Speciale P.K.Dick – “Ubik” (Ubik, 1969)

SpecialePhilipDick[11]UbikUna piccola considerazione d’apertura: questo sicuramente è il romanzo di Dick il cui titolo è venuto meglio nella traduzione italiana. (Si fosse limitato sempre a titoli di una parola sola…)

E ora un aneddoto. Quando, nel 1975, la rivista accademica Science-Fiction Studies pubblicò un numero speciale su Dick e le sue opere, lo scrittore da un lato era terrorizzato, perché aveva capito che quelli di SFS erano marxisti, e da bravo paranoico lo scrittore li vedeva tutti come agenti del KGB (già era difficile far capire a un americano medio che un marxista non prendeva necessariamente ordini da Mosca, figurarsi uno dall’immaginazione incontrollabile come Phil…). Ma l’autore di Ubik era anche sbalordito dal fatto che ci si profondesse, in quel numero di SFS, in elogi e complesse analisi per quel romanzo che lui aveva pubblicato nel 1969, in un periodo a dir poco caotico (morte del grande amico Jim Pike, quarto divorzio, problemi di soldi, dipendenza dalle anfetamine, la casa di San Rafael un porto di mare di tossici, ragazzi scappati di casa, hippy sballati, ecc.). “Ma cosa ci trovano in questo romanzo?” si chiede Dick in diverse lettere. Lui l’aveva scritto… be’, stando alla sua corrispondenza, nel 1975 neanche si ricordava tanto più bene come quando perché l’aveva scritto. Era una cosa che aveva dattilografato a velocità supersonica, spedito all’editore, inviare l’assegno, grazie. Sicuramente non era il romanzo sul quale avrebbe scommesso per la sua eventuale gloria futura. Dick riteneva molto più ambiziosi e innovativi i romanzi ibridi (Tempo fuor di sesto, L’uomo nell’alto castello, Noi marziani, Abramo Lincoln, Androide – ci torneremo); e molto meglio scritti i suoi romanzi realistici (L’uomo dai denti tutti uguali, In questo piccolo mondo, Mary e il gigante, ecc.).

Phil lesse molto attentamente gli articoli su SFS. Ma non riusciva a capire cos’aveva di tanto interessante proprio Ubik… per dei marxisti? Alla fine si convinse che nel romanzo aveva inconsapevolmente descritto qualche tecnologia fantascientifica che però somigliava a qualcosa che stavano veramente costruendo o progettando dietro la cortina di ferro. Di qui tutta la serie di malintesi con Stanislaw Lem, ma quella è un’altra storia.

ubik-coverTorniamo invece a Ubik, che in Italia uscì tre anni dopo su Galassia (era l’epoca che quelle due menti elette di Fruttero & Lucentini snobbavano Dick, che Dio li abbia in gloria). Una citazione ci sta bene: “Forse è davvero così. Forse si rinasce di nuovo, come dice Il libro tibetano dei Morti. È vero sul serio, Cristo, lo spero proprio. Perché in questo caso potremo incontrarci ancora tutti quanti. In un’altra parte della foresta, come in Winnie-the-Pooh, dove un bambino e il suo orsacchiotto giocheranno per sempre. Una categoria, pensò, imperitura. Come tutti noi. Finiremo tutti quanti insieme a Pooh, in un nuovo luogo più chiaro e duraturo.”

Il più grande romanzo psichedelico di Dick, quello che forse ha fatto più discutere ed entusiasmare critici e fan, è centrato, forse intenzionalmente forse no, su una delle tematiche predilette dell’autore: il ritorno all’infanzia, la regressione a un mondo innocente, qui raffigurato da Winnie-the-Pooh, il personaggio di A.A. Milne. Perché Ubik è sì un poderoso trattato di teologia negativa, un viaggio verso il Grande Nulla che traduce il dettato freudiano del ritorno dall’organico all’inorganico, una velenosa satira contro i mass media e la pubblicità, contro la meccanicità delle cose e la ribellione degli oggetti, e nel mondo di Dick anche uno dei sottili giochi teologici, ma è anche un manuale per la ricerca non della salvezza, quanto di un nuovo grembo dove incarnarsi e rinascere. Un nuovo inizio.

Ubik si svolge in un futuro prossimo, il 1992, ma che allora sembrava lontanissimo. Punto di partenza è lo scontro in corso fra Glen Runciter, proprietario della Runciter Associates (un’agenzia che utilizza “inerziali”, cioè esseri umani capaci di annullare le facoltà degli altri umani dotati di poteri ESP) e l’analoga e contrapposta associazione di precognitivi e telepati guidata da Ray Hollis. Quando uno dei migliori telepati di Hollis scompare dalla sorveglianza dell’organizzazione di Runciter, questi si reca in visita alla moglie Ella, morta giovanissima, ma tenuta in una semi-vita nel Moratorium Diletti Fratelli, in Svizzera. La comunicazione con Ella viene ostacolata però dalle interferenze di Jory, il vicino di bara, un quindicenne con molta energia vitale. L’eroe del romanzo è Joe Chip, uno dei dipendenti di Runciter, lo specialista in misurazioni di campi e controcampi psichici, perennemente squattrinato e vittima di meccanismi omeostatici come porte che rifiutano di aprirsi e distributori automatici che non funzionano; proprio a Joe Chip tocca presentare a Runciter una nuova specialista, Pat Conley, unica inerziale capace di modificare il passato. Joe, Pat e un gruppo di altri inerziali vengono portati sulla Luna da Runciter per bloccare un tentativo di spionaggio di Hollis, ma finiscono in una trappola. Runciter muore, e Joe Chip si trova a guidare il gruppo dei superstiti.

Ian Robertson artPer prima cosa conduce Runciter al Moratoriam per poter entrare in contatto con lui, ma nessuna forma di semi-vita sembra possibile. E nel frattempo accadono strani fenomeni: le sigarette si sbriciolano, un paio di inerziali muoiono come se fossero invecchiati di colpo, la panna dei distributori di caffè è acida e Runciter comincia a manifestarsi sotto forma di avvisi sulle bustine di fiammiferi, spot televisivi la realtà diventa, insomma, una specie di incubo psichedelico in cui tutto scorre all’incontrario.

Joe Chip riceve intanto strani messaggi, come questa scritta trovata in un gabinetto: Io sono vivo, voi siete morti. Cosa significa? Per saperlo il gruppo di inerziali si dirige verso la città di Des Moines, nell’Iowa, luogo natale di Runciter, dove verrà sepolto l’imprenditore che non è stato possibile far entrare in animazione sospesa. Il loro viaggio, prima di esser fisico, è neontologico, regressivo: un’auto moderna diventa una LaSalle del 1939 e poi una Ford T del 1929, gli abiti regrediscono assieme alla struttura degli edifici, e i giornali recano la notizia che i francesi hanno sfondato la linea Sigfrido. Di spiegazione in spiegazione, di cui una nega la precedente, si arriva a capire prima che è Pat che sta guidando la regressione temporale, poi che tutti sono morti ma immersi nella semi-vita del Moratorium, e che i messaggi di Runciter sono i disperati tentativi di lui (vero vivo e falso morto), collegato agli apparecchi, di entrare in contatto con loro (i veri morti che credono solo di esser vivi)…

A questo punto il testo scivola fuori da sé stesso, s’infila nel metatesto: le epigrafi che introducono i capitoli altro non sono che spot pubblicitari che invitano al consumo di Ubik, che di volta in volta è un apparecchio elettrico, un deodorante, un elisir. Infine, la rivelazione: nel mondo dei semi-vivi è in corso una lotta perenne fra i “non morti” buoni, e quelli malvagi, di cui Jory è un rappresentante. Ella Runciter, che Chip abborda per strada nel suo vagabondare psichedelico, lo rifornisce di Ubik e gli spiega la verità. Una delle tante: il simbolico finale, introdotto da un’epigrafe pubblicitaria che incrocia il Vangelo di Giovanni con il Tao di Lao Tse, ma che contempla Ubik quale divinità, è semplicemente agghiacciante: al tecnico che riprestina i contatti con Ella, Runciter dà alcune monete di mancia. Ma le monete hanno impresso il volto di Joe Chip… segno che anche la realtà vera sta cambiando?

Ubik è un romanzo eccezionale, in cui Dick smantella le coordinate del lettore sprofondandolo in questa impossibile regressione, in una vertigine che è teologica, filosofica, ma anche letteraria. Tutti i commentatori di Dick si sono sentiti obbligati a cimentarsi con questo romanzo e a disinnescarne le molteplici trappole interpretative; forse nessuno ci è veramente riuscito, ma il fatto che a ogni tentativo si scoprano sempre nuovi aspetti e implicazioni di questa narrazione beffarda e allucinatoria ne attesta implicitamente il valore. Ecco perché alla fine torniamo tutti a questa opera di pop art letteraria che però precipita a ogni passo nei più disorientanti e antichi paradossi religiosi e ontologici. Aggiungerò solo che Dick, nell’Esegesi, formulerà anche le sue interpretazioni del romanzo, mettendosi alla pari con noi critici e lettori; e forse siamo tutti, da quel 1969, alla caccia dell’elusiva sostanza, o divinità, o principio fondamentale, o deodorante, noto come Ubik.

Umberto Rossi

Philip K. Dick

L’AUTORE

Philip Kindred Dick (Chicago, 16 dicembre 1928 – Santa Ana, 2 marzo 1982) è stato uno scrittore statunitense. La fama di Dick, noto in vita esclusivamente nell’ambito della fantascienza, crebbe notevolmente nel grande pubblico e nella critica dopo la sua morte, in patria come in Europa (in Francia e in Italia negli anni ottanta divenne un vero e proprio scrittore di culto), anche in seguito al successo del film Blade Runner del 1982 liberamente ispirato a un suo romanzo. In vita pubblicò quasi solamente opere di narrativa fantascientifica – un genere all’epoca considerato “di consumo” – ed è stato successivamente rivalutato come un autore postmoderno precursore del cyberpunk e, per certi versi, antesignano dell’avantpop. Gli sono stati dedicati molteplici studi critici che lo collocano ormai tra i classici della letteratura contemporanea. Temi centrali dei suoi visionari romanzi sono la manipolazione sociale, la simulazione e dissimulazione della realtà, la comune concezione del “falso”, l’assuefazione alle sostanze stupefacenti e la ricerca del divino.

Nato a Chicago, con la sorella gemella Jane, in una famiglia dai legami burrascosi (la madre, da lui descritta come nevrotica, divorziò dal padre pochi anni dopo la nascita dei gemelli), Philip Dick trascorse un’infanzia e un’adolescenza solitarie e tormentate: la sorellina morì a poche settimane dalla nascita (Dick le rimase sempre legato, e decise di essere seppellito accanto a lei); dopo il trasferimento in California, frequentò l’Università di Berkeley, ma non concluse gli studi a causa della sua militanza nel movimento contro la guerra di Corea e del suo pacifismo(per continuare gli studi universitari avrebbe dovuto sostenere un corso di addestramento – ROTC – come ufficiale della riserva, all’epoca obbligatorio), che lo portarono ad avere problemi col maccartismo di quegli anni. Iniziò a lavorare in un negozio di dischi dove conobbe la prima moglie, Jeanette Marlin (il matrimonio durò da maggio a novembre ’48). Le sue affermazioni secondo cui in quel periodo avrebbe lavorato in una radio locale non sono mai state provate, anche se è possibile che abbia scritto testi pubblicitari per qualche emittente di Berkeley. Sicuramente la nascita della sua conoscenza e del suo amore per la musica classica precedette gli anni in cui lavorò come commesso nel negozio di dischi.

L’incontro con la fantascienza avvenne, forse per caso, e forse nel 1949 (ma il suo primo racconto, “Stability” Stabilità, pubblicato postumo, fu scritto nel 1947), quando invece di una rivista di divulgazione scientifica ne acquistò per sbaglio una di fantascienza (la circostanza non è certa). Esordì nel 1952 sulla rivista Planet Stories. Lasciata la prima moglie, si risposò con Kleo Apostolides (dal 14 giugno 1950 al 1959), militante comunista di origini greche. In questo periodo pubblicò i primi romanzi e una notevole quantità di racconti. Il matrimonio con Kleo andò in crisi quando Dick si trasferì nella zona rurale di Point Reyes, a nord di San Francisco, in quella Marin County che fu l’ambientazione di diverse opere (tra tutte Cronache del dopobomba). Lì conobbe Anne Williams Rubinstein, che diventò la sua terza moglie (rimasero sposati dal 1º aprile 1959 all’ottobre 1965). Era una donna colta e di forte personalità, vedova e madre di tre figlie, che gli diede una figlia: Laura Archer (25 febbraio 1960). Dick si trasferì a casa di Anne, e per mantenere la famiglia e il tenore di vita della moglie abbandonò la fantascienza, poco remunerativa e per niente prestigiosa, per tentare di occuparsi di narrativamainstream. Ma Dick visse ciò come una sconfitta, di cui considerò responsabile la moglie. Il fallimento come “nuovo” autore fu la goccia; il matrimonio andò a pezzi, Dick si convinse che la moglie avesse assassinato il precedente marito e che avrebbe fatto lo stesso con lui. Divorziarono nel 1965, e Dick si trasferì a San Francisco.

Dick assumeva anfetamina fin dai primi anni Cinquanta, sostanza che gli era stata prescritta dallo psichiatra che gli aveva diagnosticato una lieve forma di schizofrenia; l’anfetamina era usata per combattere gli stati depressivi di cui lo scrittore soffriva occasionalmente. Man mano Dick sviluppò una vera e propria tossicodipendenza dalla sostanza, che lo agevolava nella stesura delle sue opere. L’abuso di stimolanti raggiunse livelli allarmanti durante la seconda metà degli anni Sessanta, proprio mentre l’autore scriveva due dei suoi romanzi più importanti (Il cacciatore di androidi e Ubik). La rottura con la quarta moglie, Nancy Hackett (sposata dal 6 luglio 1966 al 1972), che lo abbandonò assieme alla figlia Isolde Freya (ora Isa Dick Hackett ) (15 marzo 1967), e la morte del suo carissimo amico Jim Pike, mandarono Dick alla deriva; lo scrittore si trovò a vivere in una casa di sbandati, e la situazione arrivò al punto critico quando, in sua assenza, la sua abitazione subì un’effrazione durante la quale sconosciuti forzarono il suo schedario blindato (Dick fece innumerevoli ipotesi sulla loro identità, arrivando a sospettare che fossero agenti dell’FBI; a tutt’oggi la questione non è stata chiarita). In seguito Dick partecipò a una conferenza sulla fantascienza a Vancouver, in Canada, e decise di stabilirvisi. Anche l’esperienza canadese fu però un fallimento, dovuto al consumo eccessivo di psicofarmaci e alla mancanza di denaro. Dick si fece ricoverare in una comunità di recupero pertossicodipendenti, la X-Kalay, un’esperienza breve che però lo aiutò chiudere con le anfetamine. Molti eventi e situazioni risalenti al suo percorso esistenziale di questo periodo ebbero un ruolo importante nel suo romanzo Un oscuro scrutare. Tornato in California, Dick si stabilì alla periferia di Los Angeles e nel 1972 riprese a scrivere, anche in seguito all’incontro con Leslie (Tess) Busby (18 aprile 1973-1977), la quinta moglie, dalla quale ebbe il terzo figlio, Christopher Kenneth (25 luglio 1973). Tra il febbraio e il marzo del 1974 Dick iniziò a sentire voci e avere visioni in sogno e da sveglio. Convinto di vivere un’esperienza mistica, Dick prese a scrivere l’Esegesi, una vasta raccolta di appunti a carattere teologico-filosofico a partire dai quali scrisse la celebre Trilogia di Valis, punto d’arrivo della sua esperienza letteraria.

Morì a Santa Ana, in California, per collasso cardiaco, nel 1982, proprio quando i diritti delle sue opere cominciavano a dargli per la prima volta una certa sicurezza economica, e mentre era in lavorazione il primo film basato su una delle sue storie: Blade Runner, di Ridley Scott, che Dick non poté vedere completato, anche se riuscì a visitarne il set. (Biografia tratta da Wikipedia)