Recensione: “Embassytown” (Embassytown, 2011) di China Mieville

Recensione di Stefano SacchiniEMBASSYTOWN“Non voglio più essere una similitudine” esclamai. “Voglio diventare una metafora.”

In un futuro remoto, gli esseri umani si sono spinti ai confini dell’universo colonizzando il pianeta Arieka. Qui i rapporti tra gli uomini e il popolo degli Ariekei, custode di una lingua misteriosa e inaccessibile, sono possibili solo grazie ai pochi ambasciatori in grado di comprenderne il linguaggio. Avice Benner Cho, una colona umana, ha fatto ritorno sul pianeta, nella città di Embassytown, dopo anni di viaggio nello spazio più profondo. Non è in grado di parlare la lingua degli Ariekei, eppure in qualche modo ne rappresenta una parte: lei, come altri esseri umani, è utilizzata dagli indigeni come una “similitudine vivente”, necessaria alla formulazione di concetti altrimenti inesprimibili. A causa di oscuri intrighi politici, sul pianeta è stato inviato un nuovo ambasciatore e il fragile equilibrio tra umani e alieni subisce una violenta scossa. Una catastrofe è all’orizzonte, mentre Avice si trova divisa tra un marito che non ama più, un sistema nel quale non ha più fiducia e una lingua che non può parlare ma che comunica attraverso di lei, al di fuori della sua volontà.

Autore: China Mieville | Titolo: Embassytown (Embassytown, 2011) | traduzione di Federico Pio Gentile | Editore: Fanucci | Collezione Immaginario Fantasy | pagine 440 | Anno di pubblicazione in Italia 2016 | prezzo 16,90 € (ebook 4,99 €)

Per ampliare il proprio bagaglio culturale, esistono libri che l’appassionato di fantascienza dovrebbe affrontare, prima o poi: tra questi, il sottoscritto inserisce EMBASSYTOWN di China Miéville, romanzo vincitore del Locus Award for Best Science Fiction Novel del 2012 e finalmente pubblicato dalla Fanucci, dopo ben cinque anni dalla prima uscita inglese. Ovviamente il lettore è libero poi di apprezzare l’opera o meno, di divorarla o di abbandonarla dopo poche pagine. Un tentativo di lettura andrebbe comunque fatto: l’importanza di EMBASSYTOWN sta nell’insieme, unico e inimitabile, di trama, contenuti, protagonisti, cornice e stile che l’autore crea. La prima parte può risultare ostica, persino irritante, per il linguaggio impiegato, talmente è ricco di neologismi e di parole comuni impiegate in maniera eccentrica. Lo sforzo immaginifico richiesto in queste pagine consente poi di galoppare veloci, non appena la storia entra nel vivo. E’ però un peccato che idee interessanti, introdotte nei primi paragrafi, vengano poi abbandonate o risultino del tutto secondarie ai fini della trama principale.

Embassytown (1)Chi conosce l’opera di Miéville, variegata e spesso di difficile classificazione, sa che il messaggio politico è sempre presente, anzi a volte è un elemento imprescindibile come nei casi di “Un regno in ombra” (King Rat, 1998) e “Il treno degli Dei” (Iron Council, 2004).

Tra i tanti spunti di riflessione che lo scrittore inserisce, quello della lingua è qui centrale. In “1984” George Orwell poneva la “neolingua” al servizio del regime totalitario del Grande Fratello: non solo una nuova forma di espressione verbale ma un mezzo in grado modificare le strutture mentali dell’essere umano, soffocando ogni pensiero libero o deviante dall’ortodossia ideologica. Ribaltando la prospettiva orwelliana, China Miéville utilizza lo strumento linguistico per innescare nella razza degli Ariekei una vera e propria Rivoluzione culturale, aprendole prospettive di sviluppo prima impensabili.

Al di là della trama, delle idee e degli omaggi ad altri scrittori sparsi nell’opera, EMBASSYTOWN si presenta come una grande avventura del linguaggio, in cui le ambiguità formali devono essere coltivate nella mente aliena: tutto quello che non viene detto esplicitamente, bensì con formule astruse e poco ovvie, serve allo scopo didattico della comunicazione. Perché ciò che è ambiguo può far pensare, anzi, può suscitare pensieri pericolosi, rivoluzionari, capaci di cambiare drasticamente una civiltà.

Un plauso infine al traduttore: non avendo letto l’opera in versione originale non posso giudicare la qualità dell’operato, ma indubbiamente il lavoro deve essere stato impegnativo, forse ostico. Non posso non ringraziarlo per aver portato a termine tale compito.

Stefano Sacchini

MievilleL’AUTORE

China Tom Miéville (Norwich, 6 settembre 1972) è uno scrittore inglese di romanzi di fantasy e fantascienza. Ama descrivere le sue opere come“new weird” (in omaggio a scrittori delle riviste pulp e horror come Howard Phillips Lovecraft), e appartiene a un gruppo eterogeneo di scrittori definito talvolta New Weird che stanno cercando di liberare la fantasy dai cliché di genere e commerciali degli epigoni di Tolkien. Miéville ha indicato la Trilogia di Borrible di Michael de Larrabeiti come una delle maggiori influenze sulla sua formazione. Miéville ha scritto un’introduzione per l’edizione del 2002 della trilogia, che però non è stata inserita nel volume; essa resta inedita.