Recensione: ENTOVERSE (Entoverse, 1991) di James P. Hogan

Di Stefano Spataro32461-hoganSenza dubbio l’attesa generata dall’annuncio di una nuova collana Urania ha avuto i suoi effetti positivi. In realtà, più che di una nuova collana, si tratta del rinnovamento della collana Jumbo, che assume una propria autonomia rispetto a quella madre, una scadenza fissa, trimestrale, e con una numerazione che riparte dal numero uno. Gli aficionados della fantascienza da edicola avranno di certo apprezzato questa iniziativa; da sempre, infatti, uno dei forti limiti di Urania è la ristretta quantità di pagine del formato, che impedisce la pubblicazione di romanzi più corposi. Ora, in questa nuova veste, Urania Jumbo si impegna a portare a un prezzo modesto, e periodicamente, grandi (in tutti i sensi) classici della fantascienza inediti in Italia.

L’esordio di questa collana è un romanzo degli inizi degli anni ‘90 a opera di un grande della fantascienza inglese, James P. Hogan, prolifico quanto variopinto autore che ci ha lasciato nel 2010. Entoverse è il quarto capitolo di una saga, Il ciclo dei Giganti, in inglese semplicemente Giants. I primi tre capitoli della saga sono apparsi sempre su Urania, mentre il seguito arriverà tra poco sulla nuova collana in questione.

Una nota per tutti i detrattori che urlano di solito allo scandalo delle versioni tagliate dei romanzi di Urania: questa versione italiana di Entoverse, confrontato con l’originale, ne rispetta sia le parti, sia la divisione in capitoli. Il bollino in copertina quindi dice la verità, “Edizioni integrali”, e che non se ne parli più…

Titolo: Entoverse | Autore: James P. Hogan | Editore: Mondadori | Collana: Urania Jumbo #1 | Anno: 2007 (ed. or. 1991) | Pagine: 510 | EAN: | Prezzo di copertina: 9,90 € | Per tutte le edizioni del romanzo clicca QUI

27536-hoganNe Lo scheletro impossibile (Urania #739, ed. or. 1977) Hogan ci descrive dello scoprimento di un cadavere umano sulla luna, un cadavere che però ha 50.000 anni ed è equipaggiato in un modo un po’ troppo futuristico per la sua età. Il ritrovamento porterà a una diatriba nell’ambiente scientifico internazionale, dove evoluzionisti, fisici, matematici e storici si confronteranno per avere la meglio nello svelamento del mistero che riguarda “Charlie”, lo scheletro in tuta spaziale. Analizzando i resti biologici e gli strumenti che l’umano aveva con sé, gli scienziati scopriranno una serie di questioni riguardanti l’origine dell’uomo su un altro pianeta e dell’esistenza di una civiltà extraterrestre, i ganiani. Nel secondo capitolo, Chi c’era prima di noi (Urania #765, ed or. 1978), l’autore conduce gli scienziati protagonisti del primo romanzo nello spazio. Da questo viaggio nasce l’incontro con una nave di ganiani proveniente dal passato, uno scambio proficuo tra le due razze e la partenza dei giganti verso la stella dei giganti. Nel terzo romanzo, La stella dei giganti (Urania #931, ed. or. 1981), lo scrittore inglese alza ancora di più la posta in gioco portando sulla scena un altra razza di umani, più malvagi e ingannatori, i jevlenesi, che avrebbero ingannato i terrestri sin dalla loro origine, tracciando complotti a non finire tra le razze extraterrestri.

Se il primo romanzo può essere considerato una pietra miliare della fantascienza, tanto da far meritare giustamente al suo autore il titolo di “Darwin della fantascienza”, non si può certo dire lo stesso dei capitoli successivi. Il secondo sembra ancora reggere, è intrigante da un punto di vista scientifico, e l’incontro con la razza aliena non è scontato nella sua descrizione, né nel suo sviluppo. Tuttavia la strada è evidentemente in discesa, e il fondo è costituito dal terzo romanzo che mette troppa carne a cuocere e guasta un po’ le immagini interessanti delineate dai suoi predecessori. Risolleva un po’ le sorti della saga proprio Entoverse, anche se non riesce ad arrivare al livello dei primi due, a causa soprattutto della sua mancata essenzialità.

BKTG06344Buona parte dell’inizio del romanzo è infatti un lungo riepilogo di cosa è accaduto negli episodi precedenti. Questo però non annoia il lettore, anzi è un passaggio fondamentale per riprendere in mano le mille direzioni che aveva aperto il capitolo precedente. Poi c’è da dire che Hogan si fa leggere, sebbene qualcuno ne consideri i dialoghi un po’ freddi e le situazioni piuttosto forzate. Anche i presupposti per i nuovi eventi sembrano essere intriganti: su Jevlen, la popolazione sembra essere dipendente da una qualche sostanza che l’avrebbe portata alla follia e i ganiani chiedono aiuto al professor Victor Hunt e alla sua squadra di scienziati per riuscire a risolvere la questione. Inoltre l’autore sembra voler affrontare in maniera più approfondita il tema di un’intelligenza artificiale creata da una razza aliena, presente sin dal secondo capitolo della saga, ma mantenuto sempre piuttosto in secondo piano.

Per un buon numero di pagine il romanzo procede bene, è avvincente, soprattutto nella descrizione del viaggio verso il mondo alieno e della città decadente di Jevlen e della mentalità umana deviata dei suoi abitanti. È curato e ha il giusto spazio, anche il modo in cui il protagonista viene coinvolto nelle vicende, conoscendo altri personaggi che poi si riveleranno fondamentali per la storia, ed è anche abbastanza forte l’idea che non siano gli individui a entrare all’interno dell’intelligenza artificiale, ma che sia questa in un certo senso a impossessarsi di loro e a creargli un alter ego in un universo in cui le leggi della fisica non sono quelle che noi conosciamo, l’entoverse, appunto.

[Jevex] crea fantasie; può far avverare tutto quello che vuoi. Sogni che diventano realtà, in cui basta desiderare una cosa perché succeda. Ti stupisci perché i jevlenesi non sanno affrontare la realtà? Non hanno mai avuto bisogno della realtà”

Di qui le conseguenze sono abbastanza ovvie: all’interno dell’entoverse i malvagi che cercano di plasmare le menti creando una sorta di setta che ha delle precise gerarchie, dove vengono effettuati sacrifici e dove si punta al controllo dell’universo esterno (quello nostro, in buona sostanza) usando i corpi dei jevlenesi ma sostituendone l’intelletto. Tuttavia manca qualcosa, la narrazione verso i tre quarti del romanzo diventa piuttosto pesante, contorta e difficile da seguire. Ho trovato poi le parti descritte all’interno dell’universo interno un po’ troppo fantasy per lo stile che la saga ha avuto fino a quel momento e onestamente ne sono rimasto piuttosto spiazzato.

BKTG06346Un grosso potenziale, soprattutto nelle idee che potevano portare a una svolta cyberpunk una saga di per sé già molto interessante nonostante i cali, che però non viene sfruttato appieno e dà un risultato poco più che sufficiente. In ogni caso la grandezza di Hogan sta nel regalare sempre delle chicche nella descrizione epistemologica del mondo in cui le vicende di cui parla sono immerse. Queste possono essere lette come profonde riflessioni sulla scienza e possono essere apprezzate nonostante la trama si dovesse rivelare alla fine dei conti forzata. Ve ne lascio un estratto:

Quando la scienza esplora livelli successivi di realtà, sempre più profondi e sottili, le cose cambiano. Gli effetti delle complessità e non linearità assumono sempre più importanza, rendendo più ostica la rappresentazione matematica, finché l’oggetto reale diviene migliore del modello stesso: un narciso, una singola cellula di quel fiore, o addirittura una molecola di DNA di quella cellula, ne enunciano la natura in modo ben più conciso e comprensibile che la massa enorme di equazioni necessarie per esprimerla analiticamente in simboli”

Stefano Spataro

Una risposta a “Recensione: ENTOVERSE (Entoverse, 1991) di James P. Hogan”

  1. Come sempre le scelte editoriali di “Urania” sono a dir poco incomprensibili:
    Iniziare una nuova collana con il 4. Capitolo di una saga, ben sapendo che non si riesce più a trovare i primi tre ….

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