Recensione: TERRE RARE (2019) di Matt Briar

Quanti tipi di precognizione dickiana potete numerare? C’è chi vive nel futuro prossimo, chi in quello remoto (Ubik e Il mondo che Jones creò insegnano). E poi c’è chi riesce a parlare con i morti freschi e chi viaggia tra diversi universi (vedi L’occhio nel cielo). Insomma il maestro della fantascienza psichica Philip K. Dick si è divertito molto a fantasticare sulle potenzialità di una mente superiore, talmente tanto che si può dire abbia creato una vera e propria tradizione. Ecco, Terre rare, il secondo romanzo di Matt Briar, pubblicato da Watson qualche mese fa, appartiene a questa tradizione di romanzi che parla di psiche potenziata.

Titolo: Terre rare | Autore: Matt Briar | Editore: Watson | Collana: Andromeda | Anno: 2019 | Pagine: 278 | EAN: 9788887224559 | Prezzo di copertina: 16,00€

Briar è un nome che negli ultimi anni si sta facendo strada nel panorama della fantascienza italiana. Classe 1985, emiliano, ha pubblicato il suo primo romanzo, L’era della dissonanza, nel 2014, vincendo il premio Kipple. Lo stesso Terre rare è risultato finalista al Premio Urania dello scorso anno. L’autore è stato finalista anche al premio Odissea 2018 con Zona d’ombra (ancora inedito). Tra i progetti a cui ha partecipato, La prima frontiera (Kipple, 2019), NeXT-Stream (Kipple, 2018, antologia che ha vinto il premio Italia) e Stephen King: L’altra metà oscura (Weird Books, 2016). Sul web collabora con Tom’s Hardware e Rockinfreeworld.

Terre rare è una storia di fantascienza sociale ambientata in un futuro prossimo. Alan Medas è un geologo che seppur ancora giovane si trova al culmine della sua carriera. Stanco di viaggiare per i continenti africano e asiatico decide di stabilirsi a Brena e portare avanti la sua relazione con Arianna, una donna comprensiva e solare. Nei suoi ultimi anni di lavoro come geologo viene fatta una scoperta importantissima a livello internazionale: un’alga marziana, chiamata narciso e dalle proprietà nutritive spettacolari, viene diffusa sulla Terra, a livello che ogni preparato sia a base di questo giallo germoglio. Grazie all’apporto nutritivo ed economico di questo nuovo alimento l’assetto geopolitico cambia nel giro di qualche anno, la fame viene sconfitta e il mondo pare abbia risolto i suoi problemi aprendosi a un’era pacifica.

A seguito dello sviluppo delle speciali proprietà del narciso ma anche grazie alla forte ingerenza della tecnologia in questa nuova società, Alan inizia a sviluppare una particolare facoltà: riesce ad avvertire le emozioni delle persone che lo circondano e, in qualche modo, la loro influenza psichica. Per fare fronte a tale capacità, Alan viene indirizzato in un centro di ricerca, diretto da una donna caratterialmente molto risoluta ma allo stesso tempo comprensiva, e viene inserito in un progetto con altri “recettivi” come lui. Ben presto però il controllo Alan si rende conto però che l’equilibrio del progetto è piuttosto instabile e ha connivenze con i servizi segreti e viene assorbito in una spirale di eventi che hanno il sapore del complotto internazionale e di terrorismo.

Briar è molto bravo a costruire, in poco meno di trecento pagine, un intreccio complesso e dinamico insieme, con personaggi psicologicamente approfonditi e fondamentali per la storia. Anche le comparse non sono accennate e buttate lì, ma hanno un loro ruolo fondamentale all’interno del quadro multi sfaccettato del plot. Penso ad esempio alla relazione amorosa africana del geologo, delineata in pochissime pagine, ma che resta ostinatamente legata al protagonista lungo tutta la vicenda, oppure all’imprenditore Hamal, incontrato all’inizio del libro e fondamentale verso il finale in cui Alan dovrà compiere una scelta importante.

È interessante anche come Briar sia riuscito a immaginare un tipo particolare di precognizione, quella emotiva. “Tu vedi, non prevedi” dice un personaggio al protagonista in un punto del romanzo. “Sono due concetti diversi. Tu vedi l’impulso prima dell’azione. Non puoi scoprire in anteprima il piano che una persona sta architettando. Vedi solo un po’ più in là degli altri, frequenze che noi non possiamo cogliere”. Ed è riuscito a rendere bene anche l’inverso di questo tipo di precognizione, in un personaggio, Jines Arellano (non realmente un antagonista), che a causa della sua devianza psichica è completamente impermeabile ai recettivi e che sarà in qualche modo il responsabile dell’esplosivo finale.

Infine, oltre ad avere una prosa scorrevole ed efficace e una narrazione ritmata e piena di dialoghi funzionali alla comprensione delle vicende, l’autore spesso regala piccole perle letterarie, facendo riferimenti a titoli classici della letteratura e della filosofia, accarezzando il lettore esperto o incuriosendo quello alle prime armi. Una lettura piacevole, dunque, e consigliatissima a opera di un autore che conferma la qualità della recente produzione fantastica nostrana.

Stefano Spataro