Speciale P.K.Dick – “La trasmigrazione di Timothy Archer” (The Transmigration of Timothy Archer, 1982)

SpecialePhilipDickLa trasmigrazione di Timothy ArcherUna volta tanto, il titolo è la traduzione letterale dell’originale The Transmigration of Timothy Archer. Esce in America nel 1982, e da noi solo undici anni dopo. La ragione è presto detta: non è un romanzo di fantascienza. Al limite (molto al limite!) è fantasy, ma non di quello eroico alla Tolkien. Soprannaturale, forse, ma certo non una cosa che potesse interessare Urania o la Nord (che fino all’uscita di questo romanzo si erano divise la pubblicazione di Dick in Italia).

Il romanzo è la terza parte della Trilogia di VALIS (anche se con le altre due non ha alcuna continuità narrativa, come si vedrà), e ultima opera ad essere stata scritta da Dick. Tutto sommato si tratta di un romanzo mainstream, in cui un solo elemento potrebbe avere una valenza fantastica: l’immaginaria setta degli Zadochiti, e i loro testi risalenti al 200 a.C., dove si parla del misterioso “anokhi”.

Tutto inizia un giorno ben preciso, l’8 dicembre 1980, quando venne assassinato John Lennon. Proprio quel giorno, mentre le radio di tutti gli Stati Uniti (e del mondo) mandavano incessantemente canzoni dei Beatles, Angel Archer si reca nella casa galleggiante di Edgar Barefoot, il classico santone new-age della California primi anni ’80, a metà tra carisma e ciarlataneria. Angel ha alle sue spalle una vita complicata e devastata, tipica della generazione freak e controculturale degli anni ’60 e ’70: impegno politico e civile, droghe, proteste, rifiuto dei ruoli tradizionali, in primis quello di madre di famiglia. Sposata a Jeff Archer, figlio di un prestigioso leader del movimento dei diritti civili, il vescovo Timothy (ritratto di Jim Pike, carissimo amico di Phil, guida religiosa carismatica negli anni Sessanta), Angel è legata al prelato anche per via della sua amica Kirsten Lundborg, che diventa l’amante del vescovo.

The Trasmigration of Timothy ArcherQuest’ultimo è tanto progressista in politica quanto non-ortodosso nelle questioni religiose. Quando vengono scoperti in Israele i rotoli Zadochiti (basati sui reali manoscritti rinvenuti a Nag Hammadi nel 1946), la cui datazione fa sospettare che molto di ciò che è stato attribuito a Cristo fosse stato predicato già da duecento anni da una setta dimenticata, il vescovo Timothy esce dalla chiesa episcopale (sarebbero gli anglicani degli Stati Uniti). Non se la sente più di predicare gli insegnamenti di Cristo ai suoi fedeli, sapendo che Cristo probabilmente non è mai esistito oppure, se è esistito, ha fatto una vita del tutto diversa da quella narrata nei Vangeli. Uomo curioso e instancabile, l’ex-vescovo Archer si getta a capofitto nella ricerca della verità, nel tentativo di capire cosa sia l’“anokhi” di cui parlano i papiri ritrovati. Di qui in poi, la vicenda si fa sempre più tragica: Jeff si suicida, Kirsten si scopre ammalata di cancro e decide di togliersi la vita, il vescovo Archer, screditato ed emarginato per le sue posizioni sempre più eretiche (giunge a identificare l’anokhi degli Zadochiti con un fungo allucinogeno che permetterebbe realmente di “vedere Dio”), si reca nel deserto israeliano in un maldestro tentativo di trovare altri documenti… ovviamente ci fermiamo qui nel riepilogo, non si può guastare il finale. Che non è avaro di sorprese a ripetizione, nel migliore stile dickiano.

Di tutta la comunità ritratta dal romanzo restano solo Angel, amareggiata e stanca, e il figlio ebefrenico di Kirsten, Bill. Due superstiti di quell’epoca pazza, sfrenata, per tanti versi suicida, ma anche gioiosa, che furono gli anni Sessanta; un’epoca il cui spirito messianico e visionario viene reso magistralmente da Dick, che l’aveva vissuta sulla sua pelle, e a momenti se n’era fatto trascinare, come si suol dire, in fondo al pozzo.

The Trasmigration of Timothy Archer - PKDQuest’ultimo romanzo è un’opera triste, malinconica, pervasa di presentimenti di morte, che giustamente studiosi come Gabriele Frasca hanno letto come vero e proprio requiem per la generazione dei baby boomer degli anni ’60, alla quale si è accompagnato anche Dick (che nel 1968 aveva già quarant’anni…); requiem per un momento di generosa follia, di speranza non solo in un modo migliore, ma in un radicale trascendimento della finitudine umana.

Il colpo di genio di Dick è stato quello di accompagnare la resa dei conti della generazione che non voleva invecchiare (né morire) con le lettere di S. Paolo, testi onnipresenti nella tessitura del romanzo, che riflettono sull’amore, la vita e la morte con un’intensità straziante, intensità che Dick riesce a raggiungere e a tratti a superare.

Alcuni critici leggono il romanzo come testamento finale dello scrittore; sappiamo però che Dick non era consapevole dell’imminenza della propria morte (giunta per un infarto), e la svolta realistica potrebbe far sospettare un cambiamento di rotta di un romanziere che aveva cercato per tutta la vita di uscire dal ghetto della fantascienza, senza però riuscirci. Dopo Archer Dick aveva in mente un altro capitolo della Trilogia (che così sarebbe diventata una tetralogia), The Owl in Daylight; in diverse lettere lo scrittore ne accenna la trama, il problema è che in ogni lettera è diversa. Alla fine, probabilmente, se fosse arrivato a scriverla sarebbe probabilmente stata tutt’altra cosa, com’era suo solito. Ma una serie di infarti lo stroncò il 2 marzo 1982 – destino cinico e baro!

Umberto Rossi

Philip K. Dick

L’AUTORE

Philip Kindred Dick (Chicago, 16 dicembre 1928 – Santa Ana, 2 marzo 1982) è stato uno scrittore statunitense. La fama di Dick, noto in vita esclusivamente nell’ambito della fantascienza, crebbe notevolmente nel grande pubblico e nella critica dopo la sua morte, in patria come in Europa (in Francia e in Italia negli anni ottanta divenne un vero e proprio scrittore di culto), anche in seguito al successo del film Blade Runner del 1982 liberamente ispirato a un suo romanzo. In vita pubblicò quasi solamente opere di narrativa fantascientifica – un genere all’epoca considerato “di consumo” – ed è stato successivamente rivalutato come un autore postmoderno precursore del cyberpunk e, per certi versi, antesignano dell’avantpop. Gli sono stati dedicati molteplici studi critici che lo collocano ormai tra i classici della letteratura contemporanea. Temi centrali dei suoi visionari romanzi sono la manipolazione sociale, la simulazione e dissimulazione della realtà, la comune concezione del “falso”, l’assuefazione alle sostanze stupefacenti e la ricerca del divino.

Nato a Chicago, con la sorella gemella Jane, in una famiglia dai legami burrascosi (la madre, da lui descritta come nevrotica, divorziò dal padre pochi anni dopo la nascita dei gemelli), Philip Dick trascorse un’infanzia e un’adolescenza solitarie e tormentate: la sorellina morì a poche settimane dalla nascita (Dick le rimase sempre legato, e decise di essere seppellito accanto a lei); dopo il trasferimento in California, frequentò l’Università di Berkeley, ma non concluse gli studi a causa della sua militanza nel movimento contro la guerra di Corea e del suo pacifismo(per continuare gli studi universitari avrebbe dovuto sostenere un corso di addestramento – ROTC – come ufficiale della riserva, all’epoca obbligatorio), che lo portarono ad avere problemi col maccartismo di quegli anni. Iniziò a lavorare in un negozio di dischi dove conobbe la prima moglie, Jeanette Marlin (il matrimonio durò da maggio a novembre ’48). Le sue affermazioni secondo cui in quel periodo avrebbe lavorato in una radio locale non sono mai state provate, anche se è possibile che abbia scritto testi pubblicitari per qualche emittente di Berkeley. Sicuramente la nascita della sua conoscenza e del suo amore per la musica classica precedette gli anni in cui lavorò come commesso nel negozio di dischi.

L’incontro con la fantascienza avvenne, forse per caso, e forse nel 1949 (ma il suo primo racconto, “Stability” Stabilità, pubblicato postumo, fu scritto nel 1947), quando invece di una rivista di divulgazione scientifica ne acquistò per sbaglio una di fantascienza (la circostanza non è certa). Esordì nel 1952 sulla rivista Planet Stories. Lasciata la prima moglie, si risposò con Kleo Apostolides (dal 14 giugno 1950 al 1959), militante comunista di origini greche. In questo periodo pubblicò i primi romanzi e una notevole quantità di racconti. Il matrimonio con Kleo andò in crisi quando Dick si trasferì nella zona rurale di Point Reyes, a nord di San Francisco, in quella Marin County che fu l’ambientazione di diverse opere (tra tutte Cronache del dopobomba). Lì conobbe Anne Williams Rubinstein, che diventò la sua terza moglie (rimasero sposati dal 1º aprile 1959 all’ottobre 1965). Era una donna colta e di forte personalità, vedova e madre di tre figlie, che gli diede una figlia: Laura Archer (25 febbraio 1960). Dick si trasferì a casa di Anne, e per mantenere la famiglia e il tenore di vita della moglie abbandonò la fantascienza, poco remunerativa e per niente prestigiosa, per tentare di occuparsi di narrativamainstream. Ma Dick visse ciò come una sconfitta, di cui considerò responsabile la moglie. Il fallimento come “nuovo” autore fu la goccia; il matrimonio andò a pezzi, Dick si convinse che la moglie avesse assassinato il precedente marito e che avrebbe fatto lo stesso con lui. Divorziarono nel 1965, e Dick si trasferì a San Francisco.

Dick assumeva anfetamina fin dai primi anni Cinquanta, sostanza che gli era stata prescritta dallo psichiatra che gli aveva diagnosticato una lieve forma di schizofrenia; l’anfetamina era usata per combattere gli stati depressivi di cui lo scrittore soffriva occasionalmente. Man mano Dick sviluppò una vera e propria tossicodipendenza dalla sostanza, che lo agevolava nella stesura delle sue opere. L’abuso di stimolanti raggiunse livelli allarmanti durante la seconda metà degli anni Sessanta, proprio mentre l’autore scriveva due dei suoi romanzi più importanti (Il cacciatore di androidi e Ubik). La rottura con la quarta moglie, Nancy Hackett (sposata dal 6 luglio 1966 al 1972), che lo abbandonò assieme alla figlia Isolde Freya (ora Isa Dick Hackett ) (15 marzo 1967), e la morte del suo carissimo amico Jim Pike, mandarono Dick alla deriva; lo scrittore si trovò a vivere in una casa di sbandati, e la situazione arrivò al punto critico quando, in sua assenza, la sua abitazione subì un’effrazione durante la quale sconosciuti forzarono il suo schedario blindato (Dick fece innumerevoli ipotesi sulla loro identità, arrivando a sospettare che fossero agenti dell’FBI; a tutt’oggi la questione non è stata chiarita). In seguito Dick partecipò a una conferenza sulla fantascienza a Vancouver, in Canada, e decise di stabilirvisi. Anche l’esperienza canadese fu però un fallimento, dovuto al consumo eccessivo di psicofarmaci e alla mancanza di denaro. Dick si fece ricoverare in una comunità di recupero pertossicodipendenti, la X-Kalay, un’esperienza breve che però lo aiutò chiudere con le anfetamine. Molti eventi e situazioni risalenti al suo percorso esistenziale di questo periodo ebbero un ruolo importante nel suo romanzo Un oscuro scrutare. Tornato in California, Dick si stabilì alla periferia di Los Angeles e nel 1972 riprese a scrivere, anche in seguito all’incontro con Leslie (Tess) Busby (18 aprile 1973-1977), la quinta moglie, dalla quale ebbe il terzo figlio, Christopher Kenneth (25 luglio 1973). Tra il febbraio e il marzo del 1974 Dick iniziò a sentire voci e avere visioni in sogno e da sveglio. Convinto di vivere un’esperienza mistica, Dick prese a scrivere l’Esegesi, una vasta raccolta di appunti a carattere teologico-filosofico a partire dai quali scrisse la celebre Trilogia di Valis, punto d’arrivo della sua esperienza letteraria.

Morì a Santa Ana, in California, per collasso cardiaco, nel 1982, proprio quando i diritti delle sue opere cominciavano a dargli per la prima volta una certa sicurezza economica, e mentre era in lavorazione il primo film basato su una delle sue storie: Blade Runner, di Ridley Scott, che Dick non poté vedere completato, anche se riuscì a visitarne il set. (Biografia tratta da Wikipedia)