Recensione: LA CROCE DI GHIACCIO (1989) di Lino Aldani

Antonio Ippolito

la_croce_di_ghiaccioÈ la storia del missionario gesuita padre Francisco Morales de Alcàntara. Francisco scopre fin dai primi giorni di seminario su Marte di essere estremamente portato per gli scacchi. Il gioco è ammesso e praticato dai gesuiti, per il suo contenuto eminentemente educativo. Il giovane, però, cade vittima di una sfrenata passione per il gioco umilia con una splendida partita un seminarista anziano. A causa di ciò, il suo superiore (padre Lotario) lo ammonisce e gli impone l’abiura del gioco. E l’allievo giura di abbandonare gli scacchi. Ma la provvidenza stabilisce diversamente: il luogo prescelto dai Gesuiti per la missione più importante nella vita di Francisco è Geron, un pianeta dove nessuno è mai riuscito a portare il Verbo. Per riuscirvi, Francisco sarà costretto a violare il giuramento, e ad intraprendere una partita a due livelli con un capo tribù umanoide, l’enigmatico Metzil-Nagua. Il filo di questo rapporto umano-alieno è doppio. Da una parte, durante le loro peregrinazioni si svolge una partita che i due giocano temporalmente in più riprese, pervenendo senza saperlo alla creazione di un fantastico finale. E dall’altra… Francisco coglie l’occasione della Provvidenza. Si verifica un improvviso isolamento di Geron dal resto del Sistema, causato dalla chiusura del varco spaziale di collegamento. Il prete sceglie di non scappare via con gli altri colonizzatori e sacrifica sé stesso all’esilio. Resterà lì, sul pianeta, a giocare la partita vera contro Metzil-Nagua. Il secondo filo che lo avvince all’indigeno (ribattezzato Eusebio) è infatti il tentativo di conversione contro la resistenza culturale. Ma l’universo resta indifferente di fronte alle certezze della fede e ai dubbi d’ordine morale che si pone il gesuita, un essere ricco di tormentata umanità.

Titolo: La croce di ghiaccio | Autore: Lino Aldani | Anno di pubblicazione: 1989 | Editore: Perseo Libri | Collana: Biblioteca di Nova SF n° 3

Anche se, forse per vezzo, Aldani, in un’intervista (http://blog.librimondadori.it/blogs/urania/2009/01/31/lino-aldani-1926-2009/ ), dichiarò che “ in realtà, il problema religioso non è pertinente o centrale al mio libro…”, questo è un libro che può essere messo accanto a “Notte di luce” e “Guerra al grande nulla” nella sua descrizione del futuro della missione cristiana. Aldani è lontano dalla potenza immaginativa di P.J. Farmer o dalla fredda teologia del romanzo di James Blish (peraltro piuttosto disuguale): appartiene alla tradizione della fantascienza italiana, riesce a delineare un personaggio profondamente vero, così come quelli che gli stanno attorno, e al tempo stesso a esprimere le ragioni teologiche di una Chiesa interplanetaria.

Padre Francisco è reduce da una catena di insuccessi: anche se ha fatto del suo meglio, arrivando a fomentare scioperi in un pianeta minerario dominato dallo sfruttamento brutale; e non risulta che altri facciano meglio, tra alieni intelligenti sì ma dall’intelligenza troppo diversa dalla nostra, ultrarazionale oppure troppo pigra. In ogni caso gli è stato alla fine assegnato un pianeta-capestro: Geron, dove si invecchia dieci volte più velocemente del normale; e padre Francisco ha già quarant’anni. L’assegnazione è anche dovuta al maligno intervento di un prelato che vent’anni prima, in seminario, padre Francisco aveva umiliato al gioco degli scacchi, con una partita di diabolica inventiva, ottenendone dai superiori l’obbligo a fare voto di non giocarvi più. Ora padre van Buren, non un missionario ma prelato di curia, ha potuto vendicarsi.. Padre Francisco accetta la nuova destinazione con cristiana rassegnazione.

Vivremo con lui la stanchezza infinita di un missionario che si sente inutile; sembrerà di sentire le note della beatlesiana “Eleanor Rigby”:

Father McKenzie, writing the words
Of a sermon that no one will hear
No one comes near
Look at him working, darning his socks
In the night when there’s nobody there
What does he care

Father McKenzie, wiping the dirt
From his hands as he walks from the grave
No one was saved

Ma il laico Aldani, già sindaco comunista di San Cipriano Po, sa vedere miserie e grandezze della Chiesa. Come il sacerdote alcolizzato del “Potere e la gloria” di Graham Greene, padre Francisco oscilla tra compromessi pericolosi, volontà di espiazione, e slanci mistici: quando i terrestri evacuano il pianeta, perché il corridoio iperspaziale che permette di raggiungerlo si sta chiudendo, decide di restare e non abbandonare quello che sta diventando il suo gregge.

È vero sacrificio il suo, o volontà di fuga da gerarchia e controlli? La coscienza lo tormenta con incubi; lo salva la recitazione della “Messa sul mondo”, grandiosa opera che Teilhard de Chardin compose mentre si trovava in Mongolia, impegnato per mesi in una spedizione paleontologica che lo costringeva alla separazione da qualunque altro cristiano e anche solo dal pane e dal vino.

Il romanzo infatti, ispirato alla vita e al pensiero del grande teologo, geologo e antropologo gesuita, pone il problema di quello che sarebbe un apostolato su un pianeta i cui abitanti, per quanto “umani” intellettivamente, non hanno nessun legame culturale e tanto meno biologico con l’umanità: come considerarli macchiati dal peccato originale? E quanto accettare delle loro tradizioni, pur di essere accettati come portatori di una nuova saggezza? Sono temi che i Gesuiti conoscono bene dai tempi in cui Francesco Saverio e Matteo Ricci si facevano ammettere alla corte del Celeste Impero, suscitando già allora scandalo presso i cristiani più ortodossi.

Basti pensare che la società geroniana si basa sull’ “avunculato”, cioè l’autorità sui figli non del padre ma del fratello della madre (come in diverse popolazioni polinesiane, ci informa Aldani, studiate da antropologi come Malinowski..): come fargli recitare il Padre Nostro con convinzione? E se non c’è vino a disposizione, è giusto usare una droga locale per la Comunione? E se i locali non possono concepire il rispetto per un uomo non sposato? E così via.

La scrittura di Aldani è un vero piacere: letteraria, ricca di termini ricercati (“a randa del ruscello”.. la Tarasca, leggendario mostro!) e anche toscani (la mota nel fiume, la guazza sull’erba..), ripulita dagli umori padani a volte grevi, caratteristici di racconti degli anni ‘70 come “Visita al padre” o “Screziato di rosso”, peraltro bellissimi.

Antonio Ippolito