Introduzioni Cosmo Oro: “Il Fattore Tau-Zero” (Tau Zero 1970) di Poul Anderson

Sandro PergamenoIntroduzione di Sandro Pergameno  al romanzo IL FATTORE TAU-ZERO di Poul Anderson COSMO – CLASSICI DELLA FANTASCIENZA – Volume n. 98  (Gennaio 1989)

Poul AndersonAmericano di origini scandinave, Poul Anderson è senza ombra di dubbio uno degli autori di fantascienza più amati dal pubblico di tutto il mondo. Nella sua lunga carriera, iniziata verso la fine degli anni quaranta, ha vinto più premi letterari di qualsiasi altro autore del campo (con l’eccezione forse di Harlan Ellison; ma quest’ultimo non ama essere considerato un autore di fantascienza). Tanti i premi Hugo, tanti i premi Nebula ottenuti da Anderson, tantissimi i capolavori da lui scritti, a partire dal lungo e corposo ciclo di «Dominic Flandry» per passare all’altro grande progetto da lui completato, la serie della «Lega Polesotecnica» e del «mercante delle stelle» Nicholas van Rjin, o i due bellissimi romanzi di fantasy: lo spumeggiante Tre cuori e tre leoni (1961) e il cupo, drammaticissimo La spada spezzata (1954-71).

Regina dell'aria e della notteE come dimenticare di citare racconti come «Regina dell’aria e della notte» (1971), dove uomini del futuro e astronavi si mescolano stupendamente con i meravigliosi toni fantastici di una nebbiosa valle della terra di Faerie, o come «Pianeta fratello» (1959), con la sua accorata protesta contro la violenza insita nell’uomo e il suo irriducibile istinto di contaminare e distruggere qualsiasi ambiente nuovo e pulito gli si presenti dinanzi, o ancora come «Epilogo» (1962), una classica vicenda sui robot visti come eredi dell’uomo, in una Terra di un lontanissimo futuro che è ormai divenuta una desolata e scintillante foresta di metallo. Potremmo continuare così all’infinito, citando storia dopo storia, romanzo dopo romanzo in una sequela quasi interminabile che equivarrebbe praticamente a ripercorrere molte delle tappe fondamentali della fantascienza dagli anni cinquanta ai giorni nostri.

Le storie di Poul Anderson infatti, per una ragione o per l’altra, meritano quasi tutte di essere ricordate, anche se apparentemente si tratta soltanto di opere di pura avventura. Ma pura avventura in Anderson non c’è mai: una semplice constatazione che riassume però il discorso su questo autore, il quale, pur privilegiando spesso e volentieri l’aspetto avventuroso e tecnico delle sue vicende, non ha mai tralasciato di considerare il lato umano che sì cela dietro la facciata sgargiante delle astronavi in viaggio verso le stelle e degli eroi con l’alta uniforme della Marina Terrestre.

Michael Whelan - cover for Flandry Of Terra by Poul Anderson - 1965 Ace paperbackIn Anderson troviamo sì la storia d’azione di Flandry che va alla conquista della galassia contrastando intrepido i passi degli odiati Merseani, ma troviamo anche un uomo pieno di sentimenti contrastanti, combattuto spesso tra la fedeltà al proprio dovere e affetti sentimentali a volte assai più forti e apparentemente più importanti.

Accanto al divertimento, alla avventura piena di senso del meraviglioso, in Anderson compare sempre una precisa, continua riflessione morale, un ‘analisi attenta, puntigliosa, spesso dolorosa del carattere dei protagonisti che invece di rimanere sminuiti da questo esame, abbassati dal rango di semidei al semplice ruolo di uomini, risaltano invece prepotentemente con tutti i loro pregi e difetti sullo sfondo di un universo immenso ed enorme quanto freddo e spietato. Sono proprio queste caratteristiche, questo miscuglio di toni romantici e di descrizioni tecnologiche, di riflessioni morali ed etiche e di incredibili scene d’azione, a rendere le opere di questo autore davvero uniche e irripetibili: e qui mi sovvengono alcuni titoli che non posso proprio fare a meno di ricordare, tutti vincitori di premi Hugo in anni a volte molto lontani, come il drammatico, possente «Nessuna tregua per i re» (1963); l’intenso, liricamente poetico «Orfeo secondo» (1972), stupendo rifacimento in chiave fantascientifica del celebre mito greco; il vigoroso e scioccante «La comunione della carne» (1968), uno dei migliori racconti di fantascienza antropologica che siano mai stati scritti, e soprattutto i recenti «La luna dei cacciatori» (1978) e «Il gioco di Saturno» (1981), dove la fusione tra elementi umani e tecnologici raggiunge una perfezione incredibile e l’idea scientifica alla base dell’opera viene sublimata in un crescendo di toni drammatici e toccanti.

Star WaysLe storie di Anderson sono dunque un perfetto esempio di come si possa ottenere un giusto ed equilibrato connubio di elementi filosofici e tecnologici, di amore, poesia, e di aspetti di vita quotidiana. E in effetti ci sembra proprio che le qualità che contraddistinguono questo grandissimo maestro siano appunto di due tipi. Da una parte abbiamo un’abilità quasi unica nel creare mondi ed esseri alieni che vi possano abitare. Dai parametri delle orbite ai profumi dei fiori, Anderson si diverte e s’ingegna nel presentarci dettagli, particolari sensuali e piacevoli che sono ancora più vividi perché basati su un substrato scientifico autentico. Una bravura questa, che lo rende senz’altro pari a tutti i maestri della fantascienza d’estrazione scientificotecnologica, come Arthur C. Clarke, Isaac Asimov, o Larry Niven, con in più un tocco di quell’eleganza stilistica e di quell’amore per i particolari che è tipico di Jack Vance. E accanto a questa grande, enorme conoscenza delle terre e delle genti del nostro globo (e di altri mondi), Anderson affianca qualcosa che forse manca ai suoi colleghi appena citati; vale a dire un’incredibile acume nel ritrarre i sentimenti e l’animo umano delle persone, cosa che riesce a dare alla sua narrativa quella prorompente vitalità che è una sua irripetibile caratteristica e che soprattutto riesce a coinvolgere emotivamente (cosa più importante di tutto il resto, forse) qualsiasi lettore. In definitiva si potrebbe affermare che, mentre gli altri autori della cosiddetta scuola «tecnologica» (cui Anderson viene spesso affiliato) rimangono in genere piuttosto «freddi» e distaccati, il Nostro lascia invece emergere il suo carattere sostanzialmente romantico (un esempio tra i più probanti è il suo amore per la Fantasy e per i miti della sua patria, esplicato in quello che è forse il suo romanzo più umano e «romantico», e cioè La spada spezzata, un tragico capolavoro ispirato alle leggende nordiche) e mette la sua erudizione scientifica al servizio della vicenda umana e delle situazioni sociali.

P.AndersonIn altre occasioni (si vedano le introduzioni ai vari tomi del ciclo di Flandry) si è spesso parlato di un particolare aspetto che Anderson sembra coltivare in tutta la sua carriera letteraria: l’interazione della coscienza (umana e aliena) con l’universo reale, interazione vista in tutte le sue ottiche ma riassunta in una specie di formula che potrebbe essere quella della sfida posta all’uomo dall’universo e della risposta che l’uomo deve saper dare per contrastare il passo all’azione lenta ma inesorabile del tempo e dello spazio. In altri termini, per dirla con le parole di un grande critico purtroppo scomparso, James Blish: «La tragedia per Anderson non riguarda cose comuni come la vecchiaia, la morte di un proprio caro, gli assassini e le morti causati dalla guerra o dalla Natura; come fisico, Anderson sa che il gradiente dell’entropia va inesorabilmente in una sola direzione, ed egli non perde tempo in inutili lamentele».

L’entropia, l’entità definita dalle leggi della termodinamica che misura il disordine dell’universo (o di un qualsiasi sistema chiuso) è il vero nemico dell’uomo. Le leggi della termodinamica affermano categoricamente che in un qualsiasi sistema chiuso (come è appunto l’universo) l’entropia, cioè il disordine, considerato nel suo complesso, non può diminuire ma va sempre aumentando col tempo. L’energia totale dell’universo non può essere mai creata o distrutta, ma solo degradata. Ogni volta che l’energia (vale a dire la nostra fonte di civiltà, il nostro baluardo contro il ritorno ai tempi oscuri della barbarie) viene estratta dalla materia, una parte sempre maggiore ne va inevitabilmente dissipata e persa definitivamente. L’energia, come l’acqua, fluisce solo in un verso: verticalmente, dall’alto in basso. E il cosmo diventa sempre più stagnante e disordinato a mano a mano che l’entropia aumenta.

Il Fattore Tau-ZeroL’unica speranza dell’umanità in questo cosmo freddo e indifferente è quello di prolungare il proprio dinamismo per combattere contro l’entropia; per ottenere, almeno localmente, almeno nel sistema solare o nei mondi colonizzati, un diverso orientamento termodinamico; per far diminuire, almeno nei luoghi della civiltà umana, il disordine cosmico e l’entropia. Ma, come dicevamo prima, è una lotta persa in partenza: alla fine l’uomo soccomberà. L’uomo, come le galassie e le bolle di sapone, non durerà in eterno; le opere dell’uomo sono destinate a perire come quelle della Natura. Imperi e scatole d’uova svaniscono alla fine nello stesso modo, tornando polvere. «Alla fine Dio il Cacciatore colpisce ogni creatura e ogni cosa che sia stata fatta dalle creature» questo è il cosmico epitaffio creato da Anderson per una civiltà galattica nel racconto «Stella mineraria» (1973). L’unica cosa che l’uomo può fare in questa situazione è combattere con onore e dignità, lottare con tutte le sue forze, a prezzo anche di sacrifici enormi (come quello di una donna amata), contro l’ineluttabile fato che attende la civiltà umana; questo fa appunto Dominic Flandry, apparentemente uno degli eroi meno validi moralmente tra quelli creati da Anderson. Ma basta guardarlo un attimo con attenzione per accorgersi che non è così: sotto la maschera superficiale di dandy, di playboy, Flandry nasconde uno dei cuori più eroici e coraggiosi. In un ‘era di corruzione e decadenza, Dominic è forse l’unico e l’ultimo uomo che ancora si danna per fermare l’avanzata del buio, dell’oscurità di un nuovo medioevo che si avvicina inesorabile, lento ma possente come un bulldozer.

Tau ZeroSe nel ciclo di Flandry vediamo l’umanità ormai vicina all’arrivo della Lunga Notte, quella Lunga Notte della barbarie che sempre ricorre dopo la caduta di una grande civiltà (vedi il Medioevo dopo la caduta dell’Impero romano), in altre opere Anderson ci mostra un volto più ottimista, o, se vogliamo, qualche  breve momento in cui il coraggio e la lotta strenua dell’uomo riescono a conquistare delle piccole vittorie (temporanee ma pur sempre vittorie) contro la forza dell’entropia cosmica.

Uno degli esempi più belli di questa epica lotta è questo Tau Zero (id., 1970), finalista nel 1971 al Premio Hugo e considerato da molti critici e appassionati come il romanzo più completo scritto da Poul Anderson tra quelli di stampo prettamente fantascientifico. Opera di genere sostanzialmente tecnologico, Tau Zero parte da un concetto grandioso, che fa letteralmente scomparire tutti i romanzi di fantascienza hard scritti in precedenza: cosa accade a un vascello interstellare che viaggia a una velocità inferiore a quella della luce e che continua, per un guasto irreversibile, a incrementare la sua accelerazione senza potersi mai fermare? Da questa ipotesi, scientificamente accettabile, nasce un ‘odissea oltre i confini del tempo e dello spazio che porterà i protagonisti in un nuovo ciclo della creazione, alla nascita di una nuova galassia. Anderson combina qui (in maniera ancora più perfetta del solito) fisica e filosofia con risultati stupefacenti. Il suo background è vasto come l’universo, e in questo background assistiamo a un duello in cui l’uomo riesce a vincere, per una volta almeno, il caos cosmico per riportare una sua legge, un suo ordine.

Bob Eggleton -Tau Zero, 2009, cover for Poul Anderson’s story collection “To Outlive Eternity”Come nel classico di Olaf Stapledon Last and First Men (1930), Anderson usa una tecnica narrativa esponenziale che meglio si adatta al soggetto del romanzo. Avvicinandosi alla velocità della luce, il tempo a bordo della nave Leonora Christine è collegato in maniera logaritmica al tempo cosmico all’esterno.

Così, tra l’inizio notturno del racconto in un giardino terrestre, e la sua fine su una collina della Nuova Terra illuminata dai raggi di un altro sole, centinaia di miliardi di anni sono scoccati sull’orologio della creazione, ma soltanto cinque ne sono passati per i componenti dell’equipaggio dell’astronave. Per far arrivare al lettore la sbalorditiva immensità del tempo trascorso e dello spazio attraversato, Anderson inizia dunque lentamente, lasciando scorrere le vicende del primo capitolo a un ritmo praticamente equivalente al tempo reale. Poi però imprime un ‘accelerazione rapida, esponenziale al succedersi degli eventi, a mano a mano che gli eoni scorrono in brevi attimi, proponendo al lettore meravigliato e abbagliato una sequenza bellissima di azioni. La grandezza di questo romanzo risiede principalmente in questa concezione scientifica, audace e ambiziosa, indubbia– mente superba dal punto di vista fantascientifico. Ma il valore dell’opera non finisce qui: fedele ai suoi standard, Anderson non dimentica che c’è un elemento umano dietro questa vicenda cosmica e ci descrive, con cura e amore, le storie dei personaggi che vivono sulla Leonora Christine un avvenimento senza eguali nell’universo. Alcuni critici si sono lamentati della «piccolezza», della «meschinità» di questi protagonisti umani in rapporto alla grandezza dello scenario naturale del cosmo nel quale si trovano. Eppure il contrasto tra queste meschinità degli uomini, che continuano la loro vita fatta di piccole e grandi passioni, di amori e gelosie, con la magnificenza dell’universo è essenziale al tema di Tau Zero. Questi minuscoli esseri umani, piccoli e fallibili, riescono, nonostante la loro fragilità e le loro innate debolezze, a vincere il caos cosmico e a portare alfine in salvo la loro nave in una baia tranquilla dove poter iniziare una nuova vita. La loro vittoria è un tributo al coraggio e all’ostinazione nel perseguire una méta, vale a dire le due qualità umane che Anderson predilige e che sono per lui assolutamente indispensabili per la sopravvivenza.

Sandro Pergameno

Poul AndersonL’AUTORE

Poul William Anderson nasce nel 1926 a Bristol, in Pennsylvania, da genitori di origine danese. Ha conseguito una laurea in fisica all’università del Minnesota nel 1948. Ha sposato Karen Kruse nel 1953. Assieme a lei, ma anche da solo, compone versi. La sua prima pubblicazione di SF è del 1947, sulla rivista Astounding. Pubblica il suo primo romanzo nel 1952. Scrive anche opere di fantasy. La sua opera privilegia l’avventura, con tratti anche ironici, creando opere molto interessanti e suggestive, pure con una spiccata inclinazione poetica. È stato il sesto presidente dell’associazione degli scrittori statunitensi di fantasy e fantascienza, a partire dal 1972.