Dice Gunn di Sturgeon nel suo Alternate worlds (la famosa storia illustrata della sf) parlando degli autori degli anni ’40 scoperti da John W. Campbell jr. e divenuti poi ‘classici’ e ‘Grandi’ (come Asimov, Van Vogt, Heinlein, Simak, De Camp, Del Rey, solo per fare qualche nome): «Sturgeon era forse il più dotato del gruppo. Egli inseguì il cammino della propria sensibilità attraverso una varietà di temi e di trame, cercando una voce, una filosofia sua ed un mercato per cui voler scrivere. In termini di carriera e impatto sul pubblico fu handicappato dalla sua riluttanza a scrivere storie lunghe; era uno scrittore di racconti, mentre i romanzieri, con i loro serials sulle riviste e le pubblicazioni in libro, si facevano reputazione e fortuna più rapidamente e più facilmente».
Bene, il giudizio di James Gunn, conciso e sintetico, ci trova perfettamente d’accordo: la minore popolarità di cui Sturgeon ha goduto presso il pubblico, sia in America che altrove, rispetto agli altri suoi colleghi dell’Età d’Oro della sf, è perfettamente controbilanciata, come spesso accade, dai giudizi estremamente positivi della critica (vedi James Blish e Damon Knight, ad esempio).
Theodore Sturgeon è probabilmente uno dei pochi, se non l’unico, degli autori oggi considerati ‘classici’, ad essere ancora attuale ed in grado di dire qualcosa al pubblico. Mentre altri scrittori, come Asimov e Heinlein (e forse anche Van Vogt e Simak), hanno dovuto cedere di fronte all’inesorabile cammino del tempo, Sturgeon è riuscito a mantenere una freschezza d’ispirazione ed una profondità umana che, aggiunte alla sua tecnica inimitabile, lo hanno portato a scrivere, oggi, negli anni ’70, autentici capolavori come ‘Slow sculpture’ e ‘Brownshoes’.
La grandezza di Sturgeon sta appunto in questa sua capacità eccezionale di sintesi tra contenuto e forma; egli riesce ad esprimere, nelle sue opere migliori almeno, la sua possente sensibilità interiore con una tecnica letteraria che, forse, non ha pari nel campo della sf, o almeno non ha avuto rivali fino all’inizio degli anni ’60. Oggi, dopo il profondo rinnovamento stilistico che ha scosso il mondo della fantascienza americana ed inglese attraverso il fenomeno della ‘new wave’ potremmo affiancargli, per bravura tecnica, un Silverberg, autore anch’egli in continua evoluzione, o una Ursula K. Le Guin, scrittrice dotata di uno stile squisito e maturo, o uno Zelazny, che tuttavia risente chiaramente dell’influenza dell’opera di Sturgeon, soprattutto nella ripresa insistente (parlo dello Zelazny di ‘A rose for Ecclesiastes’, di The graveyard heart’ e di molti altri splendidi romanzi brevi degli anni iniziali della sua carriera) del tema dell’amore, tema che è alla base di tutti i capolavori del suo maestro.
Ecco, l’amore, il tentativo di comunicare tra loro di due esseri viventi, lo scambiarsi emozioni vere e vive, tutti i loro sentimenti, ecco, questo tentativo è il soggetto unico e basilare dell’opera di Sturgeon. Nelle sue storie egli esamina questo sentimento da tutti i punti di vista; si potrebbe quasi dire che egli dissezioni l’amore per vedere come è fatto, perché nasce, da dove nasce, come si sviluppa, come muore. E l’amore, per Sturgeon, non è affatto un soggetto limitato; tutt’altro, perché lui ne ha esteso il concetto fino ad includervi qualsiasi forma di relazione umana, ed ha quindi studiato ed esaminato tutte le forme di comunicazione umane. ‘Quando un uomo e una donna vanno a letto assieme stanno comunicando’ dice Sturgeon; ‘ e quando un uomo dà un pugno in viso ad un altro anche quella è una forma di comunicazione; soltanto il messaggio è differente’.
Ma l’amore, come è logico, non è alla base soltanto delle sue opere; è anche alla base della sua vita. Per tutta la sua vita burrascosa (ha fatto decine e decine di lavori diversi, dal guidatore di trattori al venditore di indumenti intimi femminili, dal marinaio al suonatore di chitarra in un’orchestrina, dal pubblicista all’editore, dal meccanico d’auto all’istruttore di ginnastica) ha sempre ricercato e dato amore; è stato sposato per ben quattro volte ed ha una schiera di figlioli, ed è sempre stato pronto ad aiutare gli amici nel momento del bisogno, come può testimoniare Harlan Ellison, il quale ha affermato di essere stato salvato dal suicidio dopo una terribile esperienza matrimoniale da una meravigliosa lettera di Sturgeon, da cui trarrò un breve ma significativo brano: «Nel mondo non c’è mancanza di amore, ma soltanto una profonda carenza di luoghi in cui riversarlo. Non so perché sia così, ma molte persone che, come te, hanno una innata capacità di arrivare dove vogliono, sono affette da questa carenza oppure si equipaggiano contro di esso con corazze piene di spuntoni d’acciaio e stivali di ferro.»
Come uomo, Ted Sturgeon è una persona eccezionale, come può testimoniare chi lo ha conosciuto: pieno di contraddizioni, egli è dolce ed umano, razionale e tuttavia illogico e fantasioso, percettivo, sensibile, lirico e tuttavia a volte volgare, mistico e tuttavia meccanicistico, umile e tuttavia arrogante.
È evidente che una persona siffatta, quando scrive, esprime tutta se stessa, e cerca di comunicare al lettore delle emozioni, delle sensazioni più che dei concetti. È per questo motivo che Groff Conklin, (famoso curatore americano di antologie scomparso vari anni fa) nell’introduzione a ‘Caviar’, una delle più belle antologie di quest’autore, affermò: «Voi non leggete queste storie; esse vi accadono.»
La sua carriera letteraria iniziò a 19 anni, nel 1937, anno in cui riuscì a vendere ad un giornale (del Sindacato di McClure) un piccolo pezzo, per cui ricevette la pazzesca cifra di cinque dollari. Questo lo incoraggiò a continuare a scrivere e, nei due anni seguenti, riuscì a vendere (sempre allo stesso giornale) ben quaranta racconti, sempre di narrativa normale (cioè realistica). Fu soltanto all’inizio del 1939 che un amico di Brooklyn (Sturgeon in quel periodo abitava con un amico italiano a New York, anche se alternava frequenti viaggi in nave, dove lavorava anche come motorista, ai periodi a terra) gli mostrò una copia di ‘Unknown’, invitandolo a scrivere quel genere di storie; Sturgeon ne rimase entusiasta e fu così che iniziò a mandare racconti a John W. Campbell jr., che dirigeva ‘Unknown’ e ‘Astounding’.
Ted, che, da piccolo, era rimasto colpito da opere come ‘Alice nel paese delle meraviglie’ di Lewis Carroll, ‘Charwoman’s shadow’ di Lord Dunsany, e ‘Green mansions’ di W.H. Hudson (ma aveva letto, di nascosto dal suo patrigno, anche qualche copia di ‘Amazing’, ‘Wonder stories’, ‘Weird tales’), si sentiva fortemente attratto dal genere fantastico. Questa sua forte attrazione verso la fantasy pura è infatti una delle costanti dell’opera di questo scrittore, che, accanto a racconti di sf più o meno ortodossa (in molti casi si potrebbe parlare addirittura di space operas, sempre però illuminate dallo stile splendido e dallo studio psicologico dei personaggi tipico di Sturgeon) ha scritto poi, durante l’arco della sua carriera, un gran numero di opere puramente fantastiche, del magico, del soprannaturale, o addirittura del terrore, come nel caso di ‘It’, il suo primo racconto pubblicato su ‘Unknown’. ‘It’ (Esso) è un mostro: un ammasso di materia putrescente raccolto attorno ad uno scheletro umano che si anima di vita e prende ad aggirarsi per i boschi (i boschi del New Jersey naturalmente, dove Ted trascorse tutta la propria infanzia); la storia è una tipica storia del soprannaturale, ma Sturgeon riesce a narrarla in maniera diversa e con il suo stile già allora incomparabile riesce a creare un’atmosfera di’ suspense, in un crescendo in cui le parole sono come le cadenze di una musica da film del terrore.
Ma, se ‘It’ è ormai considerato un classico, non possiamo dimenticare l’affascinante ‘Bianca’s hands’, una storia delicata e terribile, che narra di un uomo attratto a tal punto da un paio di mani femminili, appartenenti ad una minorata mentale, da sposarne la proprietaria e farsi strangolare da esse durante la prima notte di matrimonio. E ancora ‘The silken swift’, un racconto di fate ed unicorni, trattato con delicatezza ed ironia, o ‘One foot and the grave’, un romanzo breve apparso nel 1949 su ‘Weird tales’, pieno di quel senso della magia particolare di Sturgeon, pieno del suo humour, dove incantesimi strani e ragazze dai piedi di elfi si rincorrono nei boschi tenebrosi e pieni di misteri del New Jersey. O ancora, per dimostrare come Sturgeon abbia esplorato veramente tutti gli angoli della letteratura fantastica, dall’orrifico tipicamente lovecraftiano alla favola, al fantastico puro tipo Hoffman (cui è stato più volte paragonato), fino a raggiungere una dimensione tutta sua particolare, fatta di immagini poetiche e di ironia, di humour, non possiamo omettere di citare racconti tipicamente sturgeoniani, in cui una situazione fantastica, assurda, immaginosa, che sconfina nella magia, viene trattata con una obiettività (a volte quasi rigorosamente scientifica sulla base dell’assurdo assunto iniziale) che rende la vicenda credibile e vera, racconti come ‘Shottle bop’, o ‘A touch of strange’, storia d’amore tra una sirena e un uomo e tra un tritone ed una donna, o ancora ‘A ghost of a chance’, e ‘The haunt’, storie di spiriti e di ragazze inseguite da spiriti, narrate appunto con il senso dell’humour tipico dell’autore.
Abbiamo citato molte opere di Ted del genere fantastico, ma forse le due più famose e più acclamate dal pubblico, anche se non le migliori (almeno a mio avviso), sono ‘Shadow, shadow on the wall’ e ‘Killdozer’; la prima, apparsa nel 1951 su ‘Imagination’, rientra in quel particolare filone di opere che hanno per soggetto bambini con poteri supernormali, come ‘The small assassin’ di Ray Bradbury o ‘It’s a good life’ di Jerome Bixby; la seconda invece, apparsa nel novembre del 1944 su Astounding, ricevette l’istantaneo favore dei lettori. Essa tratta di una ruspa meccanica su un atollo del Pacifico che si anima per il risveglio di una entità invisibile e maligna simile al Chthlu di Lovecraft.
In Italia, proprio per questo suo attaccamento alla fantasy, Sturgeon è stato a volte confuso con Leiber; questo accostamento non è totalmente sbagliato. Entrambi amano infatti questa particolare letteratura; entrambi hanno uno stile magnifico; ma il paragone finisce lì, perché i racconti fantastici di Sturgeon hanno un’atmosfera magica e fatata, ironica e suggestiva assieme, che è unica ed irripetibile.
Ma è soprattutto nel campo della SF più ortodossa che Sturgeon si distingue da tutti; è qui che il suo tema preferito, il suo chiodo fisso, l’amore, ne fa uno scrittore a parte.
Quando Ted ha iniziato a scrivere sf, si era nell’epoca della superscienza alla ‘Doc Smith’: l’influenza di Campbell alla guida di Astounding portò alla famosa età d’oro della SF, con la creazione dal nulla di autori come Asimov, Heinlein, Van Vogt. Ma mentre questi scrittori, nelle loro storie, ponevano in maggior risalto lo scenario futuro in cui ambientavano i loro romanzi (soprattutto in Heinlein si nota questa cura nel descrivere lo sfondo dell’affresco della sua ‘Future History’) e lasciavano poco spazio allo sviluppo psicologico dei personaggi, in Sturgeon l’uomo, l’individuo è sempre in primo piano; i suoi personaggi non sono mai delle controfigure, delle macchiette stereotipate e fredde come accade spesso in Asimov e in Van Vogt; essi sono vivi, sono delle ‘persone’.
Naturalmente non tutte le sue opere sono allo stesso livello; il suo talento narrativo ha subito un graduale processo di maturazione, che è coinciso con il suo processo di maturazione come uomo. Egli ha sempre cercato di migliorarsi, sia come uomo che come scrittore; ha sempre cercato di affinare le sue qualità umane e la sua tecnica narrativa, il suo stile. E continua tuttora.
I suoi primi racconti, infatti, come ad esempio ‘Poker face’, ‘Two percent inspiration’, ‘Artnan process’, sono piuttosto insipidi e convenzionali, anche se competenti. Tuttavia, anche questi primi racconti sono spesso riscattati da idee geniali, come quella della televisione, in ‘Ehter breather’ il suo primo racconto, apparso nel 1939. Questo racconto, tuttora agile e divertente, tratta di creature abitanti l’etere che provocano il caos nei comunicati commerciali della televisione, e presenta un ritratto della televisione notevolmente accurato e azzeccato.
Ma già in ‘Microcosmic god’ siamo ad un punto più avanzato; già qui Sturgeon riesce a descrivere la gente, i personaggi, come ‘gente’ che vive, che respira, ride, piange, pensa, ama; già qui egli mostra di avere la percezione dei piccoli e grandi perché che animano l’essere umano. Ed in fondo per uno scrittore questo è indispensabile, perché il fine ultimo di ogni scrittore vero è quello di parlare di ‘persone’ e non di manichini stereotipati; per questo Sturgeon può essere considerato uno dei pochi veri scrittori della Sf.
Tornando a ‘Microcosmic god’; esso fu il primo grande successo di Ted; l’idea di un mondo microscopico in cui vivono in generazioni di otto giorni e si evolvono con sorprendente rapidità delle creature intelligenti non era completamente nuova (Starzl e Hamilton la avevano già adoperata), ma, come dice Moskowitz nei suo ‘Seekers of tomorrow’ Sturgeon la raccontò ‘meglio’. La raccontò tanto bene che quel racconto viene oggi considerato uno dei dieci migliori racconti (il quarto, per l’esattezza) di tutti i tempi! Dunque già allora lo stile di Ted aveva raggiunto un alto grado di maturità; ma non solo lo stile, è anche il modo di raccontare che è più maturo: in ‘Microcosmi god’ Sturgeon riesce a dire ‘qualcosa’ al lettore, ad insegnargli una morale.
Due altre storie con una ‘morale’, scritte in questo periodo sono ‘Memorial’, che parla di una catastrofe nucleare che distrugge la Terra (siamo nel 1946, subito dopo Hiroshima), e ‘Maturity’, in cui il Nostro considera la tragedia umana del superuomo. ‘Maturity’ è la storia di Robin English, un uomo la cui ‘maturità’ viene accresciuta tramite una serie di iniezioni. English diventa un superuomo, un genio, ma poi, a poco a poco, diventa un vecchio precoce, perché la vera ‘maturità’ è proprio la vecchiaia; con il processo di maturazione, afferma Sturgeon in questa novella, l’uomo perde a poco a poco tutte le sue migliori qualità artistiche; è dunque giusto mantenersi sempre un poco infantili. ‘Maturity’ è, in effetti, una difesa da parte del Nostro, di se stesso e di tutti i geni un po’ infantili (Sturgeon veniva da un’accusa di mancanza di maturità da parte della moglie che intendeva divorziare).
È tuttavia con ‘Thunder and roses’, apparso nel novembre del 1947 su Astounding, che Sturgeon dimostra di aver raggiunto una maestria unica, una estrema bravura tecnica, sintesi di potenza stilistica ed espressiva e di grande intensità emotiva. ‘Thunder and roses’ è una storia meravigliosa, è una storia profonda e toccante; anche qui il tema non è nuovo, dato che è quello della distruzione atomica degli Stati Uniti, ma ciò che è nuovo è il punto di vista dell’autore. Due giovani in una base militare degli USA devono decidere se contraccambiare e distruggere la potenza nemica o lasciare all’umanità rimasta (al popolo nemico, cioè) un’ultima speranza di sopravvivenza prima che il livello della radioattività si alzi troppo; tutto questo mentre di fronte ai loro occhi il loro paese si smembra a poco a poco, e i loro cari, le loro ragazze si spengono poco per volta, colpiti dal morbo radioattivo, in un’agonia atroce. E la decisione finale di dare all’umanità un’altra possibilità, questa dura ma giusta decisione, rispecchia il punto di vista di Sturgeon di fronte alla possibilità di un olocausto atomico, e tutto l’orrore che egli prova davanti alla possibilità che vengano così distrutte tutte le ipotetiche conquiste future dell’uomo, tutte le sue glorie ed arti, tutto il suo potenziale creativo non ancora sfruttato. Probabilmente ‘Thunder and roses’ rimane il più bel racconto del Nostro; certamente nessun altro scrittore di Sf ha narrato meglio di lui questo tipo di storia.
Dicevamo della maturazione letteraria di Ted; a questo punto, siamo ormai alle soglie degli anni ’50, la space opera, i tratti della convenzionale avventura fantascientifica, stanno scomparendo definitivamente dalle pagine di quest’autore; certo, abbiamo sempre opere minori o poco impegnate, come ‘Die, maestro, die’, ‘The hurkle is a happy beast’ o ‘The incubi of parallel X’, ma accanto ad esse risplendono piccole gemme letterarie come ‘The traveling crag’, ‘Extrapolation’ o ‘The stars are the Styx’, drammatica storia d’amore ambientata in una gigantesca stazione di passaggio tra i mondi astrali.
Ma è soprattutto nei due romanzi che il Nostro scrive in questo periodo, ‘The dreaming jewels’ (1950) e ‘More than human’ (1951-1953), che troviamo le componenti essenziali della sua tematica; dei personaggi tristi, pieni di solitudine, dei personaggi quasi sempre minorati in qualcosa, mai compiutamente uomini. È così che ne ‘The dreaming jewels’ troviamo dei mostri da circo, un bambino mutante che mangia le formiche ed una lillipuziana protagonista, mentre in ‘More than human’ abbiamo l’idiota del villaggio e il neonato mongoloide dall’intelligenza geniale che diviene il fulcro della gestalt; ecco, la gestalt, l’unione tra esseri da soli incompleti e anomali che assieme formano una totalità superiore alla somma delle singole parti che la compongono, è la soluzione al problema dell’uomo, della solitudine e dell’incomunicabilità umana.
Questa affermazione trascende il semplice romanzo e diviene il fondamento della filosofia di Sturgeon. È questa la filosofia che ritroviamo in ‘To marry Medusa’, dove l’autore espone esplicitamente le sue idee: «Due miliardi e tre quarti di esseri umani, due miliardi e tre quarti di pianeti individuali, alcuni rotanti vicini tra loro e alla luce, e altri lontani e freddi nella tenebra solitaria; ma tutti separati, isolati, staccati. Commissari, contadini, potenti, fanciulli, vecchi, matti, ciascuno fondamentalmente solo», dice il Nostro in quest’opera, dove un essere alieno, (il titolo del romanzo tratto da ‘To marry Medusa’ è ‘The cosmic rape’), congloba in sé tutta l’umanità, che raggiungerà così quell’unità e quella comunicazione tra le sue parti altrimenti impossibile.
A proposito della tematica basilare dell’opera di Sturgeon, c’è chi lo ha definito un poeta che fa sgorgare la sua poesia dalie mostruosità, dai rifiuti del genere umano, dalle cose umili; questo è vero ma bisogna spiegarlo bene: i suoi personaggi, come dicevamo prima, sono quasi sempre esseri repellenti, deformi, o nel corpo o nella mente, ed è in questi esseri che i sentimenti sono più vivi e più forti. Sturgeon è un maestro nell’arte di cogliere e trasmettere sulla pagina questi sentimenti. Come si fa a non parlare di poesia quando si hanno davanti racconti come ‘A saucer of loneliness’, delicatissimo incontro tra due esseri umani brutti, deformi, ma non per questo meno ‘umani’, meno vivi, meno pieni di amore, o come ‘Need’, splendida storia di un minorato con poteri telepatici, o ancora ‘Bright segment’, racconto delicato e drammatico, pieno di pathos vibrante, del rapporto tra un minorato ed una puttana.
E se il contenuto delle migliori opere di Sturgeon è degno di un grande scrittore, lo stile non è certo inferiore; uno stile purissimo, duttile, cristallino, che tocca punte d’eccezione in alcuni passi dei due romanzi citati, in ‘The touch of your hand’, un racconto immerso in una atmosfera biblica di grande effetto e suggestione, in ‘Hurricane trio’, in ‘When you’re smiling’.
Nel suo saggio ‘In search of wonder’, così Damon Knight definisce lo stile di Sturgeon: ‘è come violini e cristalli e velluto e piccoli aghi nella tua gola. I suoi personaggi si stagliano sullo sfondo come figure del Rubens capitate su tele del Mondrian.’ Neppure lo stesso Bradbury è riuscito ad eguagliare l’eleganza stilistica del Nostro, la sua padronanza delle parole, il suo modo di manipolarle per infondere loro quella vitalità necessaria per trasmettere dei sentimenti veramente profondi. E Bradbury stesso ammette di aver preso, agli inizi della sua carriera, come soggetti di studio le opere di Sturgeon, quando colpito da gelosia ed ammirazione, si domandava da dove venisse quella meravigliosa originalità stilistica, quella spontaneità. Ma cercare di scoprire il segreto di Sturgeon è come cercare di dissezionare del gas esilarante con uno scalpello. Il Nostro è uno sperimentatore nato, capace anche degli eccessi più oltraggiosi nei confronti della lingua, nella sua costante ricerca della poesia e della precisione espressiva; ma anche quando, come in alcuni passi di quella letterale esplosione stilistica che è ‘To here and the easel’, questi esperimenti sfuggono al suo controllo, ebbene, rimane sempre una freschezza di immagini mai ottenuta da nessun altro autore di Sf.
Ma torniamo alla sua evoluzione narrativa; un autore che, come lui, è ossessionato dall’amore in tutte le sue forme e manifestazioni, non poteva non trattare anche l’amore particolare, l’amore omosessuale, o addirittura l’incesto.
Cominciò con ‘The world well lost’, apparso nel 1953 su Universe sf, dove egli narrava la storia di due astronauti legati da una relazione di natura omosessuale piuttosto complessa, e in cui includeva anche un paio di creature extraterrestri omosessuali, dando un ritratto nuovo (per la sf, almeno), quasi dolce di questo tipo di legame sessuale. Come era prevedibile, questa storia suscitò un vespaio in America, o meglio nel mondo della sf americana, e Sturgeon divenne il bersaglio di numerose lettere, sia di disprezzo che di plauso. In particolare, come ricorda egli stesso, ‘la sua buca delle lettere si riempì di cartoline profumate e lettere scritte con inchiostro rosso e maiuscole verdi’.
Il campo della sf, a quel tempo, era piuttosto schizzinoso in fatto di sesso: gli editori rifuggivano da qualsiasi accenno pur minimo di descrizioni di scene sessuali; Sturgeon, con Farmer, fu l’unico scrittore dell’epoca ad avere il coraggio di oltrepassare i solidi, sicuri, borghesi parametri dei costumi sessuali accettati allora. Forse queste sue esplorazioni narrative nelle relazioni sessuali anomale, questa lotta ai tabù umani, possono essere insoddisfacenti come storie, ma hanno avuto una funzione liberatrice. Per merito dell’opera di pionieri come Sturgeon e Farmer, altri scrittori sono stati più liberi di scrivere quello che volevano, ed hanno potuto trovare un mercato per le loro opere.
Comunque, anche il paragone con Farmer calza molto poco; l’unica cosa che hanno in comune è questa audacia narrativa; infatti, in Farmer, l’attenzione è, molto spesso (vedi ‘Mother’, ‘My sister’s brother’, ’The lovers’ stesso) centrata sull’aspetto fisico e biologico, più che su quello psicologico.
‘The world well lost’ fu tuttavia solo l’inizio; nel 1960, il Nostro riprese lo stesso tema scottante addirittura in un romanzo, ‘Venus plus X’, l’ultimo scritto finora; è evidente che Ted si ritrova meglio sulla lunghezza della ‘novella’, del romanzo breve cioè, per quanto le sue sole opere lunghe siano tutte dei veri capolavori.
‘Venere più X’ ha luogo in una storia di Utopia del futuro, creata ed abitata da gente che non è né uomo né donna, ma qualcosa di indefinitamente neutro e diverso, esseri che si riproducono per mezzo di uteri innestati chirurgicamente. La razza dei Ledom, così si chiamano questi esseri, ha raggiunto, mancando di ogni forma di dicotomia sessuale, una nuova forma di ‘umanità’ ed ha creato una società perfetta e ideale. L’idea base, come si può vedere, è abbastanza simile a quella su cui poggia il capolavoro della Le Guin, ‘La mano sinistra delle tenebre’, ma gli sviluppi sono ben differenti.
Il protagonista, un uomo normale dei nostri giorni, è di vedute abbastanza larghe da saper accettare questa società benevolmente, con tutto ciò che essa comporta, come il fatto che gli uomini corteggino e sposino altri uomini. Tuttavia, quando egli viene a scoprire che questo popolo ha cambiato di propria volontà il suo organismo, e che non si tratta di una mutazione causata dalla natura come gli avevano fatto credere in un primo momento, la sua opinione su di loro cambia radicalmente: non importano le conquiste sociali da essi raggiunte, l’unica cosa che conta è che hanno scelto volontariamente l’omosessualità all’eterosessualità, e per questo motivo, essi diventano ai suoi occhi «il più schifoso branco di pervertiti che sia mai esistito sulla Terra». Ecco le parole di Charlie Johns, il protagonista umano, ai Ledom: «Perché ciò che fate è male. Uomini che sposano uomini; incesto, perversione, non c’è nulla di corrotto che voi non facciate. Ecco perché.» E, più tardi, quando gli viene chiesto se tutta l’umanità la penserebbe come lui, egli risponde: «Sarebbe unanime al cento e due per cento», e poi ancora; «Se potessimo, vi stermineremmo fino all’ultimo figlio anormale, e quell’ultimo lo metteremmo in un baraccone».
Ecco, con queste frasi, Sturgeon vuole dirci che, in fondo, anche l’uomo dalle vedute più aperte oggigiorno non riesce, per fede o per abitudine, a concepire l’idea di una civiltà totalmente omosessuale, non sa abituarsi all’idea e ne rifugge visibilmente inorridito. Tutto ciò può naturalmente applicarsi nei confronti di una qualsiasi società aliena, extraterrestre che potremmo incontrare nel futuro: se questi esseri che si comportano in maniera diversa sono completamente differenti dall’uomo, tutto bene (be’, almeno qualche speranza di coesistenza ci sarebbe); ma se qualche essere vagamente somigliante all’uomo ha delle abitudini che possono sembrarci rivoltanti, allora addio indulgenza e larghezza di vedute.
Ma ancora più chiare ed esemplificatrici sono le parole dello stesso autore, nell’introduzione ad uno dei suoi romanzi brevi più recenti, ‘If all men were brothers, would you let one of them marry your sister’, apparso nell’antologia di sf più celebrata di tutti i tempi, l’ottima «Dangerous Visions» di Harlan Ellison.
Il Nostro, introducendo questa sua opera imperniata sul tema scottante dell’incesto, fa questo discorso: ‘Sono sempre stato affascinato dalla abilità della mente umana ad arrivare ad una verità e a fare poi un passo oltre, e dall’incapacità di molti ad imparare il trucco. Esempio in questione (tabù sessuali e riviste per soli adulti): «Dobbiamo togliere quelle ‘schifezze’ dai giornalai», dicono molti, presi dal sacro furore delle crociate contro il male. Chiedete loro perché, e gran parte di essi indicherà semplicemente queste ‘porcherie’, meravigliandosi che voi ne chiediate anche il perché. Ma alcuni faranno un passo avanti con la mente, e diranno: «Perché i giovani potrebbero metterci le mani addosso.» Questa risposta può soddisfare molti, ma se voi chiedete: «E allora, anche se i giovani ci mettono le mani sopra?», una minoranza ancora più piccola farà un ulteriore passo avanti, e arriverà a questa risposta: «Perché è un male per loro». Chiedete ancora: «In che modo è ‘male’ per loro?»; una manciata di essi può giungere a dire: «Perché li ecciterebbe». A questo punto i ‘crociati’ saranno ormai scappati via ma se ce ne è un paio rimasto, chiedete loro: «Come è possibile che sia male per un giovane eccitarsi?»; e, se riuscite a superare questo punto, essi dovranno uscire dal campo delle convinzioni emozionali e passare all’area della ricerca scientifica. Degli studi su tale argomento sono reperibili, e mostrano che un tale eccitamento non è dannoso; anzi, c’è qualcosa di anormale in chi non si eccita. L’unico male possibile per i giovani viene, non dal responso sessuale in sé, ma dall’attitudine punitiva della società (i ‘crociati’ cioè) che crea complessi di colpa e tabù’.
Con questo pezzo, Sturgeon rivela tutta la sua filosofia e la sua morale, la sua anima. È questa la filosofia alla base della sua opera, da ‘More than human’ a ‘Venus plus X’, e splendidamente esposta in quel piccolo gioiello che è ‘The skills of Xanadu’: anche qui c’è un’Utopia, un’utopia campestre e bucolica, una società di esseri telepatici e ‘umani’, contro cui nulla possono l’impegno militaristico e lo spirito di conquista del protagonista e dei suoi simili, ancora bloccati dal loro condizionamento mentale. Soltanto quando l’uomo riuscirà a vincere il suo condizionamento mentale, soltanto allora, dice Sturgeon, egli sarà veramente libero.
Dopo il 1960, Sturgeon ha avuto dei periodi di buona vena e altri poco attivi, coincidenti in genere con gli alti e bassi della sua vita; in particolare, c’è stato un lungo iato in cui non ha scritto nulla, dal 1962, anno in cui pubblicò su Fantasy & Sf ‘When you care, when you love’, al 1966, anno in cui scrisse per Ellison la novella succitata.
È importante spiegare questo momento di stasi prima di concludere; ‘When you care, when you love’, è un po’ il manifesto definitivo della sua tematica, il punto d’arrivo di una certa evoluzione stilistica e contenutistica. Questa novelette narra di una ricca giovane che non sa rassegnarsi alla morte del marito, colpito da una forma incurabile di cancro; e intende far rinascere una copia esatta di lui, utilizzando una delle sue cellule (col procedimento del ‘cloning’) ed aspettando che ricresca fino alla maturità. È una storia pazzesca, la storia d’un amore completo, schiacciante, irrazionale. È chiaro che dopo un’opera simile ci voleva un periodo di riposo, per lasciare il tempo alla mente e all’ispirazione di cercare nuove strade narrative.
Ed infatti, dopo ‘If all men were brothers…’, dal 1966 in poi, il Nostro ha continuato a scrivere, offrendoci stupendi saggi della sua ritrovata vena, come ‘Slow sculpture’ (premio Nebula 1972) dolcissima storia in un ambiente sospeso tra l’irrealtà, e la realtà, piena di speranza e di pathos umano (anche qui uno dei personaggi è colpito da un male incurabile), o come ‘Brownshoes’, delicata parabola sull’amore per l’individuo di fronte a quello più grande, più importante, per l’umanità intera. Sono opere queste che mostrano nuovi sviluppi stilistici da parte dell’autore, in cui l’antica maestria si è ulteriormente affinata, mentre la morale in esse contenuta riesce sempre a colpirci per la sua validità e maturità.
Sandro Pergameno
L’AUTORE
Theodore Sturgeon (New York, 26 febbraio 1918 – 8 maggio 1985) è stato un autore di fantascienza statunitense. Nato come Edward Hamilton Waldo, dopo il divorzio dei suoi genitori, all’età di undici anni assunse il cognome del patrigno, William Sturgeon, l’uomo col quale sua madre si era risposata. Dopo aver fatto una miriade di mestieri, all’età di 21 anni Sturgeon si dedicò alla scrittura e vide un suo racconto, Ether Breather, pubblicato nella rivista Astounding. Nella stessa rivista, ed in altre come Unknown e Argosy Magazine, furono pubblicati i suoi lavori successivi, principalmente racconti. Sebbene le numerose riviste del tempo favorissero la scrittura e la pubblicazione di storie brevi o a puntate, la produzione di Sturgeon comprese anche alcuni romanzi, divenuti molto famosi, tra cui spicca Cristalli sognanti, che mette in crisi e in discussione il concetto stesso di ruolo e identità, stravolgendo le percezioni della realtà. Tra la fine degli anni sessanta e gli inizi dei settanta prese parte alla scrittura delle sceneggiature di alcuni episodi della serie televisiva Star Trek, introducendo il concetto di Prima direttiva, ripreso nella produzione seguente. Alcune delle sceneggiature furono effettivamente trasposte in episodi (Shore Leavedel 1966 ed Amok Time del 1967), mentre altre rimasero sulla carta. I romanzi ed i numerosi racconti fanno includere Sturgeon nella lista dei migliori scrittori dell’Età d’oro della fantascienza, insieme a Heinlein, Asimov, Simak, Clarke e Van Vogt.