Recensione: Asimov’s Magazine (settembre – ottobre 2017)

Antonio Ippolito0451110Contenuti:

  • Winds will rove, by Sarah Pinskler.
  • Riding the blue line with Jack Kerouac, by Sandra McDonald.
  • Universe box, di Michael Swanwick.
  • Dead men in Central City, by Carrie Vaughn.
  • Arriving at Terminal: Xi’s story, by James Gunn.
  • The Ganymede’s Gambit: Jan’s story, by James Gunn.
  • Zigeuner, by Harry Turtledove.
  • The fourth hill, di Dennis E. Staples.
  • The cabinet, by William Preston.
  • An incident in the literary life of Nathan Arkwright, by Allen M. Steele.
  • Squamous and Eldritch get a yard sale bargain, by Tim Mc Daniel.
  • Disturbance in the produce aisle, by Kit Reed.
  • Grand Theft Spacecraft, di R. Garcia y Robertson.
  • Books of the risen sea, by Suzanne Palmer.

Un anno è già passato, da quando scoprii che il numero di ottobre dell’Asimov’s Magazine è “the spooky issue”, dedicato a horror e weird quanto alla fantascienza (anche se in realtà almeno un ottimo racconto weird c’è in ogni numero).

Questa volta manca un romanzo breve ricco di invenzione e atmosfera come “The forgotten taste of honey” di Alexander Jablokov; in compenso, per indicare un altro racconto degno del Nebula, “Universe box” di di Michael Swanwick è un geniale e scatenato fuoco d’artificio di invenzioni cosmiche e comiche, scherzi irriverenti e disgrazie; qualcosa che sta tra la Guida Galattica e “The way it works out and all”, un racconto di Peter Beagle contenuto nel “Best of 2011” selezionato da Gardner Dozois.

Tutti i sottogeneri sono rappresentati: un fantasy molto urbano è “Riding the blue line with Jack Kerouac”, di Sandra McDonald, dove spiriti di scrittori appaiono ai conduttori del metrò di Boston; “The fourth hill”, di Dennis E. Staples, è una storia di incantesimi pellerossa, dove l’autore fa rivivere la cultura nativa, che è anche la sua, e i suoi difficili rapporti con la modernità; “Disturbance in the produce aisle”, un toccante racconto di fantasmi in un supermercato, forse l’ultimo racconto pubblicato da Kit Reed, mancata il mese scorso; “The cabinet” di by William Preston ricrea magistralmente le atmosfere espressioniste dei racconti di Kafka o dei film di Lang: la vita di alcuni impiegati di banca di una cittadina asburgica è sconvolta dall’arrivo di un circo con maghi e strane creature.

Il migliore di quest’area è forse “Dead men in Central City” della scrittrice di urban fantasy Carrie Vaughn: questo racconto dovrebbe appartente al genere “weird western”. Abbiamo niente meno che un vampiro, eternamente giovane, che fugge alla persecuzione di non si sa bene chi nelle cittadine di frontiera del vecchio West; in una tappa incontra niente meno che “Doc” Halliday, già protagonista con Wyatt Earp della “Sfida all’OK Corral” ma ormai seriamente afflitto dalla tubercolosi: grazie ai suoi Superpoteri lo aiuta a sfuggire a un duello che in realtà è un agguato. Ottimo racconto che si legge di un fiato; belli i personaggi del vampiro e di Halliday; sembra essere solo un capitolo di un’opera di maggiore respiro.

Passando alla fantascienza vera e propria, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Il numero si apre con “Winds will rove”, di Sarah Pinskler, racconto tutto al femminile ma per nulla rosa, fortunatamente. Su un’astronave generazionale si cerca di superare disastri informativi come la perdita della maggior parte delle tradizioni memorizzate alla partenza, causa sabotaggio; per recuperarle, per esempio, l’anziana protagonista e le sue amiche tengono in vita un gruppo di musiche folk irlandesi, altri il teatro, ecc. è uno sforzo eroico? O così si sta impedendo una naturale evoluzione culturale, come sostiene il nipote ribelle?

Il 94enne James Gunn sta vivendo un periodo di fertilità atrtistica: tra le altre cose, sta pubblicando “Transformation”, terza parte della trilogia “Transcendental”. Da questa leggiamo due estratti. “Arriving at Terminal: Xi’s story”, descrive la biologia degli abitanti di Xifora; una specie che raggiunge l’intelligenza e lo spazio, anche se non ci viene descritta fisicamente se non come vagamente umanoide. “The Ganymede’s Gambit: Jan’s story”, dove un gruppo di bambini cloni, tenuti su un asteroide posto in orbita intorno a Ganimede, vengono guidati dal padre (a sua volte nascosto in una base lunare), che impone loro di terraformare Ganimede. Ci riusciranno, creando unità riscaldanti atomiche e una pellicola che ingloberà l’intero satellite in una bolla che ne trattenga l’atmosfera; ma al prezzo di morire via via, a due a due, nelle varie fasi. In entrambi Gunn si dimostra ottimo autore di fantascienza hard.

Seguono due racconti di genere brillante. In “An incident in the literary life of Nathan Arkwright”, Allen M. Steele, autore della serie del pianeta Coyote, immagina che due fan prendano misure molto drastiche per impedire al loro scrittore preferito di smettere di scrivere: non dico altro per non guastare la lettura di un racconto piacevolissimo.

“Squamous and Eldritch get a yard sale bargain”, di Tim Mc Daniel, è un episodio di una serie: due mostri, che però convivono pacificamente tra gli umani, sono in caccia di un “libro maledetto” necessario al loro negozio di antichità e dotato di terribili poteri; dovranno però contenderlo a una cinica casalinga americana, tra una “garage sale” e l’avidità di lei.

“Grand Theft Spacecraft”, di R. Garcia y Robertson, è un’imponente racconto lungo del genere space opera.

Chiude il racconto forse più piacevole in assoluto: “Books of the risen sea”, by Suzanne Palmer, avventuroso e delicato. Dopo una catastrofe ambientale che ha allagato il mondo, l’umanità vive come può in paesini in riva al mare. Il protagonista si è costruito una fortezza nella ex libreria della sua cittadina e vive cercando di ricostruire più libri che può tra quelli salvati dalle acque, in particolare un romanzone fantasy. Una feroce scorreria di predoni lo porterà a difendere la sorella e anche il resto della famiglia da cui viveva isolato, e rifiutato perché transessuale; ci riuscirà con l’aiuto di un bislacco robot a sua volta estratto dal mare in tempesta, e riceverà in cambio un prezioso consiglio di vita: quello che manca nei libri che sta ricomponendo potrà benissimo ricrearlo lui.

Per concludere, una parola sulle rubriche. È un piacere leggere recensioni scritte da Norman Spinrad, o divagazioni su un qualunque argomento da parte dell’enciclopedico Robert Silverberg. Il primo, fa una panoramica di romanzi di fantascienza dalla matrice culturale non anglosassone: “Pirate utopia” di Bruce Sterling, ambientato a Fiume in Istria; l’anglo-israeliano Lavie Tidhar con il suo sperimentalissimo “Central Station”; “Binti” della nigeriana-americana Nnedi Okorafor, vincitrice di Hugo e Nebula 2016; “The devourers” dell’indiano Indra Das.

Antonio Ippolito