Come c’è lo scienziato pazzo, così ci sono il politico e il sociologo pazzi. Come allo scienziato piace “giocare con l’atomo”, così ai sociologi e politici piace “giocare con la società”. Quale dei due giochi è più pericoloso? Questa antologia non pretende di rispondere all’interrogativo, ma cerca solo di suggerire una certa prudenza quando, per esempio, il Sociologo-Capo ci porta a “far visita alla Mamma”, o quando ci decantano i benefici di certe operazioni nel quadro di una società “pianificata”. Nell’ultimo dei sei racconti, d’altra parte, si dimostra come anche in questi “giochi di società” si possa fare il doppio gioco.
Titolo: Giochi di società | Antologia di racconti | Urania n°555 (13 Dicembre 1970) | Copertina di Karel Thole | Autori e titoli: Jack Williamson (Visita alla mamma, Jamboree, 1969), Norman Spinrad (Test per uno, Dead end, 1969 e Test per due, Heroes die but once, 1969), Miriam Allen De Ford (Crio-UFO, The crib circuit, 1969), Hoke Norris (Trapianto, The patient, 1969), Robin Scott, (Diaspora, Diaspora, 1979).
Urania nostalgia: una breve antologia (6 racconti) dedicata allo sviluppo futuro della società; tema tipico della fs, soprattutto in quella fine anni ’60. Non sembra essere la traduzione di un’antologia nata come tale: i racconti sono sì tutti del ’69, ma i diritti d’autore dei racconti fanno capo a due diversi editori.
Volumetti come questo sono i mattoni con cui Urania costruiva lo zoccolo duro della fantascienza popolare di allora: una rutilante e insolita copertina di Thole (uno dei motivi di attrazione), una manciata i racconti in media di buona qualità e decorosamente tradotti (scappa solo un “poema di Baudelaire”), un prezzo popolare (£300 quando un libro di poesie di Sinisgalli pubblicizzato all’interno ne costava 1’600, il volume di Meridiani dedicato a Kafka 6’000); le pubblicità di “Arianna” (?) e “Duepiù, la rivista per la coppia”, con tanto di inserto chiuso e inchiesta “Le donne si lamentano per l’eccessiva frequenza dei rapporti coniugali”.. per finire, le strisce di B.C. e del mago Wiz.
L’intramontabile Jack Williamson in Visita alla mamma (Jamboree) ci dà un efficace racconto di umanità futura ridotta allo stato di infanzia da macchine che se ne prendono cura, un po’ come nella “Fuga di Logan” uscito due anni prima. È il racconto che ha ispirato la copertina; il traduttore ha forse un po’ perso di vista la terminologia scout che fin dal titolo dà forma al racconto (i “cuccioli”, come vengono continuamente definiti i ragazzi più giovani, sono probabilmente i nostri “lupetti”, “cubs”).
Due racconti di Norman Spinrad, e sono uno dei motivi per cui ho comprato questo Urania: intensi e spietati come ci si può aspettare da questo autore. Test per uno (Dead end) è perfettamente a tema con l’antologia, e di angosciante attualità anche oggi quando più che mai si parla di “fine del lavoro” e reddito minimo; Test per due (Heroes die but once) è piuttosto un drammatico “primo contatto” con una civiltà aliena, da cui una coppia di sposini uscirà intatta nel fisico ma orwellianamente distrutta nei sentimenti.
Miriam Allen DeFord, in Crio-UFO (The Crib circuit), sottolinea un problema solitamente trascurato nel campo dell’ibernazione: anche ammesso che la tecnologia per ibernarci funzioni, che le cure per la nostra malattia incurabile vengano trovate, e che la civiltà perduri abbastanza a lungo.. siamo sicuri che saremo ospiti graditi?
Altro dilemma medico, etico e filosofico molto attuale, quello del trapianto di cervello: Hoke Norris ce ne dà in Trapianto (The patient) una descrizione molto concreta ed empatica, ben lontana dall’incubo psichiatrico che ne farebbe un Ballard, ma calato nella realtà quotidiana.
Dulcis in fundo, l’unico racconto ispirato a un po’ di ottimismo: Diaspora (Diaspora) di Robin Scott. Siamo nella classica situazione di colonizzazione di un altro mondo da parte di un manipolo di elementi scelti: saranno gli unici superstiti della specie umana. Uno tra loro però non sembra per niente “scelto”: un mediocre maneggione fumatore e ubriacone, anche se affettuoso padre di famiglia, continuamente castigato dall’élite puritana della spedizione (non è per niente è un italoamericano: tal Angelo Di Filippo).. come possono aver sbagliato così i selezionatori? O forse un individuo così può avere un’importanza impensata?
Antonio Ippolito