Recensione: “La casa della vita e della morte” (1971) di I.Asimov, E.Pangborn, R.Scott, R.Zelazny, S.Guy Oliver

Antonio Ippolitou561La storia di Asimov che apre questa antologia con un delitto perfetto, è un classico esempio di FS “poliziesca”. Il racconto che segue rientra in pieno diritto nella tradizione della FS “teratologica” (o dei mostri). Mentre il terzo è senz’altro classificabile come FS “di spionaggio”. Ma a che specie di FS appartiene la pazzesca storia di Zelazny che chiude il volume? Forse qualche lettore esperto di egittologia riuscirà a decifrarne i geroglifici interpretando per esempio in chiave di FS “sociologica” il rapporto tra il dio Osiride e l’uomo che chiede una sigaretta dopo essersi cosparso di liquido infiammabile. Secondo noi tuttavia dopo essere riusciti dagli oscuri corridoi e dalle inaudite stanze della CASA DELLA VITA E DELLA MORTE, il meglio sarà di non voltarsi indietro e di non guardare se sulla porta ci fossero etichette o targhe di sorta.

Titolo: La casa della vita e della morte | Antologia di racconti | Urania n°561 (7 Marzo 1971) | Copertina di Karel Thole | Autori e titoli: Isaac Asimov (Necrologio, Obituary, 1959), Edgar Pangborn (Zanna lunga, Longtooth, 1969), Robin Scott (Un operazione delicata, A delicate operation, 1969), Roger Zelazny (La casa della vita e della morte, Creature of leight, 1968), Steven Guy Oliver (Un giorno di vita nella città morta, Survival, 1969)

Qualche settimana dopo Giochi di società, usciva questa raccolta di 4 racconti: la psichedelica copertina è forse una delle più belle in assoluto del maestro Thole e impone la lettura; anche se a dire il vero manca qualunque filo conduttore logico o contenutistico (l’autore, il genere, l’argomento, l’anno di pubblicazione, l’editore americano, pure diviso tra Galaxy e Mercury..), laddove in quegli anni Urania faceva invece spesso buone antologie tematiche, come “La fabbrica dei flagelli”, Urania 551, e “Giochi di società”, Urania 555. Ma tant’è.

SMVSMSTRSP1974Necrologio, di Isaac Asimov (Obituary,1959). Il classico scienziato frustrato asimoviano, intellettualmente brillantissimo ma incapace di imporsi in società e quindi sempre scavalcato da tutti, ha un’idea geniale riguardo ai viaggi nel tempo. Ma la moglie che lui ha sempre bistrattato perché poco socievole riuscirà a mettersi sulla strada del suo riscatto..

Zanna lunga di Edgar Pangborn (Longtooth, 1969; verrà ripubblicato con titolo leggermente diverso nella raccolta “Dentelungo e altri estranei”, Urania 639), è senz’altro la gemma della raccolta: un lungo racconto weird, certamente soprannaturale più che fantascientifico, ma carico di significati conturbanti; candidato all’Hugo, uno dei migliori di questo autore raffinato.

GDNGNGRS131972Qui la storia di mostri vira verso lo psicanalitico: in un Maine puritano e gelido, dai rapporti umani orridi, la Bella di turno non solo viene prelevata dal mostro, ma lo accetta volentieri, fino a farsi Bestia come lui. Gli unici veri omicidi li commetterà l’umano, il marito: prima ucciderà lei, poi si autodistruggerà nel confronto diretto con la Bestia, cioè con le proprie pulsioni. L’io narrante, suo amico e ambigua espressione del conformismo imperante:

Avrei dovuto dirgli che quella creatura era molto importante per il grande mondo intorno al nostro piccolo e oscuro villaggio. Che bisognava assolutamente prenderla viva, non accontentarsi di spararle una fucilata e farne rotolare il corpo con un calcio. Ma come potevo dire questo a un uomo senza cultura, che aveva perso la moglie e, per di più, la fiducia degli altri uomini?

Perdete questa fiducia e perderete il mondo.

Potevo chiedergli di spararle alla gambe e di catturarla viva? Diamine, contrariamente alla logica, risparmiarla sembrava anche a me sbagliato, orribile, e superiore alle nostre forze. Meglio se l’avesse uccisa. O se l’avessi uccisa io. Così finii per non dire un bel niente. Mi rimisi lo zaino in spalla e dichiarai che ero pronto a partire.

FSFJAN70“Fiducia” intesa, quindi, come pura “credibilità, onore”: Pangborn esprime un nichilismo disperato, anche se stemperato nella maestria stilistica.

Un’operazione delicata di Robin Scott (A delicate operation, 1969), autore di vari racconti non tradotti in Italia. Si tratta di una “esfiltrazione” (il termine si usava già allora), cioè dell’organizzare la fuga di una persona dal territorio nemico. Una storia di spionaggio come usava negli anni di Segretissimo, ben ambientata in Germania Est, maschilista verso donne e omosessuali come il genere richiedeva, scritto e tradotto con padronanza: la fantascienza compare solo nell’ultimo paragrafo, ma brillantemente.

La casa della vita e della morte di Zelazny (Creature of leight, 1968). Racconto lungo stupefacente, in tutti i sensi. Inizia con la descrizione di un rito funerario di tipo egizio ma su scala gigantesca: sono pagine di eccezionale potenza stilistica, simbolica, narrativa (ad esse si ispira la copertina di Thole). Si sviluppa poi in modo avventuroso alla maniera di Zelazny: con combattimenti di arti marziali e crudeltà efferate affrontate (o inflitte) sportivamente. Diventa infine un’avventura cosmica, con Anubis e Osiris ora rivali ora alleati di un certo Principe del Millennio contro potenze ancora superiori.. e qui finisce! Purtroppo non conosco le opere maggiori di Zelazny, dove le antiche mitologie venivano rivisitate in chiave fantascientifica: invoco gli esperti per capire se questo bizzarro racconto sia il prologo o l’abbozzo di una delle opere più famose.

GLXMSRDCMB1969L’uomo procede attraverso la sua Vigilia di Millennio nella Casa della Morte. Se vi fosse possibile guardare nell’enorme stanza in cui cammina, non riuscireste a vedere niente. È troppo buio perché gli occhi possano distinguere qualcosa. […]

quando raggiunge un determinato punto nell’oscurità, l’uomo sale sette gradini che portano a una piattaforma di pietra, e la percuote tre volte con il bastone. […]

ci sono altri duemila individui presenti, ma sono tutti morti.

Si sollevano dai rettangoli trasparenti che sono comparsi nel pavimento. Si sollevano senza respirare, senza battere le ciglia, in posizione orizzontale, e si vanno a coricare su catafalchi invisibili alti sessanta centimetri.

WOFIFOCT1969I loro indumenti e le loro pelli sono di tutti i colori, e i loro corpi di tutte le età. Alcuni hanno le ali, altri hanno la coda, alcuni le corna, altri lunghi artigli. Qualcuno ha tutte queste cose insieme. Alcuni hanno pezzi di macchinario inseriti nel corpo…

Data l’eterogeneità dei racconti “titolari”, quindi, tanto vale recensire anche il quinto, nell’appendice Varietà: Un giorno di vita nella città morta di Steven Guy Oliver (Survival, 1971), che mai pubblicò altro: piacevole esempio di post-catastrofico urbano tipico dei primi anni ’70. Tra i grattacieli di una metropoli abbandonata, un sopravvissuto riesce a sopravvivere all’avanzata di eserciti di formiche carnivore. Addirittura vede una donna, e riesce a metterla in salvo: seguirà un idillio, o i sopravvissuti sono troppo induriti dalla nuova vita ?

Antonio Ippolito