Eye in the Sky, pubblicato in America nel 1957, uscì solo due anni dopo su Urania (era prima dell’era Fruttero & Lucentini e dell’insensato bando contro Philip K. Dick decretato dai due dioscuri) con l’articolo; oggi Fanucci lo stampa senza, ma il titolo rimane sempre quello.
La storia è presto detta: a causa di un incidente in un laboratorio nucleare, un gruppo eterogeneo di visitatori, tra cui donne, uomini, un afroamericano (laureato in fisica ma costretto a fare il custode) e anche uno scienziato che è stato da poco licenziato perché la moglie è stata bollata come sovversiva, finiscono in alcune realtà parallele che risultano poi essere nient’altro che proiezioni della mente di una delle vittime dell’incidente. Visitiamo quattro di queste realtà, che Jonathan Lethem ha definito (in un suo romanzo), FSR (Finite Subjective Realities): nessuna di esse è particolarmente piacevole, e in qualche caso sono decisamente paurose.
I quattro mondi sono il prodotto di un maniaco religioso intollerante e piuttosto stupido (e l’occhio nel cielo altro non è che quello di Dio); di una donna psichicamente instabile e sofferente di varie fobie nonché di complesso di persecuzione (e in questo mondo agghiacciante si rischia la vita in ogni momento, e mostri stanno nascosti in ogni angolo); di una matrona puritana e snob (per cui in questo mondo la sessualità è stata cancellata, e spariscono una dopo l’altra tutte le cose che la donna non gradisce, fino a raggiungere il nulla); di un militante comunista che si maschera da patriota americano (ed è un mondo che al confronto l’Unione Sovietica di Stalin è un posticino ameno e tollerante).
Nello scrivere il romanzo Dick aveva ben presente la situazione degli Stati Uniti negli anni Cinquanta, i quali non avevano niente a che vedere coll’America spensierata presentata in Happy Days; quelli sono i Cinquanta di cartone. Parlate con un americano oltre i sessanta e vi parlerà di un decennio cupo, con la paura della bomba, la paura di apparire diversi e non-americani, il conformismo, la caccia alle streghe orchestrata da McCarthy e da un giovane Nixon che fu vicepresidente di Eisenhower prima di provare a battere Kennedy. Un’America ripiegata su se stessa e intollerante, nonostante sia uscita trionfatrice dalla Seconda guerra mondiale e si sia fatta centro di un vero e proprio impero economico, militare e culturale. Un’America spaventata dalla minaccia dei rossi (sia l’Unione Sovietica che le spie di quest’ultima, ma anche tutti quei cittadini americani che negli anni Trenta avevano simpatizzato per il comunismo, anche se brevemente), dei neri (esplode la questione dei diritti civili e della segregazione negli stati del Sud), dei giovani (sono gli anni delle gang di motociclisti, dei beat, degli hipster quelli originari, di un disagio giovanile che spesso arriva a vere e proprie esplosioni di violenza, come nelle guerre tra gang), e infine di una sessualità che si riesce sempre meno a contenere nei confini di una moralità vittoriana e ipocrita. Sono gli anni in cui le donne, che durante la guerra erano uscite di casa per lavorare nelle fabbriche che sostenevano lo sforzo bellico americano, o addirittura per vestire l’uniforme, venivano convinte o costrette a tornare a casa per fare le madri e le mogli; anni in cui i media vecchi e nuovi (e soprattutto la neonata televisione) propongono modelli di comportamento e di consumo uguali per tutta la nazione.
Questa è l’atmosfera in cui nasce questo romanzo, nel quale il dispositivo fantascientifico dell’universo parallelo, della realtà alternativa, viene usato per mettere in scena mondi generati dalle ossessioni americane del periodo: la vecchia sessuofobia puritana ripassata in salsa psicanalitica, l’intolleranza politica e religiosa, la paura del Male anch’essa d’ascendenza puritana, ma mostrata con tutta la sua componente psicotica, paranoica. E Dick mostra in modo efficace come le paure e le ossessioni collettive siano strettamente collegate col le dinamiche – spesso patologiche – della mente, per cui il malessere degli anni Cinquanta è a un tempo sociale, politico, pubblico, e privato, psichiatrico, intimo.
Forse è proprio questa la prima opera matura di Dick, capace di usare in modo del tutto personale le convinzioni della fantascienza sociologica di quegli anni, dalla vena fondamentalmente satirica (ben esemplificata dai romanzi di Pohl & Kornbluth); ed è nel mondo fobico della signorina Reiss, dove prevalgono tonalità horror, che Dick anticipa le angosce metafisiche dei romanzi degli anni Sessanta.
Umberto Rossi
L’AUTORE
Philip Kindred Dick (Chicago, 16 dicembre 1928 – Santa Ana, 2 marzo 1982) è stato uno scrittore statunitense. La fama di Dick, noto in vita esclusivamente nell’ambito della fantascienza, crebbe notevolmente nel grande pubblico e nella critica dopo la sua morte, in patria come in Europa (in Francia e in Italia negli anni ottanta divenne un vero e proprio scrittore di culto), anche in seguito al successo del film Blade Runner del 1982 liberamente ispirato a un suo romanzo. In vita pubblicò quasi solamente opere di narrativa fantascientifica – un genere all’epoca considerato “di consumo” – ed è stato successivamente rivalutato come un autore postmoderno precursore del cyberpunk e, per certi versi, antesignano dell’avantpop. Gli sono stati dedicati molteplici studi critici che lo collocano ormai tra i classici della letteratura contemporanea. Temi centrali dei suoi visionari romanzi sono la manipolazione sociale, la simulazione e dissimulazione della realtà, la comune concezione del “falso”, l’assuefazione alle sostanze stupefacenti e la ricerca del divino.
Nato a Chicago, con la sorella gemella Jane, in una famiglia dai legami burrascosi (la madre, da lui descritta come nevrotica, divorziò dal padre pochi anni dopo la nascita dei gemelli), Philip Dick trascorse un’infanzia e un’adolescenza solitarie e tormentate: la sorellina morì a poche settimane dalla nascita (Dick le rimase sempre legato, e decise di essere seppellito accanto a lei); dopo il trasferimento in California, frequentò l’Università di Berkeley, ma non concluse gli studi a causa della sua militanza nel movimento contro la guerra di Corea e del suo pacifismo(per continuare gli studi universitari avrebbe dovuto sostenere un corso di addestramento – ROTC – come ufficiale della riserva, all’epoca obbligatorio), che lo portarono ad avere problemi col maccartismo di quegli anni. Iniziò a lavorare in un negozio di dischi dove conobbe la prima moglie, Jeanette Marlin (il matrimonio durò da maggio a novembre ’48). Le sue affermazioni secondo cui in quel periodo avrebbe lavorato in una radio locale non sono mai state provate, anche se è possibile che abbia scritto testi pubblicitari per qualche emittente di Berkeley. Sicuramente la nascita della sua conoscenza e del suo amore per la musica classica precedette gli anni in cui lavorò come commesso nel negozio di dischi.
L’incontro con la fantascienza avvenne, forse per caso, e forse nel 1949 (ma il suo primo racconto, “Stability” Stabilità, pubblicato postumo, fu scritto nel 1947), quando invece di una rivista di divulgazione scientifica ne acquistò per sbaglio una di fantascienza (la circostanza non è certa). Esordì nel 1952 sulla rivista Planet Stories. Lasciata la prima moglie, si risposò con Kleo Apostolides (dal 14 giugno 1950 al 1959), militante comunista di origini greche. In questo periodo pubblicò i primi romanzi e una notevole quantità di racconti. Il matrimonio con Kleo andò in crisi quando Dick si trasferì nella zona rurale di Point Reyes, a nord di San Francisco, in quella Marin County che fu l’ambientazione di diverse opere (tra tutte Cronache del dopobomba). Lì conobbe Anne Williams Rubinstein, che diventò la sua terza moglie (rimasero sposati dal 1º aprile 1959 all’ottobre 1965). Era una donna colta e di forte personalità, vedova e madre di tre figlie, che gli diede una figlia: Laura Archer (25 febbraio 1960). Dick si trasferì a casa di Anne, e per mantenere la famiglia e il tenore di vita della moglie abbandonò la fantascienza, poco remunerativa e per niente prestigiosa, per tentare di occuparsi di narrativamainstream. Ma Dick visse ciò come una sconfitta, di cui considerò responsabile la moglie. Il fallimento come “nuovo” autore fu la goccia; il matrimonio andò a pezzi, Dick si convinse che la moglie avesse assassinato il precedente marito e che avrebbe fatto lo stesso con lui. Divorziarono nel 1965, e Dick si trasferì a San Francisco.
Dick assumeva anfetamina fin dai primi anni Cinquanta, sostanza che gli era stata prescritta dallo psichiatra che gli aveva diagnosticato una lieve forma di schizofrenia; l’anfetamina era usata per combattere gli stati depressivi di cui lo scrittore soffriva occasionalmente. Man mano Dick sviluppò una vera e propria tossicodipendenza dalla sostanza, che lo agevolava nella stesura delle sue opere. L’abuso di stimolanti raggiunse livelli allarmanti durante la seconda metà degli anni Sessanta, proprio mentre l’autore scriveva due dei suoi romanzi più importanti (Il cacciatore di androidi e Ubik). La rottura con la quarta moglie, Nancy Hackett (sposata dal 6 luglio 1966 al 1972), che lo abbandonò assieme alla figlia Isolde Freya (ora Isa Dick Hackett ) (15 marzo 1967), e la morte del suo carissimo amico Jim Pike, mandarono Dick alla deriva; lo scrittore si trovò a vivere in una casa di sbandati, e la situazione arrivò al punto critico quando, in sua assenza, la sua abitazione subì un’effrazione durante la quale sconosciuti forzarono il suo schedario blindato (Dick fece innumerevoli ipotesi sulla loro identità, arrivando a sospettare che fossero agenti dell’FBI; a tutt’oggi la questione non è stata chiarita). In seguito Dick partecipò a una conferenza sulla fantascienza a Vancouver, in Canada, e decise di stabilirvisi. Anche l’esperienza canadese fu però un fallimento, dovuto al consumo eccessivo di psicofarmaci e alla mancanza di denaro. Dick si fece ricoverare in una comunità di recupero pertossicodipendenti, la X-Kalay, un’esperienza breve che però lo aiutò chiudere con le anfetamine. Molti eventi e situazioni risalenti al suo percorso esistenziale di questo periodo ebbero un ruolo importante nel suo romanzo Un oscuro scrutare. Tornato in California, Dick si stabilì alla periferia di Los Angeles e nel 1972 riprese a scrivere, anche in seguito all’incontro con Leslie (Tess) Busby (18 aprile 1973-1977), la quinta moglie, dalla quale ebbe il terzo figlio, Christopher Kenneth (25 luglio 1973). Tra il febbraio e il marzo del 1974 Dick iniziò a sentire voci e avere visioni in sogno e da sveglio. Convinto di vivere un’esperienza mistica, Dick prese a scrivere l’Esegesi, una vasta raccolta di appunti a carattere teologico-filosofico a partire dai quali scrisse la celebre Trilogia di Valis, punto d’arrivo della sua esperienza letteraria.
Morì a Santa Ana, in California, per collasso cardiaco, nel 1982, proprio quando i diritti delle sue opere cominciavano a dargli per la prima volta una certa sicurezza economica, e mentre era in lavorazione il primo film basato su una delle sue storie: Blade Runner, di Ridley Scott, che Dick non poté vedere completato, anche se riuscì a visitarne il set. (Biografia tratta da Wikipedia)