Recensione: L’UOMO CHE ODIAVA LE NUVOLE (2019) di Giovanni Mongini

Tutto inizia con una disagevole ma molto ben pagata intervista ad un famoso studioso. Tuttavia ben presto le cose cambiano a tal punto che sarà possibile rivolgere le proprie domande praticamente a chiunque si sia incontrato sulla strada. Ma l’unica domanda cui non si potrà avere una risposta è come salvare la Terra da una delle più insidiose e inarrestabili invasioni aliene mai viste prima.

“L’uomo che odiava le nuvole” è il nuovo romanzo scritto da Giovanni Mongini, edito dalle edizioni Scudo. Si tratta di una storia di fantascienza, genere di cui l’autore è uno dei massimi esperti mondiali. La fama di Mongini è indubbiamente legata alla science fiction, ma nell’ambito del cinema e della saggistica. I riconoscimenti per la sua produzione sono numerosi, ha portato a casa ben nove premi Italia, un premio Vegetti, e nel 2018 gli è stato conferito il meritatissimo Premio alla carriera.

Il Mongini “romanziere” è stato in qualche modo eclissato dalla figura del saggista e dello storico del cinema, ed è un gran peccato, perché la sua produzione narrativa è molto consistente e degna di nota. Questo libro ne è la prova.

Quando l’ho letto, fin dalle prime pagine mi sono ritrovata in un’atmosfera da cult-movie, immersa nella nebbia, in un quartiere poco raccomandabile, con un taxi che arriva.

Il taglio cinematografico sarà una costante in tutta la storia, dall’ambientazione fino ai personaggi, che Mongini fa vivere e vibrare attraverso i suoi famosi dialoghi brillanti, e a tratti irriverenti.

Questa peculiarità conferisce loro grande carisma, come accade al protagonista de “l’uomo che odiava le nuvole” Edward Judd. L’autore ci ha abituati a figure ribelli e non convenzionali, sia maschili che femminili, basti ricordare l’affascinante dottoressa Ann Robinson e il caparbio e temerario selenita Lelay Ka-Man de “L’occhio argenteo del cielo”, il suo romanzo precedente ( sempre edito dalle edizioni Scudo), ma Edward Judd ne è un esempio ancora più emblematico. Barbetta incolta, belloccio, battute taglienti e ricche di sarcasmo, anche quando la situazione si fa seria, interpretando il modo di fare dell’autore stesso. Il richiamo filmico è molto evidente, ed è sottolineato anche dalla scelta del nome dell’eroe, Edward Judd è stato un attore di science fiction, tra i suoi film ricordiamo “…E la terra prese fuoco” (Val Guest, 1961), “Base terra chiama luna” (Nathan Juran, 1964) e “Invasion” (Alan Bridges, 1966). Una “faccia” presa in prestito da quelle pellicole che Mongini ha molto amato ( come me!), e che ha riadattato in chiave moderna nelle pagine del romanzo. Questo è stato lo spunto principale per le illustrazioni che lo corredano e che ho avuto l’onore di realizzare io stessa. Parte dell’ ispirazione è arrivata dalle atmosfere dei film citati, ma anche da pellicole seminali come “Ultimatuma alla terra” (Robert Wise, 1951) e “La guerra dei mondi” (Byron Haskin, 1953), misceladole alle inquadrature “noir” dei film di Orson Wells, di un bel bianco e nero drammatico e retrò.

La trama segue questi archetipi. Judd è un giornalista con una storia tormentata alle spalle, che viene ingaggiato dal nipote di un famoso scienziato, per intervistarlo.

La situazione appare subito densa di mistero, visto che dello scienziato non si hanno più notizie.

A causa dei suoi studi è stato aspramente criticato dalla comunità scientifica, e per questo si è rifugiato in Cile, particolare importante perché si tratta di una regione andina tra le meno piovose al mondo. La pioggia è un elemento determinante, poiché è proprio sulla sua composizione cellulare che sono incentrati gli studi dello scienziato, che porta il nome di un altro attore, Robert Cornthwaite ( e non sarà l’ultimo, nel corso del romanzo ci imbatteremo anche in Richard Dreyfuss e Leo Mc Kern). Il motivo di tali ricerche riguarda la sua convinzione che sia in atto una “subdola” invasione, architettata da forze oscure, che agirebbero proprio attraverso gli agenti atmosferici. Edward Judd partirà alla ricerca del professore, affiancato dalla seducente e ostinata Dawn Addams ( altro riferimento hollywoodiano), arricchendo la trama di un’appassionante storia d’amore.

I romanzi di Mongini, come è solito dire lui stesso, sono da identificarsi come dei Juventilia, storie d’avventura la cui prerogativa è divertire e appassionare, portando il lettore dentro storie fuori dalla realtà. Ma definirli solo in questa maniera è oltremodo riduttivo. Quello che è centrale negli scritti di Mongini, siano essi romanzi o saggi, è la “divulgazione”, che ha quasi trasformato in uno stile di vita. La sua casa\museo ne è un chiaro esempio, con una collezione di film e memorabilia tra le più famose al mondo, un immenso tesoro che grazie a lui le prossime generazioni potranno ancora ammirare. La sua missione è quindi divulgare l’amore per la fantascienza, cercando di darle un posto d’onore nel panorama culturale mondiale, visto che il genere è spesso minimizzato dalla comunità letteraria. Forse è uno dei pochi scrittori capace di descrivere l’origine dell’universo, la formazione di un pianeta e del perché della luna, senza annoiare il lettore, ma riuscendo a mantenere sempre un tono brillante, e il ritmo incalzante, non usando quasi mai i paroloni dello scienziato. Per lui la Fantascienza è da considerarsi un veicolo utile a raggiungere altri mondi, anche solo con la fantasia, proprio per questo ama definirsi un”sognatore di stelle”.

La sua è una grande passione per l’universo e tutto ciò che contiene, anche per il nostro povero pianeta, martoriato dai suoi molesti abitanti, gli Umani!

L’intero romanzo è un perentorio monito all’agire di questi ultimi, alla maniera dissoluta con cui l’uomo sfrutta e distrugge se stesso e la sua casa, la Terra.

Ma questa non è la sola chiave di lettura del libro, tra le pagine una dialettica sotterranea ci pone delle domande, che vanno oltre la riflessione dell’agire dell’essere umano, ma riguardano la sua vera essenza; Cosa ci rende umani? I sentimenti e le passioni hanno portato il nostro habitat al collasso, ma la razionalità, il pragmatismo e la mancanza di sentimenti davvero potrebbero risolvere tutto?

Questi ed altri sono i quesiti che Giovanni Mongini, attraverso la sua prosa sfavillante e le sue battute ironiche, si pone con “L’Uomo che odiava le nuvole” , un libro di fantascienza che potrà essere apprezzato anche da chi è refrattario al genere, poiché si tratta di una storia che indaga la natura umana, tema che trascende qualsiasi genere ma che caratterizza anche la letteratura mainstream.

Roberta Guardascione