LA FABBRICA DEGLI ORRORI (The Wasp Factory, 1984) di Iain Banks

La fabbrica degli orrori, the dark side of human being

Il romanzo d’esordio di Iain Banks è come un viaggio gotico senza meta, che non svela la destinazione e non si sbilancia fino alle ultime pagine.

«La nostra destinazione è la stessa alla fine, ma il viaggio – in parte scelto, in parte prestabilito – cambia per ognuno di noi, anche mentre viviamo e mentre cresciamo. Credevo che una delle porticine mi si fosse chiusa alle spalle anni addietro, e invece stavo ancora arrampicandomi su per la facciata. Adesso la porta si chiude, e comincia il mio viaggio.»

Titolo: La fabbrica degli orrori (riedito anche come La fabbrica delle vespe) | Titolo originale: The Wasp Factory | Autore: Iain Banks | Anno di pubblicazione: 1984 | Nuova edizione italiana: 2022 – Fanucci Editore | ISBN: 9788834742358 | Pagine: 204

Nel 1984 Iain Banks esordisce con uno tra i romanzi più controversi del 20° secolo. La fabbrica delle vespe, meglio conosciuto come La fabbrica degli orrori, un horror grottesco affrontato con disarmante accettazione, in cui l’odio e la follia sembrano la normalità. Il romanzo viene definito dalla critica «un incubo di romanzo», ma allo stesso tempo «un romanzo gotico di qualità a dir poco eccezionale» e «infinitamente doloroso da leggere, grottesco ma umano». Un romanzo che agita la critica letteraria, un ragno in un nido di vespe che compare nella lista della BBC dei 100 romanzi da leggere almeno una volta nella vita.

In un luogo non meglio precisato della Scozia, denominato “l’isola”, vive Frank Cauldhame insieme al padre. Ha 17 anni – «grande abbastanza per sposarsi senza il permesso dei genitori» – e odia praticamente tutti, a cominciare proprio dal genitore, un ex hippy con la fissa della scienza, dedito a strani esperimenti in una misteriosa stanza della casa e che conduce una vita al di fuori degli schemi, tanto da non aver neanche registrato Frank all’anagrafe e averlo tenuto lontano da scuole e istituzioni. La madre non l’ha neanche conosciuta, perché aveva pensato bene di andarsene subito dopo averlo partorito. Odia tanto le persone quanto gli animali, e dice che «i suoi peggiori nemici sono le Donne e il Mare”. Il suo unico amico è Jamie il nano, con cui passa le serate, girando per pub ubriacandosi e stordendosi per movimentare le sue giornate sempre uguali. Si è creato complicati rituali che, insieme a particolari feticci e simboli, scandiscono il territorio e delimitano i luoghi associati a eventi particolari, come Il Cerchio della Bomba in cui ha ucciso il fratellino Paul, o Il Parco del Serpente, luogo in cui tolse la vita al cugino Blyth. Non prova sensi di colpa per aver ucciso senza scrupolo bambini innocenti. Anzi. È talmente abile e di una perfida lucidità, da riuscire a inscenare crisi di pianto e attacchi di panico, subito dopo gli omicidi, tali da renderlo puro e innocente come un neonato. Per Frank, comunque, l’importante è uccidere, siano esseri umani, animali o insetti. Si accanisce peraltro anche sui conigli e sulle vespe. Dichiara di attendere un segno da parte della “fabbrica” (un meccanismo chiamato “fabbrica delle vespe” che da il nome anche al titolo originale del romanzo), che palesi la sua volontà. Ma tutta questa violenza ha un’origine, un’agghiacciante verità che verrà svelata solo nel finale, lasciando sgomento il ragazzo, che finalmente darà un senso alla sua vita.

«Due anni dopo aver assassinato Blyth, ammazzai il mio fratellino Paul, per motivi completamente diversi e più seri, e l’anno successivo feci lo stesso con la cuginetta Esmeralda, più che altro per capriccio.
Finora questo è il totale realizzato. Tre. Sono anni che non ammazzo nessuno, e non intendo farlo ancora.
Stavo solo attraversando una fase.»

Chiunque legga La fabbrica degli orrori rimane immancabilmente sospeso tra il macabro, depravato contenuto della storia e l’ammirazione per la tecnica letteraria dell’autore: la costruzione narrativa è infatti impeccabilmente equilibrata, coerente, il che contribuisce alla trasmissione di una certa calma. Gli eventi più scioccanti e perversi sono presentati lucidamente, senza accelerazioni o ridondanze, in modo dunque chiaro ed immediato e questo controbilancia la componente gotica e orrifica dell’intreccio. Altra particolarità stilistica degna di nota è la narrazione in prima persona: questa è, di per sé, una delle tecniche narrative più complesse. La difficoltà del condurre l’intera narrazione da un punto di vista interno è, in primis, che nell’autore convivono l’onniscienza e la forzata focalizzazione interna del protagonista, che non è mai in possesso di tutte le informazioni di cui dispone l’autore in quanto tale. Deve dunque essere premura dell’autore controllare minuziosamente quello che viene rivelato al/dal protagonista in modo che l’intreccio risulti coerente e che non vengano rilevate incongruenze nella storia o nel racconto. Se si tratta di un autore inesperto – come nel caso di Iain Banks al momento della pubblicazione de La fabbrica degli orrori che è infatti il suo primo romanzo – la narrazione in prima persona è ancora più complessa da mantenere.

La tecnica si ritrova in grandi romanzi, prevalentemente gialli o modernisti (anche se nel modernismo si sfocia frequentemente nel flusso di coscienza) come Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij, La caduta di Camus o, forse il caso più celebre, tutta la produzione di Conan Doyle incentrata su Sherlock Holmes. Grandi autori, i cosiddetti mostri sacri della letteratura mondiale, che hanno saputo padroneggiare la tecnica e che allo stesso tempo hanno creato dei precedenti che possono intimorire i più inesperti. Se si somma tutto ciò al doversi immedesimare in un protagonista non solo appartenente ad una fascia d’età diversa da quella del suo autore ma anche mentalmente disturbato, come Frank, la capacità di Banks di gestire questo tipo di focalizzazione interna risulta ancora più ammirevole.

Frank è un personaggio estremamente affascinante da un punto di vista psicologico. Dall’inizio della narrazione spiccano la sua misoginia ed il suo odio per il mare, il suo bisogno di ritualità e soprattutto la nonchalance con la quale uccide non solo svariati animali ma anche esseri umani e, in particolar modo, il suo fratellino ed i suoi cugini. Egli presenta dunque un pattern comportamentale che devia dalla norma culturale, specialmente in ambito cognitivo ed affettivo. La scelta di attività individuali rispetto a quelle comunitarie, il disprezzo e conseguente rifiuto della sessualità – elemento estremamente importante per la narrazione -, il trarre piacere da poche o nessuna attività (per lo meno nessuna attività consueta) farebbero pensare ad un disturbo schizoide di personalità, così come le sue strane convinzioni – la mitologia della “fabbrica” -, l’affettività inappropriata o limitata e la stranezza del pensiero di Frank farebbero pensare ad un disturbo schizotipico della personalità. Il disturbo della personalità del protagonista viene affiancato da un disturbo ossessivo-compulsivo. Anche se in Frank non sono, per lo meno in apparenza, presenti compulsioni (azioni che il soggetto si sente obbligato a mettere in atto come risposta alle ossessioni) si rileva senza ombra di dubbio la presenza di ossessioni. La misoginia e l’odio per il mare di Frank sono componenti fondamentali della sua persona e, di conseguenza, della sua visione del mondo.

«I miei peggiori nemici sono le Donne e il Mare. Queste sono le cose che odio. Le Donne perché sono deboli e stupide e vivono all’ombra degli uomini e non valgono nulla a confronto, e il Mare perché mi ha sempre deluso, distruggendo ciò che io costruivo, lavando via ciò che lasciavo, cancellando le tracce che imprimevo.»

Per comprendere quest’odio nei confronti della donna è sufficiente leggere qualche pagina: è infatti il protagonista stesso ad identificarlo nel rapporto difficile se non inesistente con la madre, la quale ha abbandonato il marito ed i figli senza più dare notizie di sé. Vi è inoltre un’altra motivazione, un “segreto” che non mi è possibile riportare senza rovinare la suspense dell’intero romanzo: basti sapere che l’odio nasce anche e soprattutto dalla paura, dalla consapevolezza dell’irraggiungibilità dell’oggetto del desiderio che si tramuta immancabilmente nell’oggetto odiato. La donna come l’acqua è la culla della vita, le permette di svilupparsi. L’acqua è poi un rimando all’utero materno, al liquido amniotico che avvolge il bambino durante la gravidanza. L’acqua è creatrice e distruttrice allo stesso tempo ed è proprio questa sua componente distruttiva a frustrare Frank e a fomentare il suo odio: tanto attaccato ai rituali, alla pianificazione, alla consapevolezza dell’esito sicuro di ogni sua azione, il protagonista non può sopportare la facilità con la quale l’acqua è in grado di annientare tutto, la sua mancanza di stabilità.

«Ma sono ancora io. Sono la stessa persona di prima, con gli stessi ricordi e gli stessi eventi vissuti, le stesse (piccole) mete raggiunte, gli stessi (spaventosi) crimini sulle coscienza.
Perché? Come ho potuto fare quelle cose?»

Frank Cauldhame potrebbe essere scambiato benissimo per un assassino incallito, un uomo cinico e spietato. E lo è, in effetti. Banks sembra volerci ricordare che il Male non risparmia nessuno e la dicotomia è il fil rouge di questo libro: Tesi e Antitesi, Bene e Male, Pazzia e Saviezza. Bianco e Nero. Come il negativo di una fotografia e ciò che sembra non collima pedissequamente con ciò che è. Un romanzo che non lascia indifferenti, per originalità e follia. Del protagonista o dell’autore… chissà?

Omar Serafini