GLI ABISSI DEI PORCI (2023) di Alessandro Montoro

Di Giovanna Repetto

Marcus Talon è un matematico svizzero abitudinario. Un giorno, la Coalizione della Terra Unita lo preleva da casa sua. Un oggetto non identificato è comparso dal nulla ed è precipitato nella Fossa delle Marianne. Dal fondale scaturisce un segnale sconosciuto. Ciò che è celato negli abissi è misterioso quanto il concetto di coscienza stesso. Tra coincidenze assurde con una serie televisiva, minacce di pandemie e allucinazioni, Marcus si troverà a fare i conti non solo con le sorti della Terra, ma anche con la sua stessa esistenza.

Titolo: Gli abissi dei porci | Autore: Alessandro Montoro | Anno di pubblicazione: 2023 | Editore: Delos Digital | Collana: Nuova Frontiera | Pagine: 230 | ISBN: 9788825423853

Incuriosisce già dal titolo, questo romanzo, rafforzato dalla copertina che conferma il senso letterale della parola. Proprio di maiali si tratta, non c’è dubbio. Se Alessandro Montoro si diverte a spiazzare il lettore (e ci si diverte, lo ammette lui stesso!) ecco che ci si mette d’impegno fin dall’inizio. Sulla scelta del tipo di animale, il lettore può fare ogni sorta di congetture, e credo che questo faccia parte del gioco.
Questo giovane autore sembra vivere una sorta di impetuosa primavera, una stagione in cui la creatività è in piena fioritura. Aveva già al suo attivo diversi racconti, e recentemente si è imposto vincendo il Premio Urania Short con La causa fantasma. Poi si è avventurato nella stesura dei romanzi, e a quanto pare si è gettato a capofitto in una produzione che, pur parzialmente inedita, sta crescendo a vista d’occhio.
Lo rileva anche Franco Ricciardiello, nella sua prefazione al libro, cogliendo l’occasione per una riflessione sulla trasformazione che il mondo della fantascienza italiana ha conosciuto negli ultimi tempi. E nello stesso contesto non esita a definire Montoro come un autore “nuovo”.
Gli abissi dei Porci non è un romanzo perfetto, ma si presenta come un’operazione davvero interessante e per certi aspetti coraggiosa. Coraggiosa, intendo, per la spregiudicatezza con cui intreccia la corda fantascientifica con quella grottesca, e io credo che il genere grottesco sia fra i più difficili al mondo. Se una delle caratteristiche dell’attuale letteratura fantastica è la contaminazione dei generi, Montoro si è incamminato per la strada giusta.
Come dicevo, e come lui stesso ammette, gli piace giocare a sorprendere il lettore, portandolo su strade che sembrano consuete ma che all’improvviso, e più di una volta, lo costringono a ribaltare il punto di vista. Infatti il romanzo comincia con ingredienti della fantascienza classica: un veicolo alieno precipitato nella fossa delle Marianne, una nave partita per studiarlo segretamente, un team di esperti al lavoro, con la solita diffidenza reciproca fra scienziati e militari. E pericoli altrettanto classici: rischi di contaminazione radioattiva e di contaminazione a livello sanitario. E allora che cosa ci aspetta: la solita catastrofe nucleare, la solita epidemia dilagante? Ormai, temprati da Chernobyl e dal Covid, potremmo dormire sonni tranquilli.
Invece l’attenzione del lettore è ben desta da subito, sotto il pungolo di alcuni elementi discrepanti che fanno sospettare ben altro. Tant’è vero che, man mano che ci si inoltra nella storia, scatta la fatidica domanda “Dove andrà mai a parare?” A ogni passo sembra ficcarsi in una situazione senza via d’uscita (intendo lui , l’autore, perché i personaggi fanno bene il loro lavoro anche quando sono bell’e che spacciati).
Già, qualcosa di strano è nell’aria. Perché esiste una serie televisiva che ha anticipato tutto quello che sta succedendo nella realtà? E perché gli occupanti del veicolo spaziale hanno l’aspetto di maiali vestiti e calzati come noi?
La cosa più conturbante, forse perfino più dell’infestazione fungina di cui si vedranno gli effetti devastanti (e qui ci si intreccia anche un filino di horror) sono questi maiali in doppiopetto, che tanto mi ricordano “La fattoria degli animali” di Orwell, ma hanno una valenza diversa. Non si limitano rivestire un ruolo metaforico (che potrebbe qui esserci o non esserci) ma pretendono un’esistenza reale. Nella loro presenza si gioca il contraddittorio fra la tendenza a fornire elementi scientificamente verosimili (come certi concetti di fisica o certi aspetti biologici dell’infestazione) e a giocarsi nello stesso tempo tutta la libertà concessa dalla chiave grottesca. C’è sempre sottintesa la sottile ironia di un gioco che l’autore conduce con il lettore, attirandolo in trappole in cui si diverte poi a scompigliare le carte.
Destreggiandomi fra le spine degli spoiler in agguato (ma per quanto io riveli, rimarrà sempre una quantità di sorpresa sufficiente a far saltare il lettore sulla sedia) provo ad avventurarmi ora nell’esame di qualche elemento particolare. Riguardo al profumo di fragole che segnala la contaminazione dell’aria, per esempio, mi piace pensare che sia un omaggio a Elena di Fazio e al suo “Resurrezione” che si svolge appunto sull’Isola delle Fragole (anche là troviamo un team impegnato a gestire un contatto alieno, ma con tutt’altre caratteristiche, perché davvero nell’ambito della fantascienza italiana fantasia e creatività sono inesauribili). Inoltre conosciamo anche esempi reali di questa beffa della natura che maschera di soavità il pericolo mortale: basta pensare al micidiale fosgene, che spande un ingannevole profumo di erba tagliata. Ottima freccia per l’arco dell’autore, a cui si richiede una buona dose di sacrosanta e ironica crudeltà.
Altro elemento (e qui devo proprio camminare sulle uova) è il rapporto col cibo. Se a uno scolaretto chiediamo di stilare un elenco di cibi, lo farà senza esitazione. Sembra una cosa scontata. Ma se proviamo a stilare una lista di cose che non sono cibo, ci accorgeremo che questo è più difficile. Sì perché, rendiamocene conto, ogni cosa vivente può essere cibo. Non credo di poter dire molto di più, se non accennare a una mia associazione di idee sul senso di questi maiali umanoidi. La carne di maiale è una delle più gustose, e nello stesso tempo è riconosciuto che l’intelligenza suina è fra le più simili a quella umana. Nella contraddizione fra questi due punti di vista risiede tutta la potenziale angoscia di un carnivoro non ancora pentito. E io sento un po’ di questa angoscia aleggiare in sottofondo e agire come una leva occulta. Raccomando però che non si traggano conclusioni affrettate da questa mia riflessione: nel romanzo di Montoro c’è altro, e bisogna essere pronti a tutto.
Il romanzo non è perfetto, perché forse l’amalgama fra istanze così diverse avrebbe potuto essere cucinato (parlare di cucina, come dicevo, non è casuale!) in modo più equilibrato e omogeneo, anche se Montoro rivendica con convinzione la scelta di creare una frattura fra le due diverse parti della storia. Questo può piacere o no, ma si deve riconoscere che l’autore ha retto bene la sfida fino a superare se stesso nel finale. Comunque la si pensi, il finale è un colpo di genio!

Giovanna Repetto