Recensione: ARMA INFERO – Il risveglio del Pagan (2018) di Fabio Carta

Recensione di Mario Luca Moretti609540652I tempi della cavalleria di Dragan sono finiti, le sue ultime vestigia seppellite dalle ceneri radioattive di una guerra infinita. Il logoramento in trincea è quanto resta al glorioso esercito della Falange, la desolazione di una nazione distrutta è ciò che accoglie al ritorno Lakon e Karan. Nell’agonia di un’umanità contaminata nel corpo e nella mente, esiste solo un modo per ribaltare lo stallo della guerra civile e ridare slancio alla santa corsa alle stelle, verso lo spazio, dove la salvazione attende i fedeli del Martire Tiranno. Ma il valore dei nuovi ulani volanti non può bastare: solo l’antico potere nascosto dello zodion può riuscirvi. Lakon lo sa.  È finalmente giunto il tempo che il Pagan si risvegli.

Titolo: Arma Infero: Il risveglio del Pagan | Autore: Fabio Carta | Editore: Inspired Digital Publishing | Pubblicato: 11 settembre 2018 | Romanzi precedenti:  Arma Infero 1: Il Mastro di Forgia e Arma Infero 2: I Cieli di Muareb

Il risveglio del Pagan è il terzo volume del ciclo di Arma Infero, dopo Il Maestro di Forgia e I cieli di Muareb. Ogni romanzo inizia dove finisce il precedente, e più che di un ciclo si dovrebbe parlare di un unico, ciclopico romanzo suddiviso in vari volumi. Anche stavolta, data la lunghezza e la complessità del terzo episodio come degli altri due, cercare di riassumerne la trama nello spazio di una recensione sarebbe impossibile. Si possono comunque individuare alcune linee guida.

Continua il racconto di Karan, con le vicende del suo rapporto con l’amico Lakon, anche se il concetto di “amicizia” tra loro è decisamente ampio e include una serie di legami che travalicano i sentimenti o la collaborazione per entrare nel trascendentale. I temi conduttori di Il risveglio del Pagan sono la guerra e la fede religiosa. Il risveglio… si apre infatti con una guerra e si conclude con un’altra. Allo stesso tempo vediamo la metamorfosi di Lakon, a suo modo morto, reincarnato, risorto e trasceso in una nuova identità che fonde uomo, macchina e divinità. E così, in questa nuova incarnazione e in un rapporto con Karan del tutto reinventato, assistiamo alla continuazione della guerra civile fra la Falange e i cosiddetti Realisti, condividendo il punto di vista di Karan (come sempre del resto).

Nel racconto della guerra civile, Carta prende spunto dalle vicende della I Guerra Mondiale, rielaborando nel suo romanzo vicende, tattiche, situazioni: l’uso dei salienti, i logoranti posizionamenti, le sofferenze dei soldati sono ricreate in un ambito narrativo fantastico (le armi chimiche diventano armi nucleari, ad esempio), ma i parallelismi sono evidenti eppure tempo tutt’altro che pedissequi e la loro reinvenzione risulta suggestiva e ingegnosa. L’autore non si limita a raccontare le vicende strettamente militari, ma costruisce attorno a dentro di esse un intreccio fatto di intrighi politici e cortigiani. Il risultato è un mosaico davvero complesso eppure magistralmente condotto, ricco di particolari fantastici ma ugualmente credibili e umanissimi, che lasciano il lettore avvinto e affascinato.

Nelle vicende di questa prima parte di Il risveglio del Pagan si fà lentamente strada la figura del “nuovo” Lakon, che assume sempre più il ruolo non solo del prototipo di una nuova umanità, ma anche quello di profeta e leader religioso, iniziatore di una nuova fede, che si ripromette di unificare i popoli di Muareb.

Dal punto di vista narrativo, tutta questa prima parte è un caleidoscopio composito di straordinaria ricchezza e fascino, e l’autore riesce a gestirla con ammirevole equilibrio e grande tensione narrativa, in una costruzione sfaccettata e credibile, con una caratterizzazione attenta ai vari personaggi, anche quelli secondari. Dal punto di vista stilistico l’unico neo è una certa verbosità nei dialoghi, talvolta troppo lunghi e ampollosi.

La seconda parte del libro si concentra su un’altra guerra, quella che i fedeli di Lakon, raccoltisi nel deserto, lanciano contro la città di Zoshima. Il misticismo della prima parte qui sfocia pesino nel fanatismo, mentre gli aspetti religiosi del personaggio di Lakon assumono sempre di più quelle connotazioni che lo porteranno ad assumere il titolo di Martire Tiranno, enunciato fin dal primo volume ma non ancora pienamente spiegato nemmeno in questo terzo episodio.

Nonostante la narrazione resti sempre in ambito bellico, Carta riesce a non ripetersi in questa seconda parte, e costruisce una nuova, sorprendente e suggestiva creazione all’interno del mondo di Muareb. L’ambiente della setta di Lakon assume caratteristiche inedite eppure di ricca suggestione e il trattamento di questa nuova guerra risulta ancora una volta avvincente e ricco di trovate. Non mancano neanche qui riferimenti storici, come sempre traslati in ambito fantastico, a cominciare dall’intreccio efferato fra guerra e fanatismo religioso.

Un aspetto importante della saga, e qui forse ancor di più, è quello del sogno, e fra i pezzi di bravura del terzo volume ci sono senz’altro i vari momenti in cui Karan riceve nei suoi sogni le rivelazioni di Lakon: momenti ricchi di suggestione visiva e visionaria. Ma mi piace ricordare anche il lungo episodio della battaglia dell’Anello Orbitale: un piccolo capolavoro di tensione narrativa e immaginazione descrittiva.

Mario Luca Moretti