Speciale Isaac Asimov – Cosa c’è nel cervello oltre la logica: IO, ROBOT (I, Robot, 1950)

Sono stati versati (nel vero senso della parola) fiumi di inchiostro, reale e digitale, su Isaac Asimov, pioniere e innovatore della fantascienza, classica e moderna, eppure può essere molto utile analizzare in maniera approfondita tutta l’opera dell’autore russo (naturalizzato statunitense) anche solo per un valore retrospettivo ed enciclopedico. Per questo, con la collaborazione di Andromeda, che ringrazio per lo spazio e l’entusiasmo con cui ha accolto la mia idea, cercherò nei prossimi tempi di approfondire una per una le opere dell’autore, mantenendo un ordine cronologico con minime oscillazioni.

Il primo lavoro che prendo in analisi è la famosissima antologia di racconti I, Robot. I più giovani l’hanno scoperto probabilmente grazie all’omonimo film del 2004, diretto da Alex Proyas e con Will Smith. Io stesso approfittai del revival che ci fu in quell’anno per comprare una copia dell’antologia a prezzo economico in edicola, anche se ho visto il film solo di recente e, come molti di voi già sanno, non c’entra proprio nulla con i racconti del nostro autore.

La dimensione del racconto è fondamentale per un autore come Asimov. Alla stregua di molti suoi contemporanei, il giovane Isaac iniziò a muovere i suoi primi passi da scrittore pubblicando su magazine dell’epoca come Amazing Stories, Astonishing Stories, Super Science Fiction, testate che avranno il merito di divulgare le opere più importanti della fantascienza della prima metà del ventesimo secolo e creare di fatto un nuovo genere letterario, rivoluzionando completamente alcuni stilemi classici del genere fantastico.

È così che nel 1940, un poco più che ventenne Asimov pubblica Uno strano compagno di giochi sul numero di settembre di Super Science Fiction. Il titolo, considerato “sgradevole” dall’autore, fu scelto dall’editore della testata Frederik Pohl. Quando dieci anni dopo il racconto sarà inserito nell’antologia, Asimov non perderà tempo a ridargli il titolo che aveva scelto originariamente: Robbie.

Nell’Introduzione al volume Tutti i miei robot (1982), Asimov afferma che da adolescente usava dividere le storie di robot che leggeva in due categorie, «la prima era quella del “robot come minaccia”, e già il nome dice tutto […]. Dopo un po’ che avevo in mano storie di tale tipo, mi annoiavo mortalmente e non arrivavo a finirle. La seconda categoria (assai più ristretta) era quella del “robot stile patetico”, e comprendeva racconti nei quali i robot erano simpatici e venivano regolarmente turlupinati da esseri umani crudeli. Questo tipo di storie mi affascinava». Robbie, afferma qualche riga sotto, appartiene a questa seconda categoria.

Al di là della sua trama, per certi versi interessante, ma senza dubbio un po’ datata, Robbie è noto per essere il primo racconto dedicato ai robot positronici, quegli automi dotati del cosiddetto cervello positronico, un globo spugnoso di una lega di platino-iridio. Il software gestito da tali macchine rendeva possibile l’intelligenza artificiale, e ha come capisaldi le famosissime Tre leggi della robotica, che saranno il fil rouge di tutte le storie della raccolta e una delle invenzioni letterarie più importanti dell’autore.

Lo stesso Asimov si rese conto della genialità della sua invenzione e dell’efficacia narrativa che questa introduceva. «A mano a mano che continuavo a scrivere storie di questo tipo,» afferma, «l’idea del robot costruito industrialmente e fornito degli opportuni meccanismi di sicurezza si radicò sempre più in me, finché essa dominò non solo i miei racconti, ma anche quelli degli altri, determinando un profondo cambiamento in tutta la fantascienza seria che aveva a protagonista l’automa. Questo fatto mi ha dato soddisfazione, e per molti anni, anzi addirittura per decenni, ho ammesso apertamente in più di una circostanza di essere “il padre della moderna storia di robot”».

Di fatto, le Tre leggi della robotica, saranno enunciate esplicitamente nel secondo racconto dell’antologia (il quarto in ordine di creazione), Circolo vizioso (pubblicato originariamente nel 1942 su Astounding Science Fiction). In maniera più esplicita che nel racconto precedente, qui la vera protagonista è la logica, intesa come la possibilità di interpretazione di un enunciato (in questo caso, una legge). Il robot inviato dagli esseri umani a raccogliere selenio da una pozza su Mercurio, infatti, proprio per il fatto di dover seguire pedissequamente la seconda (obbedire agli ordini degli esseri umani) e la terza legge (preserva la tua esistenza, purché tu non contraddica le prime due leggi), entrerà in confusione e avvierà un circolo vizioso, appunto, dal quale sarà complicatissimo uscire.

Su questa falsa riga è il racconto Iniziativa personale, mentre Essere razionale dà spazio a tematiche più filosofiche, quasi teologiche. Bugiardo! narra le vicende causate dalla creazione fortuita di un robot che riesce a leggere i pensieri e dai conflitti interiori che dovrà affrontare a causa del rispetto della Prima Legge. Questa è anche la protagonista del racconto Il robot scomparso: cosa penserebbe l’opinione pubblica se scoprisse che uno di questi robot è difettato e potrebbe causare danni all’uomo? Meccanismo di fuga mostra come l’ironia può essere un’evasione efficace persino per un robot, La prova è un classico racconto in cui bisogna dimostrare che un robot non è un essere umano, mentre l’ultimissimo Conflitto evitabile ipotizza la generalizzazione della Prima legge e il dubbio profondo che un robot può avere: i robot possono apportare danni a qualche essere umano al fine di salvare l’intera umanità?

Nove racconti geniali che creano un vero e proprio immaginario legato alla robotica e a questo tipo di tecnologia che ancora oggi non smette di regalarci emozioni anche nell’attualità. Ovviamente, una lettura consigliata: una pietra miliare (che ve lo dico a fare) dell’opera di Asimov e della fantscienza tutta.

Stefano Spataro

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