Recensione: PARADISO REMOTO (Paradise: A Chronicle of a Distant World, 1989) di Mike Resnick

Di Raffaele Izzoimg_0119Questo romanzo affronta un tema delicato: la colonizzazione, da parte degli esseri umani, di pianeti abitati da creature ritenute inferiori. È quello che succede quando viene scoperto il pianeta Peponi, fertile e ricco di risorse naturali, che a causa dello sfruttamento ingordo e votato solo al profitto delle corporazioni umane, presto si riduce a una landa desertificata. Altre creature deportate da pianeti lontani innescano faide tribali per la sopravvivenza con la civiltà autoctona, che sembra destinata all’estinzione. I pochi esseri umani che si rendono conto del disastro che si sta compiendo hanno poco tempo per intervenire, prima che sia troppo tardi.

Titolo: Paradiso remoto | Autore: Mike Resnick | Titolo originale: Paradise: A Chronicle of a Distant World, 1989 | Per tutte le edizioni del romanzo clicca QUI

Romanzo polifonico, questo di Resnick, che mi ha riportato subito alla memoria quel capolavoro del cinema che è Quarto potere di Orson Welles. La struttura è esattamente la stessa: un personaggio va interrogando tutta una serie di testimoni per ricostruire una realtà molto complessa. Nel nostro caso si tratta del giornalista Matthew Breen. Sta scrivendo un reportage sul pianeta Peponi, ex colonia umana. Il libro non è, ovviamente, di facile lettura. La difficoltà non sta nella trama, lineare e semplice, né nello stile di scrittura, anch’esso al servizio del lettore. Piuttosto è la trasmissione delle informazioni il vero problema.

BKTG14287Resnick ci vuole far capire che non esiste una realtà unica e monolitica. Ogni personaggio che Breen intervista da la sua personale versione della storia e degli eventi del pianeta. In questo senso potremmo parlare delle Storie, al plurale, che si intrecciano e si sovrappongono, in un gioco di prismi, pieno di sfaccettature. Sta al Lettore ricostruire un personale senso dal flusso di informazioni anche discordanti che lo investono. E una collaborazione narratore/lettori che rivisita in chiave postmoderna il mito del detective: qui siamo tutti indagatori della realtà, noi e il narratore, della quale ognuno riesce a fatica a carpire una piccola parte. Peponi è il pianeta descritto romanticamente dai primi avventurieri? O una dittatura ex coloniale? Si viveva meglio prima o dopo la colonizzazione umana? Il grande monarca che unifica tutti i popoli è un tiranno assolutista o un eroe nazionale? Resnick non ci da le risposte definitive neppure a fine romanzo. Breen però, dopo tanti libri scritti sull’argomento, sembra chiudere con toni un po meno obiettivi, rispetto al distacco iniziale. La maggior parte dei problemi affrontati non vengono risolti e ci lasciano con molta amarezza in bocca. La giustizia non chiude, come direbbe Durrenmatt.

Raffaele Izzo