Titolo: Zardoz | Autori: John Boorman & Bill Stairs | Anno di pubblicazione: 1974 | Novellizzazione del film Zardoz diretto da John Boorman (1974) | Inedito in Italia | Per tutte le edizioni del romanzo clicca QUI
Tra il 1969 e il 1970 il regista inglese John Boorman propose un adattamento della trilogia IL Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien alla United Artists, che ne deteneva i diritti. Il trattamento di Boorman prevedeva modifiche sostanziali al testo originale; per questo motivo e per altri motivi la United Artists preferì rinunciare al progetto, per avallare qualche anno dopo quello dell’animatore Ralph Bakshi, molto più fedele alla trilogia di Tolkien. Diversi elementi di quell’adattamento confluirono nel suo film successivo, Zardoz, l’unico film di sf del regista britannico. Boorman e il suo co-sceneggiatore Bill Stairs scrissero anche la novelisation del film, ovvero l’adattamento della sceneggiatura in forma di romanzo. Solitamente le novelisations sono le riproposte pedisseque delel vicende del film, più o meno creativamente rielaborate a seconda della personalità dell’estensore, ma di solito si tratta di una specie di gadget pubblicitario per il film. In questo caso, essendo scritto dagli autori del film, risponde anche a esigenze espressive e artistiche, come scrive Boorman nella prefazione:
“Scrissi Zardoz a casa mia nel 1972 (…) Ne uscì una sceneggiatura più simile alla forma di un romanzo. Gradualmente la rielaborai in una forma cinematografica che si rivelò troppo audace per la maggior parte degli studios. Alla fine trovai i finanziamenti e girai il film (…) Mentre montavo il film decisi di riportarlo alla forma di un romanzo. Esso segue fedelmente il film, ma si appoggia molto alla stesura iniziale.”
Zardoz è ambientato in un mondo futuro in cui l’umanità è divisa in due categorie, gli Sterminatori e i Bruti; i primi scatenano periodiche battute di caccia contro i Bruti, uccidendo i maschi e, all’occasione, imprigionando e violentando le femmine. Gli Sterminatori ricevono ordini dal dio Zardoz, che si esprime attraverso una gigantesca testa in pietra che arriva volando sulle lande degli Sterminatori, e dalla quale escono la voce di Zardoz e le armi da fuoco che servono alla caccia. Zed è un capo degli Sterminatori per diritto di nascita, essendo figlio di un capo Sterminatore, ma è preso dai dubbi. Perché Zardoz ha cambiato ordini? Perché ora i suoi uomini non devono più uccidere i Bruti ma catturarli e schiavizzarli come contadini? Zed decide di entrare di nascosto nella testa di Zardoz, e così vola fino al Vortex, dove vivono gli Eterni, un élite che gode dell’immortalità e di un aspetto sempre giovanile, separata dal mondo da un campo di forza invisibile. Il Vortex è guidato e protetto dal Tabernacolo, un’entità artificiale che serve da legislatore, coordinatore e mezzo di comunicazione fra gli Eterni, e che gestisce i loro processi vitali, mantenendoli di fatto immortali. Chi muore per incidente od omicidio viene subito clonato, mentre i criminali sono puniti con l’invecchiamento: ciò che capita ai Rinnegati, coloro condannati alla perpetua vecchiaia. Zed diventa oggetto della rivalità di tre Eterne, Consuella, May e la più giovane Avalow, ma anche strumento di fazioni in lotta rappresentate dalle tre donne, mentre lo Sterminatore rivela poco a poco le vere ragioni del suo viaggio come pure la reale natura di Zardoz…
Dal punto di vista narrativo, Boorman segue il film, come scrive lui stesso, ma aggiunge varie spiegazioni ai punti insoluti del film.
Così nel prologo c’è una specie di biografia di Zed, in cui vengono narrate anche la sua infanzia e la sua formazione; da una voce nella testa di Zardoz (detta anche la Caverna) apprendiamo che siamo nel 2293; nel corso del romanzo abbiamo cenni anche sul passato di Consuello e May, utili a caratterizzarle; verso la fine scopriamo ciò che ha distrutto la civiltà umana, e vengono svelati l’origine e lo scopo originale del Tabernacolo e del Vortex, e come ci sono finiti gli Eterni.Dal punto di vista letterario Boorman e Stair usano uno stile immaginifico che cattura il lettore in una trama (in un vortice…) di costruzioni visive ingegnose, dalle descrizioni ricche di particolari, ma mai didascaliche, calate in un’atmosfera onirica di ricca suggestione. Si potrebbe dire lo stesso del film, ma i due autori riescono a reinventarne con le parole la visionarietà scenografica e fotografica, dimostrando una notevole capacità linguistica e stilistica. Nel tratteggio dei personaggi Boorman e Stair elaborano delle figure che sono allo stesso tempo archetipali eppure vitalissime e credibili, e hanno l’abilità di svelarne complessità, sfaccettature e motivazioni man mano che la narrazione si sviluppa. Lo si vede in Zed, che si rivela sempre meno come un brutale assassino e sempre più come un uomo assetato di verità e di sapere; o in Frayn, che snoda poco a poco le sue trame di sottile manipolatore, il mago Merlino della vicenda, secondo una definizione di Boorman.
Ma colpiscono più di tutti le tre figure femminili principali: May, Consuella e Avalow. Boorman le concepisce come archetipi, rispettivamente della Madre, della Moglie e della Figlia, ma va ben aldilà degli stereotipi o delle fantasie maschili, e le caratterizza con grande sottigliezza psicologica e attenzione a gesti, dialoghi, sfumature, sbalzando tre caratteri forti ma ben diversi fra loro. Alla loro rivalità, e in generale alla loro interazione, gli autori danno motivazioni ben più complesse e profonde della semplice conquista di un uomo – o meglio del suo controllo e utilizzo – che pure non è un semplice pretesto. Raramente avevo letto un romanzo di autori maschili in cui il disegno e l’interazione di personaggi femminili fosse così complesso e approfondito (più e meglio che nel film, tra l’altro).Il momento più riuscito del romanzo, secondo me, è il nono capitolo, intitolato “Exchange of powers”. May e le sue seguaci vogliono essere fecondate da Zed, che in cambio riceve tutta la loro conoscenza, e infine si accoppia ancora con Avalow, che gli consegna il cristallo che gli permetterà di conoscere i segreti del del Tabernacolo. Qui la prosa di Boorman e Stair unisce una strepitosa forza visionaria con un grande pathos drammatico, raccontando con grande coinvolgimento le emozioni di Zed di fronte alle due fasi del rito, prima l’estasi non solo erotica ma anche spirituale nata dall’unione con le donne di May, poi l’avidità con cui l’uomo assorbe le informazioni dal cristallo. È un vero momento epifanico, intessuto di una potente vena immaginifica, in cui Zed scopre quelle verità a cui aveva sempre anelato.
Nella vexata quaestio se la fantascienza abbia o no previsto Internet, Zardoz è un contributo molto interessante. In riferimento al Tabernacolo, la parola “computer” non viene mai usata riferita, ma la parola “network” sì. Il Tabernacolo infatti è per il Vortex l’archivio elettronico ma anche il centro direttivo; gli Eterni dispongono di un anello che li mette in contatto fra di loro e con il Tabernacolo, dal Tabernacolo ricevono informazioni che visualizzano con ologrammi che nascono dagli anelli e che possono scambiarsi l’uno con l’altro. per usare le parole del romanzo:
“Per questo motivo il Tabernacolo non era un cervello centrale, perché questo lo avrebbe reso un re. Era una rete di linee di conoscenza che si intersecavano e si incrociavano quando le circostanze lo richiedevano.”
Interessante a questo punto una dichiarazione di John Boorman tratta da un’intervista del 1985:
“Immagino che l’esistenza nelle città sia diventata qualcosa allo stesso tempo impossibile e non necessaria, dal momento che i mezzi di comunicazione, non solo orali ma visivi – i computer ad esempio – avranno raggiunto un tale livello di perfezione che chiunque potrà essere contattato immediatamente.”Difficile fare il gioco delle reminiscenze con Il Signore degli Anelli, dal momento che più che al libro di Tolkien, Zardoz si rifà alla progettata rilettura di Boorman. Citando dalla stessa intervista:
“Ciò che mi interessava nel Signore degli Anelli erano i suoi contenuti mitici (..) Anche Zardoz è una storia mitica (…) Un’altra rassomiglianza è che Il Signore degli Anelli è ambientato nella Terra di Mezzo, che sembra dispiegarsi in un continuum temporale diverso dal nostro (…) Sebbene Zardoz sia ambientato nel futuro, abbiamo l’impressione che sia un altro continuum temporale, che potrebba acccadere nel nostro presente, se in precedenza il mondo avesse preso un’altra direzione.”
Comunque, andando per tentativi, Frayn appare come un equivalente di Gandalf, visto come un “mago” che manipola ma che allo stesso tempo mette in contatto mondi diversi e separati. Senz’altro più evidente la trovata degli anelli usati dagli Eterni come “terminali”, anche se tutto sommato la sua funzione è opposta, visto che nel romanzo rende invisibili, e che in Zardoz una delle sue funzioni è quella di visualizzare riprese filmate. Cercando analogie si può notare come Consuello sia una guerriera come Éowyn, mentre Avalow è giovane e dà la conoscenza a un uomo come fà Arwen. Si sa che nel Signore degli Anelli di Boorman c’è una scena in cui Frodo fa l’amore con Galadriel prima di guardare nello specchio: come in Zardoz, il sesso in questa scena prelude alla rivelazione.
Mario Luca Moretti
L’AUTORE
John Boorman (Shepperton, 18 gennaio 1933) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico inglese. Sebbene di famiglia non cattolica, viene educato dai salesiani. Dopo aver lavorato in una lavanderia a secco, si interessa di giornalismo e alla fine degli anni cinquanta si occupa di documentari per la TV. Nel 1962 diventa il capo documentarista per la BBC Bristol. Dopo aver diretto nel 1964 una serie di documentari per la televisione ai quali prende parte tra gli altri anche Tom Stoppard, gli viene proposto di girare Prendeteci se potete (1965), la risposta dei The Dave Clark Five a Tutti per uno di Richard Lester, veicolo promozionale cinematografico dei Beatles. Il film non ha il successo sperato, ma due anni dopo, Boorman è ad Hollywood dirige in Senza un attimo di tregua, un gangster-movie tradizionale nei contenuti ma innovativo nella forma che fa leva sull’interpretazione di Lee Marvin. E proprio con Lee Marvin arriva il secondo film hollywoodiano, Duello nel Pacifico, con la star giapponese Toshiro Mifune in una storia estrema e crudele con un pizzico di ironia e richiami palesi alle avventure di Robinson Crusoe. Al ritorno in Inghilterra dirige Leone l’ultimo (1970), tratto da una commedia di George Tabori, che gli vale il premio per la miglior regia al Festival di Cannes. Il tema della socialità e dei comportamenti selvaggi dell’uomo “civile” torna nel suo primo grande successo di pubblico, Un tranquillo week-end di paura (1972), con Jon Voight e Burt Reynolds. Questo film gli valse anche la prima nomination all’Oscar. Si stabilisce in Irlanda e nel 1974 dirige Zardoz, un film tra il fantascientifico e il mitologico, che divide la critica. Dirige poi il seguito de L’esorcista (1973, regia di William Friedkin), L’esorcista II: l’eretico (1977), che non raggiunge il successo del primo capitolo. Nel 1981 realizza Excalibur, considerato una delle riduzioni cinematografiche più riuscite del complesso di leggende di Re Artù e del Ciclo bretone. Seguono l’autobiografico Anni ’40 (1987), sulla Seconda guerra mondiale vissuta da un bambino a Londra, e Dalla parte del cuore (1990). La foresta di smeraldo (1985) e Oltre Rangoon (1995) derivano dall’esigenza dell’impegno sociale di Boorman. Il primo è un appello ecologista, il secondo è un grido di aiuto per il popolo birmano oppresso. Con The General, la storia in bianco e nero di un ladro-gentiluomo irlandese che viene ucciso dall’IRA, Boorman ottiene per la seconda volta il premio per la miglior regia al Festival di Cannes. Nel 2004 torna di nuovo il suo impegno sociale con In My Country sul Sudafrica del post-apartheid. Ha in progetto una versione cinematografica delle Memorie di Adriano tratta dal libro di Marguerite Yourcenar. (Bio da Wikipedia)