della moglie abbandonò la fantascienza, poco remunerativa e per niente prestigiosa, per tentare di occuparsi di narrativamainstream. Ma Dick visse ciò come una sconfitta, di cui considerò responsabile la moglie. Il fallimento come “nuovo” autore fu la goccia; il matrimonio andò a pezzi, Dick si convinse che la moglie avesse assassinato il precedente marito e che avrebbe fatto lo stesso con lui. Divorziarono nel 1965, e Dick si trasferì a San Francisco.

Dick assumeva anfetamina fin dai primi anni Cinquanta, sostanza che gli era stata prescritta dallo psichiatra che gli aveva diagnosticato una lieve forma di schizofrenia; l’anfetamina era usata per combattere gli stati depressivi di cui lo scrittore soffriva occasionalmente. Man mano Dick sviluppò una vera e propria tossicodipendenza dalla sostanza, che lo agevolava nella stesura delle sue opere. L’abuso di stimolanti raggiunse livelli allarmanti durante la seconda metà degli anni Sessanta, proprio mentre l’autore scriveva due dei suoi romanzi più importanti (Il cacciatore di androidi e Ubik). La rottura con la quarta moglie, Nancy Hackett (sposata dal 6 luglio 1966 al 1972), che lo abbandonò assieme alla figlia Isolde Freya (ora Isa Dick Hackett ) (15 marzo 1967), e la morte del suo carissimo amico Jim Pike, mandarono Dick alla deriva; lo scrittore si trovò a vivere in una casa di sbandati, e la situazione arrivò al punto critico quando, in sua assenza, la sua abitazione subì un’effrazione durante la quale sconosciuti forzarono il suo schedario blindato (Dick fece innumerevoli ipotesi sulla loro identità, arrivando a sospettare che fossero agenti dell’FBI; a tutt’oggi la questione non è stata chiarita). In seguito Dick partecipò a una conferenza sulla fantascienza a Vancouver, in Canada, e decise di stabilirvisi. Anche l’esperienza canadese fu però un fallimento, dovuto al consumo eccessivo di psicofarmaci e alla mancanza di denaro. Dick si fece ricoverare in una comunità di recupero pertossicodipendenti, la X-Kalay, un’esperienza breve che però lo aiutò chiudere con le anfetamine. Molti eventi e situazioni risalenti al suo percorso esistenziale di questo periodo ebbero un ruolo importante nel suo romanzo Un oscuro scrutare. Tornato in California, Dick si stabilì alla periferia di Los Angeles e nel 1972 riprese a scrivere, anche in seguito all’incontro con Leslie (Tess) Busby (18 aprile 1973-1977), la quinta moglie, dalla quale ebbe il terzo figlio, Christopher Kenneth (25 luglio 1973). Tra il febbraio e il marzo del 1974 Dick iniziò a sentire voci e avere visioni in sogno e da sveglio. Convinto di vivere un’esperienza mistica, Dick prese a scrivere l’Esegesi, una vasta raccolta di appunti a carattere teologico-filosofico a partire dai quali scrisse la celebre Trilogia di Valis, punto d’arrivo della sua esperienza letteraria.

Morì a Santa Ana, in California, per collasso cardiaco, nel 1982, proprio quando i diritti delle sue opere cominciavano a dargli per la prima volta una certa sicurezza economica, e mentre era in lavorazione il primo film basato su una delle sue storie: Blade Runner, di Ridley Scott, che Dick non poté vedere completato, anche se riuscì a visitarne il set. (Biografia tratta da Wikipedia)