Recensione: “Real Mars” (2016) di Alessandro Vietti

Ezio Amadini

Real MarsOvunque è un paesaggio da dopobomba in un’immobilità che sa di preistoria.
Cartacce in balìa del vento. Rumori di semafori che cambiano colore. Brusio di insegne di centri commerciali. Respiri di cani randagi sui marciapiedi umidi. 
Per avere conferma che in questo mondo l’uomo ancora sopravvive, bisogna cercare i teleschermi accesi. Le centinaia di milioni di persone che li guardano immobili sono uno sterminato esercito di terracotta incapace di reagire.

“Perché dovremmo spendere tutti questi soldi per andare su Marte, quando siamo così nella merda qui sulla Terra? Per molto tempo questa fu la domanda – anche un po’ irritante – che i giornalisti mi rivolgevano in continuazione alle conferenze stampa. E tutto il mio bla bla bla sulla scienza, la cultura, l’impresa, la Storia, la speranza convinceva pochi. Poi, quando tutto sembrava perduto, sopraggiunse un’altra risposta, che non diedi io, ma che d’incanto per la prima volta convinse tutti. Non era per piantare una stupida bandiera. Né per cercare la vita extraterrestre. Né per vedere se un cielo può essere davvero rosa. E nemmeno per fotografare l’impronta della suola di uno scarpone sulla sabbia rossa. O meglio, a me piace pensare che furono tutte queste e molte altre cose insieme. Ma il motivo per cui spendemmo tutti quei soldi per andare su Marte fu uno solo: emozionarci. E alla fine ci emozionammo. Troppo.” da Mars Show di Jeremiah Kunitsch

Titolo: Real Mars | Autore Alessandro Vietti | Anno di pubblicazione: 2016 | Editore: Zona 42 | Pagine: 320 | Formati: cartaceo 13,90€; ebook (Kindle, epub) – 3,99€ | ISBN: 9788898950225

ATTENZIONE LA SEGUENTE RECENSIONE CONTIENE SPOILER

La parafrasi di un famoso pensiero di Karl Marx (“La religione è l’oppio dei popoli”), nel quale la religione è sostituita dalla televisione, sintetizza al meglio quanto il lettore si appresta a leggere in questo libro.

Il tema dell’influenza che la TV ha sulle persone e di quanto creativi e disinvolti, per non dire cinici e immorali, possano diventare gli impresari televisivi è stato ampiamente affrontato nel passato e cito, uno per tutti, il bellissimo The Truman Show.

Real Mars non è propriamente un romanzo di fantascienza, sebbene l’universo in cui le vicende si collocano sia un universo immaginario, posto in un non ben precisato futuro nel quale, in Italia, esiste la pena di morte, gli animali domestici si possono clonare, una polizia ambientale arresta chiunque accenda un condizionatore d’aria e, ovviamente, la tecnologia spaziale consenta spedizioni umane sul pianeta rosso.

Un futuro, tuttavia, che non può essere troppo lontano, dal momento che sussistono ancora tutti gli attuali programmi e personaggi televisivi, con tanto di nomi e cognomi reali o, in alcuni casi, mascherati (come una certa Madame che ricorda oltremodo la nostrana Platinette).

Real Mars on TVReal Mars è un romanzo di fanta-sociologia che analizza la televisione e, in particolare, il fenomeno di massa dei reality show, proiettandone gli effetti verso l’eccesso. Un romanzo sostanzialmente privo di trama, totalmente focalizzato sulle analisi comportamentali dei personaggi e delle masse dei teledipendenti, non privo di una certa ironia e di più o meno sottili critiche rivolte all’attuale mondo televisivo italiano.

La trama, come abbiamo osservato, è meno che minimale: una produzione televisiva internazionale finanzia una spedizione umana su Marte, composta da 4 persone, due donne e due uomini e ne fa il più grande, lungo e coinvolgente reality della storia della televisione.

Chi si aspetta descrizioni tecniche relative alla missione spaziale si metta l’anima in pace, perché non ce ne sono. Un grosso lanciatore Ariane 8 porta fuori dalla Terra una navicella che, nel corso della narrazione, appare molto più simile alla casa del Grande Fratello che non a un’astronave: alla fine possiamo raffigurarla composta da una living room con un tavolo e 4 sedie, quattro cabine notte per i passeggeri, un laboratorio, una palestra, un’infermeria e una “cantina”, dove ogni tanto i due uomini spariscono per fare delle manutenzioni o per portare su bottiglie di alcolici (sì, loro bevono alcolici nello spazio!).

Il tutto, naturalmente, pieno zeppo di telecamere e microfoni a beneficio del sacro pubblico televisivo.

Questa casetta spaziale ruota attaccata a un cavo di grafene (il Tether), all’altro capo del quale vi è un contrappeso, che dovrebbe avere la stessa massa della casetta, in modo da centrare la rotazione a metà cavo e generare, dentro la casetta, una gravità artificiale pari a quella marziana (0,38g).

Viene da pensare che questo ipotetico Ariane 8 debba essere davvero bello grosso e ci si chiede come potrà, una simile bolas spaziale, effettuare le inevitabili correzioni di rotta durante il viaggio. Ma non è questo che conta nel romanzo.

Quello che conta sono i quattro umani che abitano la casetta spaziale e gli altri 8 miliardi che, dalla Terra, seguono la loro avventura e con essi si immedesimano.

Molto efficace è la narrazione al tempo presente che, a differenza del più rassicurante passato, trasmette al lettore una maggiore sensazione di incertezza e contribuisce a mantenere l’attenzione un po’ più alta, in un romanzo, a momenti, pericolosamente tendente alla noia.

L’intera storia è quasi sempre vista in televisione, attraverso le telecamere di bordo o i talk show che si svolgono negli studi televisivi sulla Terra ed è arricchita da drammatiche vicende di personaggi secondari, quasi del tutto fini a se stesse e incastonate nella narrazione in un modo che, a volte, rende meno fluida la lettura.

RMAttraverso queste drammatiche vicende che evidenziano quanto emotivamente le persone siano condizionate dal reality, il lettore riesce a farsi un’idea dell’universo in cui il racconto è collocato, un universo in cui i gradi di libertà individuale sono drasticamente diminuiti, il bisogno di condivisione universale ha raggiunto il parossismo e l’onnipresente televisione scardina i valori fondamentali dell’esistenza umana, sostituendoli con quelli da essa opportunamente preconfezionati.

In questo esercizio la narrazione è molto efficace.

Appare evidente che questa tecnica narrativa scalare, del tutto libera dai vincoli di una trama complessa, lascia infinite possibilità all’autore di spaziare nelle sue analisi, aggiungendo “moduli” secondo necessità, con il rischio, per l’autore, di eccedere un po’ e di restare intrappolato nella sottile lusinga dell’autocompiacimento.

Lo stesso vale per le accurate e lunghe descrizioni di improbabili e ironici spot pubblicitari che, dopo un po’, fanno venire la voglia di saltarli, esattamente come si fa con la TV di casa, tramite l’onnipotente telecomando.

Il freddo cinismo del produttore e dei suoi collaboratori è fatto emergere con notevole maestria, attraverso l’insinuazione di pesanti dubbi circa possibili sabotaggi e oscuri complotti ai danni della navicella e del suo equipaggio, con l’unico obiettivo di scongiurare il vero grande pericolo che affligge i pensieri dell’impresario: la perdita di audience per noia, per mancanza di situazioni in grado di mantenere alta la tensione del pubblico durante uno show lungo tre anni.

Il concetto che, nella percezione della collettività, l’eccezionalità sta nello show e non nella missione è reso davvero molto bene e con la necessaria enfasi: quello che davvero conta sono le emozioni suscitate nel pubblico e non la realtà delle cose, come la scienza e la tecnologia impiegate per la missione e sistematicamente ignorate.

Nel proseguimento della narrazione il romanzo assume connotazioni sempre più drammatiche, fino alla morte di uno dei protagonisti, i cui profili psicologici sono descritti molto bene, sia attraverso i loro dialoghi, sia attraverso le vicende che li riguardano.

Man on MNon passa inosservato un netto cambiamento di stile verso la fine, nella quale l’autore inizia a rivolgersi direttamente al lettore per costringerlo, forse, a immedesimarsi di più nel telespettatore del Real Mars: questa soluzione appare un po’ forzata, specie considerando che, per tutta la narrazione precedente, il lettore è posto in un ruolo di osservatore sufficientemente neutrale.

Ritengo che Real Mars sia un romanzo piuttosto complesso e scritto bene, sebbene, a mio avviso, l’idea di base sarebbe stata valorizzata meglio con una soluzione più corta (racconto lungo o romanzo breve), magari sacrificando alcune delle opinioni personali dell’autore sull’attuale offerta televisiva italiana, espresse nella narrazione in forma più o meno palese, evitando così il rischio di annoiare quel lettore che, pur orientato ad una fantascienza più tradizionale, voglia sperimentare qualcosa di diverso.

Ritengo anche che una decontestualizzazione rispetto all’attuale offerta televisiva italiana avrebbe dato al romanzo una valenza più ampia, più internazionale e più duratura nel tempo.

Come ultima cosa desidero aggiungere un mio personalissimo pensiero: auguro di cuore a Samantha Cristoforetti di non diventare, come descritto in Real Mars, l’inviata di un programma televisivo. Se proprio devo immaginare qualcosa per il suo futuro, la vedo più volentieri come Mission Director della prima (reale) spedizione umana su Marte.

Ezio Amadini

Alessandro ViettiL’AUTORE

Alessandro Vietti nasce giusto in tempo per assistere alla conquista della Luna. Forse è per questo che da sempre è interessato all’astronomia e all’immaginario fantastico. Ingegnere, vive e lavora a Genova nel settore dell’energia e si occupa di divulgazione scientifica e scrittura. Suoi articoli sono apparsi sulla rivista Robot e sui mensili Coelum, Le Stelle e L’Astronomia. Nel 1996 il suo primo romanzo, Cyberworld, si è aggiudicato il Premio Cosmo ed è stato pubblicato dalla Casa Editrice Nord nella prestigiosa collana Cosmo Argento. Sempre per i tipi di Nord, nel 1999 è uscito il suo secondo romanzo Il codice dell’invasore. Entrambi i romanzi sono stati riediti nel 2015 da Delos Digital. Di recente suoi racconti sono apparsi nelle antologie Sinistre presenze (Bietti), Crisis, I sogni di Cartesio, Ma gli androidi mangiano spaghetti elettrici? (Della Vigna). Ha un sito internet e in rete è conosciuto anche come Il grande marziano, dal nome del suo blog. Marte è il suo chiodo fisso. Real Mars è il suo terzo romanzo.