Recensione: “Perdido Street Station” (2000) di China Miéville

Stefano Spataro9788834733905_0_500_0_75In un mondo parallelo chiamato Bas-Lag, abitato non solo da umani, ma anche da bizzarre creature intellettivamente superiori, Isaac e Lin sono amanti. Lui è uno scienziato outsider, le sue ricerche sulla cosiddetta energia di crisi e il suo carattere un po’ esuberante lo hanno reso antipatico al mondo accademico, con il quale tuttavia continua a stringere rapporti informali. Lin è un’artista, una scultrice per l’esattezza, un po’ naif ma piena di gioia di vivere. I due comunicano con la lingua dei segni, e non perché lei sia sordomuta, ma perché è una khepri, uno strano incrocio tra un bacherozzo e una donna. Proprio la discendenza specifica di lei sarà alla base della sua arte: le khepri infatti scolpiscono servendosi di un materiale che rigurgitano dalla testa. La notizia del virtuosismo di Lin giunge fino a Motley, il boss dei boss della città di New Crobuzon, che la ingaggia affinché le scolpisca una statua che lo raffiguri, per quanto sia un essere deforme. Isaac, dal canto suo, riceve un ingaggio un po’ particolare da Yagharek, un garuda (sorta di uomini-uccello), che sta scontando una pena per un reato commesso. La sua popolazione gli ha rimosso le ali, organo fondamentale per la specie, e vuole che lo scienziato gliele ricostruisca, o che almeno gli restituisca la capacità di volare.

Titolo: Perdido Street Station | Autore: China Miéville | Editore: Fanucci | Collana: Collezione: Narrativa Tascabile | Anno: 2017 | Pagine: 826 | EAN: 9788834733905 | Prezzo di copertina: 12,90€

Queste due assunzioni, estranee l’una dall’altra, saranno costrette a intrecciarsi e a far precipitare gli eventi in un’avventura incredibile. Il signor Miéville è un maestro nel trovare i pretesti affinché le vicende si tramutino, nel sistemare i tasselli lì dove servono perché la trama non sembri forzata o troppo legata a un determinato stilema narrativo. L’autore è bravo anche a portare avanti parallelamente le diverse sfumature di genere alle quali il romanzo evidentemente appartiene, senza ricadere in cliché. Non è propriamente un romanzo fantascientifico, si rifà al fantasy ma senza esagerare, e non è neanche troppo legato o influenzato dall’immaginario weird, pur avendo al suo interno dei chiari rimandi ai generi. Il discorso scientifico alla base della teoria di crisi c’è, regge, ed è interessante senza essere troppo “duro”. La quest, tipica del fantasy, si costruisce lentamente, senza fretta, e anche le razze sembrano essere ben lontane da quelle immaginate e tramandate da Tolkien. Infine l’horror si configura come un bel contorno che dà pepe al tutto, senza diventare per foza di cose splatter o voler spaventare a tutti i costi.

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Nella sua ricerca per aiutare l’uomo uccello, Isaac procederà in due direzioni. Da una parte porterà alle estreme conseguenze le sue teorie scientifiche, dall’altra inizierà un’indagine meticolosa raccogliendo e studiando ogni tipo di essere volante, e coinvolgendo in questo personaggi ai limiti della legalità. Uno di questi gli fornirà un bruco, dai colori particolari, mai visto prima, la cui provenienza è incognita ai personaggi, ma non al lettore: essa infatti era destinata a una sala del Parlamento di New Crobuzon in cui venivano collezionati creature pericolose per la società. Isaac è affascinato dalla larva, ma non riesce a nutrirla in nessun modo, finché un giorno, per caso, non scopre che l’essere apprezza la merdasogni, una nuova droga in commercio in città. Una volta cresciuto, il bruco si trasforma in un enorme insetto mostruoso che ha il potere di ipnotizzare chi guarda le sue ali e si ciba dei sogni degli esseri senzienti lasciando le vittime in uno stato di catatonia irreversibile. La falena estinguitrice ha altre quattro sorelle, conservate appunto nel Parlamento della città, e lo scopo originario per il quale erano state imprigionate era proprio quello di produrre la droga merdasogni, il cui monopolio è nelle mani di una lobby di cui fanno parte il sindaco della città e il boss deforme Motley. Senza svelare troppo, le cose ben presto precipiteranno, Lin sarà coinvolta in quanto amante di Isaac, e con l’aiuto di altri personaggi la storia acquisirà un ritmo incalzante fino al finale mozzafiato che si terrà appunto nei pressi della Perdido Street Station.

Lo scrittore britannico ha uno stile lineare e asciutto, e la traduzione italiana di questa edizione, credo l’unica, gli rende giustizia. Nonostante le lunghe, forse troppo lunghe, descrizioni di ambientazioni e personaggi, da un certo punto di vista necessarie a immergere il lettore in un mondo quasi completamente alieno al suo, la lettura scorre senza particolari intoppi, l’intreccio e sempre chiaro e non esce mai dal seminato. Ecco, sembrerà strano, ma personalmente ho trovato il tutto troppo coerente perché possa essere verosimile. Al netto della stranezza di un uomo che fa sesso con una blatta formato ragazza, idea piuttosto interessante in realtà, ho trovato il susseguirsi degli eventi un tantino lineare, oserei dire quasi didattico, come se il target a cui l’autore mirava fosse un po’ più giovane di me, e necessitasse quindi di una stesura più semplice. Un esempio è l’entrata in scena del Consiglio dei Congegni, una sorta di coscienza informatica centrale collegata a tutte le macchine di una discarica, una vera e propria piovra-robot dalle dimensioni enormi, che comunica con gli esseri umani attraverso un cadavere senza parte del cranio. Procedendo a ritroso dal finale, sembra che ogni azione che il Congegno abbia svolto nella storia tenda in una precisa direzione, come se ci fosse una sorta di direzione teleologica ben precisa. Che sia voluto? A questo non posso dare che una risposta soggettiva, che, come avrete intuito, è no.

thomas-chamberlain-keen-silchristchetThomas Chamberlain – Keen art

In ogni caso la lettura è piacevole, c’è azione, suspense, curiosità e originalità, nell’ambientazione così come nell’immaginario delle specie che la abitano. In quanto lettore di fantascienza ho anche apprezzato tutti i discorsi su una possibile nuova scienza e sul concetto di crisi, portati avanti con maestria e competenza epistemologica. Un altro punto di forza, che viene fuori però solo nelle ultime pagine del romanzo, è la descrizione della società garuda e della loro giurisprudenza. Yagharek, l’uomo uccello che accompagnerà il protagonista per tutta la storia, ha commesso un reato che si svelerà solo alla fine (e non nominerò qui per motivi di spoiler). Per i garuda esiste un solo reato: rubare la scelta di qualcun altro all’interno del gruppo sociale. Non importa che l’atto sia un omicidio, uno stupro, un furto. Il focus è sull’aver privato qualcun altro della possibilità delle sue scelte future. L’argomento è affascinante e apre a parecchi spunti di riflessione, ma in questo ambito Miéville spadroneggia in quanto, cito da Wikipedia, “ha un B.A. in antropologia sociale conseguito all’Università di Cambridge e un master e un PhD della London School of Economics. La sua dissertazione dottorale è stata pubblicata negli Stati Uniti nel 2005 da Brill Academic Publishers nella serie ‘Historical Materialism’ col titolo Between Equal Rights: A Marxist Theory of International Law”. Insomma, l’attenzione al dettaglio antropologico, anche se nel caso del romanzo poco “antropo”, c’era da aspettarselo.

Stefano Spataro