Il cinema di fantascienza nel periodo del muto

Articolo di Gian Filippo PizzoGeorges_Melies_1Il cinema, inteso come spettacolo, e la fantascienza, intesa come “genere”, nascono in pratica contemporaneamente. Nel 1895, che per questo è considerato ufficialmente l’anno di nascita della Settima Arte, i fratelli Lumière presentano la loro invenzione, appunto il “cinematografo”. Si trattò per la verità più di un avvenimento mediatico, come diremmo oggi, che di un’effettiva novità tecnologica, perché l’apparecchio dei Lumière non era che l’evoluzione di altre macchine già esistenti e l’apporto più importante era costituito dal fatto che uno stesso apparecchio poteva fungere sia da macchina da presa che da proiettore (oltre che, per la verità, dall’aver inventato la pellicola dentellata, che permetteva uno scorrimento più preciso). In ogni caso fu un avvenimento epocale.

Ma i Lumière non avevano capito appieno le potenzialità della loro creazione, che consideravano una curiosità buona solo per documentare l’esistente. I loro primissimi lavori furono appunto quelli che oggi definiremmo documentari, perché riguardavano l’uscita degli operai dalla fabbrica o l’arrivo del treno alla stazione (che, incidentalmente, potremmo anche considerare il primo film “horror”, visto il panico che provocò tra gli spettatori, timorosi di essere investiti dalla locomotiva), e solo qualcosa come “l’annaffiatore annaffiato” aveva un barlume di soggetto, pur essendo in fondo solo un pezzetto di vita familiare.

A capire le enormi possibilità del cinematografo fu, non a caso, un uomo di teatro, George Méliès, che iniziò a realizzare film “a soggetto”, a volte inventando storie originali, più spesso attingendo a classici della letteratura popolare o ad argomenti mitologici, che ben si prestavano. E – appunto – queste storie erano essenzialmente fantastiche o fantascientifiche ante litteram. Non c’erano drammi amorosi, tragedie familiari, vita vissuta o spaccati sociali (tutt’al più commedie leggere) ma viaggi straordinari e avventure “fuori dal mondo”. Méliès fu subito imitato e così ci fu un profluvio di esplorazioni spaziali e avventure esotiche (anche se presto sarebbe arrivata pure una speculazione sul futuro più vicina al concetto odierno di fantascienza).

1La parola “fantascienza” ancora non esisteva, sarebbe stata coniata – ci riferiamo all’originale Science Fiction – solo nel 1926, e dunque i film non erano etichettati (ma questo vale anche per gli altri generi cinematografici, normalizzati solo molto dopo), così come anche nella narrativa si poteva parlare dei “viaggi straordinari” di Verne e dei “romanzi scientifici” di Wells, questi ultimi scritti esattamente nello stesso periodo. Ma ciò non toglie che, sia pure a posteriori, molte pellicole di quell’epoca siano classificabili come fantascienza.

Certo è una fantascienza molto primitiva, ingenua, poco rispettosa dei dati scientifici nonostante ci fosse una certa attenzione per questi, visto che ancora si respirava l’aria del Positivismo. Prevaleva l’aspetto dello stupefacente e del meraviglioso e così le stelle erano ballerine danzanti e la Luna un’allegra faccia ridente… Ma il fascino di queste vecchie pellicole sta proprio nel loro candore e così possiamo perdonare ingenuità quali l’atterraggio con un ombrello o un’astronave con le ruote.

Gli inizi

Sebbene vi siano discordanze da parte degli studiosi su quale sia da considerare il primo film di fantascienza in assoluto, ci sono pochi dubbi su chi sia stato il suo creatore: Georges Méliès, che nella sua tomba al cimitero Père Lachaise di Parigi è ricordato come “creatore dello spettacolo cinematografico”. Qualche dubbio resta, perché in realtà la Charcuterie mecanique dei fratelli Lumière del 1895 sembrerebbe in effetti più pregnante, in quanto mostra una macchina avveniristica, una “salumeria meccanica” che fornisce istantaneamente salami e prosciutti una volta inserito un maiale vivo al suo interno. Ma per la costanza di produzione, per l’importanza storica, per l’invenzione dei primi effetti speciali, per lo sguardo verso lo spazio esterno, per il ricorso a soggetti letterari, noi preferiamo considerare Méliès.

PSY1330435600PS4f4cd61084d36Tra le innumerevoli pellicole da lui girate, della durata di pochissimi minuti, riteniamo che Il viaggio nella Luna del 1902, più del Sogno di un astronomo (1898) o delle perdute Gugusse et l’automaton e Un chirurgien Americain (entrambe del 1897), abbia le caratteristiche per essere considerata la prima di fantascienza: intanto la storia è presentata come vera e non come sogno, seguendo l’approccio parascientifico tipico della Science Fiction (SF), poi è il film più lungo girato dal regista (21 minuti, contro una media che allora era di 5) e quello di maggior impegno (una dozzina di personaggi tutti contemporaneamente in scena ne fanno un kolossal dell’epoca), è ispirato a un testo letterario importante per la letteratura di SF ed è la sua opera di maggior successo, tanto che – pare – fu per contenere le folle che non riuscivano a entrare nei locali allora impiegati per le proiezioni che furono costruite negli USA le prima sale cinematografiche.

Il film racconta nella prima parte la costruzione e il lancio della prima astronave verso la Luna, seguendo abbastanza fedelmente la trama del romanzo cui è ispirato, Dalla Terra alla Luna di Jules Verne (1865), e nella seconda parte l’allunaggio, lo scontro con i ridicolmente mostruosi “lunatici” e infine il ritorno sulla Terra con il classico ammaraggio. Non convince l’ipotesi che questa seconda parte sia ispirata a I primi uomini sulla Luna di H. G. Wells (1900), in primo luogo perché il romanzo wellsiano era molto recente e appena tradotto in francese, e poi perché in realtà non ne prende nessuno spunto. E’ più probabile che si tratti di una autonoma invenzione di Méliès, magari con qualche suggestione morfologica derivata da Les Etats et Empires de la Lune di Savinien Cyrano de Bergerac (1657). Esistono due versioni di questo film, quella reputata più originale della durata di 21 minuti e parzialmente colorata a mano, e quella in bianco e nero di 15 minuti e 30 quadri (ossia 30 scene: la macchina da presa allora era statica), che è quella circolata in Italia e vista nei cineforum.

georges-melies-le-voyage-dans-la-lune-threeUn immaginario Club degli Astronomi diretto dal professor Barbenfouillis (lo stesso Méliès) organizza un viaggio sulla Luna mediante una navicella sparata da un enorme cannone; giunti sul nostro satellite i valorosi astronauti dovranno combattere contro gli ostili seleniti, dall’aspetto insettiforme, che fortunatamente possono venire distrutti semplicemente prendendoli a ombrellate. Per il ritorno, dove saranno attesi da grandi festeggiamenti, è sufficiente lasciar cadere la navicella verso il basso e questa tornerà sulla Terra, con un lunare ancora attaccato ad essa… A testimonianza della fama e della validità della pellicola – forse la più vista in assoluto del periodo del muto – c’è il fatto che ancora oggi suoi spezzoni sono utilizzati in vari filmati, e il fotogramma con l’immagine della Luna colpita in un occhio dall’astronave è stata usata innumerevoli volte. Méliès reclutò le ballerine del teatro Chatelet (le aiutanti del professore ma anche le stelle) e gli acrobati delle Folies Bergère (i seleniti), e non a caso l’opera ha il ritmo di un balletto, per quanto muto.

Méliès girò altre pellicole di un certo interesse per la nostra storia, come il Viaggio attraverso l’impossibile (1904) e Ventimila leghe sotto i mari (1907) ancora ispirati a Verne, e altre oggi perdute, ma per la verità il suo mondo ruota più attorno al fantastico e favolistico che verso la speculazione avveniristica.

Viaggi spaziali e amori interplanetari

Yambo (Enrico Novelli)D’altronde, tutti i film del periodo pioneristico della fantascienza cinematografica sembrano basarsi, più che sulla estrapolazione storico-sociale, sull’esplorazione spaziale e l’incontro con extraterrestri. Viaggio intorno a una stella di Gaston Velle, del 1906, racconta di un astronomo che riesce a raggiungere, grazie a una bolla di sapone (la pellicola è chiaramente satirica nei riguardi di Méliès), un pianeta da lungo tempo osservato al telescopio. Qui giunto, viene festosamente accolto dalla regina e da uno stuolo di belle fanciulle, ma Giove geloso lo rispedisce con violenza sulla Terra dove, nonostante all’inizio usi l’ombrello come paracadute, finisce infilzato in un parafulmine. Ancora incontri con fascinosi partner alieni e conseguenti matrimoni in When the Man in the Moon Seeks a Wife di Percy Stow (1908) e poi nell’italiano Un matrimonio interplanetario (1910) di Yambo (Enrico Novelli). The Airship Destroyer, noto anche come The Battle in the Clouds, di Walter R. Booth (1909) è la descrizione di come veniva immaginato un possibile bombardamento aereo ma soprattutto mostra l’invenzione di una specie di missile contraereo: siamo quindi nel campo della estrapolazione tecnologica propriamente detta. Nello stesso anno Segundo de Chomón, spagnolo naturalizzato francese con al suo attivo diversi film attinenti alla nostra storia e che poi lavorerà anche a Cinecittà, realizza Excursion dans la Lune, talmente simile al Viaggio nella Luna di Méliès (del quale era stato allievo) da poter essere considerato un plagio (visto che il concetto di remake non esisteva ancora).

Un esempio dell’interrelazione tra fatti storici e sociali e cinema fantascientifico, a dispetto di chi vede nella produzione filmica solo improbabili opere di pura fantasia, è dato da The Comet del 1910, di regista sconosciuto, ispirata dal passaggio proprio in quello stesso anno della cometa di Halley e probabilmente primissimo film di genere catastrofico (fantascientifico e non). Nello stesso anno da segnalare la prima riduzione per lo schermo di un testo che sarà riproposto innumerevoli volte, anche se con valenze più orrorifiche che fantascientifiche: il Frankenstein di Mary Shelley (1818), diretto da J. Searle Dawley. Tra l’altro, questa dovrebbe essere la prima pellicola di SF a far uso delle didascalie esplicative tra una scena e l’altra, che non erano utilizzate regolarmente anche se il loro uso era cominciato attorno al 1903. Entrambi questi film furono prodotti dalla Kinetograph di Thomas Alva Edison, da dove proviene anche A Trip to Mars (1910), considerato il primo film di fantascienza spaziale prodotto negli Stati Uniti: uno scienziato inventa una sostanza antigravitazionale che gli consente di arrivare (senza tuta!) su un improbabile Pianeta Rosso.

Le avventure straordinarissime di Saturnino FarandolaPoco da segnalare negli anni immediatamente successivi, perché molti film, di cui esiste comunque una documentazione, risultano oggi perduti; peccato, perché vi erano registi quali Mack Sennet, Abel Gance e il solito Méliès. Ai margini della nostra trattazione possiamo citare un paio di Dr. Jekyll e Mr. Hyde (1912 e 1913) e Le avventure straordinarissime di Saturnino Farandola (1913) di Marcel Fabre, tratto del romanzo di Albert Robida (1879) ma di produzione italiana (il film è diviso in quattro parti, di cui solo l’ultima, Farandola contro Fileas-Fogg, di un qualche interesse fantascientifico). A Message from Mars di J. Wellet Walzer (1913) è una versione fantascientifica del dickensiano Canto di Natale (1843), in cui un marziano inviato dal proprio sovrano con funzioni di angelo sostituisce lo spettro del socio di Scrooge; ne sarà fatto un rifacimento nel 1921.

Nel 1916 abbiamo una versione di Ventimila leghe sotto i mari (1869-70) di un certo interesse dal punto di vista tecnico, perché si tratta della prima pellicola girata con vere riprese sottomarine, e ciò grazie all’invenzione della cinepresa subacquea, dovuta ai fratelli Williamson, che affiancarono il regista Stuart Paton nella realizzazione di queste scene. Poco rispettoso del romanzo di Verne, che è seguito solo nella parte iniziale, fino al naufragio della “Abramo Lincoln” e alla cattura da parte del capitano Nemo del professor Aronnax, del fiocinatore Ned Land e della figlia del professore (che in questo caso sostituisce il segretario Conseil) è più che altro teso a mostrare le meraviglie del mondo marino, ma nonostante la novità tecnologica fu ugualmente un flop e gli stessi Ernest e George Williamson, che avevano co-finanziato l’impresa per propagandare la loro invenzione, ci rimisero soldi.

Verdens-Undergang-2Verdens Undergang (noto anche come The End of the World) è un raro film danese di August Blom che sembra ancora risentire non tanto del recente passaggio della cometa di Halley quanto soprattutto della distruzione provocata dalla guerra. Mostra infatti prima il panico creato dalla notizia dell’imminente caduta di un asteroide, poi la devastazione conseguente, ma è una pellicola troppo lunga e lenta, per tre quarti impegnata dalla descrizione della società del periodo e da una storia sentimentale, che diventa interessante solo nelle scene catastrofiche finali. Il suo protagonista, Olaf Fönss, è l’interprete anche di Homunculus di Otto Rippert, storia di un bambino “nato senza amore”, cioè creato in laboratorio, che da adulto sarà incapace di sentimenti e alla fine pagherà con la morte i suoi peccati. Pellicola con atmosfere gotiche più che fantascientifiche, è ancora una variazione del mito di Frankenstein ma anche un’anticipazione di Alraune, di cui parliamo tra poco. Non sfugge alla tendenza del viaggio spaziale Himmelskibet (in italiano L’astronave o La nave dei cieli), altro film danese del 1918 per la regia di Holger-Madsen, che apparentemente potrebbe sembrare appartenente alla categoria degli “amori interplanetari” ma in realtà se ne differenzia per l’aspetto politico-sociale, come l’Aelita di cui parliamo più avanti. Avanti Planetaros – si chiama proprio così – dopo un viaggio di ben sei mesi (dato profeticamente in linea con le ipotesi astronautiche di oggi) sull’astronave “Excelsior”, durante i quali vi sarà anche un tentativo di ammutinamento da parte dell’equipaggio stanco, raggiunge Marte e vi trova una civiltà idilliaca, vegetariana e pacifica. Innamoratosi della figlia del re Marya, ottiene di portarla sulla Terra purché lei possa diffondere il suo credo antimilitarista. Siamo in piena Guerra Mondiale e il messaggio pacifista è chiaro, in un film che mantiene ancora la freschezza originale e al quale si possono perdonare ingenuità come la nave spaziale con le ruote.

Città perdute

19112015l_atlantideUna visione tutta terrestre sul tema delle civiltà scomparse è data dal film seguente. Pierre Benoit non era uno scrittore d’avventure ma un sofisticato stilista, perciò il suo romanzo L’Atlantide (1919), con la sua ambientazione esotica, non poteva non colpire un vasto pubblico, che infatti gli decretò un grande successo. E siccome le leggi del marketing funzionavano un secolo fa proprio come adesso, fu naturale che si pensasse di ricavarne un film, affidato all’esordiente belga Jacques Feyder, al quale fu chiesto almeno di emulare i peplum – i film di ambientazione storica antica – che si producevano con buoni risultati a Cinecittà. La trama immagina che il regno di Atlantide non si trovasse in mezzo all’oceano ma fosse ancora esistente nel deserto del Sahara e attualmente retto da una regina di nome Antinea. Lì capitano, dispersi dopo una missione, due ufficiali della Legione Straniera, Morhange e Saint-Avit, che finiscono entrambi per innamorarsi della sovrana e dunque diventare nemici; risolverà la vicenda, per modo di dire, un terremoto che distruggerà per sempre il regno atlantideo. Il film, uscito nel 1921, segue fedelmente il testo letterario e consegna alla storia un personaggio estremamente fascinoso, appunto Antinea, che sarà ripreso più volte dalla cinematografia, ma il suo merito è soprattutto quello di riuscire a rendere visivamente le belle descrizioni ambientali presenti nel romanzo. In quest’anno c’è da registrare anche un avvenimento – non cinematografico ma sempre pertinente al mondo dello spettacolo – che ha una certa importanza per la nostra storia: la rappresentazione della commedia di Karel Capek R.U.R., che da Praga verrà portata in tutto il mondo con grande successo e diffonderà un neologismo decisamente fortunato: “robot”.

testamento_del_Doctor_Mabuse_-_Das_Testament_des_Dr_Mabuse_-_tt0023563_-_1933_-_Fritz_Lang__-_dn1Il dottor Mabuse di Fritz Lang (1922), una straniata visione della Repubblica di Weimar attraverso ardite speculazioni finanziarie, entra solo di straforo nella nostra trattazione (anche se è regolarmente citato dagli altri studi) perché il protagonista riesce a compiere le sue malefatte grazie a potentissimi poteri ipnotici che gli consentono di controllare le menti altrui. E, sempre a proposito delle esistenti interrelazioni tra i fatti storici e l’immaginario cinematografico, dobbiamo citare Radio Mania di Roy William Neil, chiaramente ispirato a quel recente ritrovato tecnologico che era il “telegrafo senza fili” di Guglielmo Marconi. E’ infatti grazie alle onde radio che lo scienziato protagonista riesce a contattare i suoi colleghi di Marte, ma l’opera è interessante anche perché è un primo rudimentale tentativo di visione tridimensionale. Allora come negli anni Cinquanta e ai nostri tempi erano necessari appositi occhialini, ma i tempi evidentemente non erano ancora maturi. L’anno successivo avviene l’esordio nella regia di un grandissimo come René Clair, proprio con un film fantascientifico, anche se poi Clair prenderà tutt’altre strade. Parigi che dorme (1923, ma distribuito solo due anni dopo) racconta di Albert, il guardiano notturno della Torre Eiffel, che si sveglia in una Parigi completamente addormentata: tutto sembra essersi fermato nel corso della notte, le persone sono immobilizzate nelle pose più strane (un suicida in procinto di gettarsi nella Senna, un ladro che scappa da un poliziotto… ). A lui si uniscono altri cinque personaggi reduci da un viaggio in aereo e insieme scoprono uno scienziato pazzo che aveva lanciato un raggio in grado di congelare tutti e infine riescono a riportare la normalità. Film divertente, con un’ottima fotografia e belle scene panoramiche di una Parigi pressoché deserta.

Si affaccia la politica

MetropolisposterAelita di Jakov Protazanov (1924) è il primo film di SF con un forte impegno politico, oltre che il primo dell’Unione Sovietica. Tratto da un romanzo (1923-24) di Alexei Tolstoj – parente di Lev e stranamente pupillo di Stalin, nonostante il suo comunismo non ortodosso – racconta del contatto mediante onde radio e telescopio tra il tecnico Los sulla Terra e Aelita su Marte, dove il padre di lei Tuskub tiranneggia in modo feroce gli operai, al punto che quando questi non sono utilizzati vengono ibernati. Animato da sincero fervore rivoluzionario, Los insieme a Gusev costruisce un’astronave e si reca sul Pianeta Rosso, dove sobilla il popolo e riesce a provocare una rivoluzione, proprio con l’aiuto di Aelita. Ma il finale è amaro e inatteso, perché si risolverà semplicemente con la sostituzione di Tuskub da parte di Aelita, che ne eredita la dittatura. Il fatto che tutto ciò si riveli solo un sogno non inficia il valore fantascientifico del film, da apprezzare per la scenografia futuristica e le visioni oniriche, anche se il libro è più compiuto nella descrizione dei marziani (e ne spiega l’uguaglianza con i terrestri mediante il ricorso a una comune discendenza dagli atlantidei). L’anno dopo esce Il mondo perduto di Harry Hoyt, tratto dal romanzo omonimo di Arthur Conan Doyle (1912), che ha abbandonato il suo Sherlock Holmes per presentarci un altro straordinario personaggio, il professor George Edward Challenger. Lo scienziato scopre un angolo sperduto nel Sudamerica dove sopravvivono flora e fauna preistorici e ne organizza l’esplorazione; dopo difficoltà e scontri con i giganteschi sauri, gli esploratori catturano un brontosauro, che però una volta trasportato a Londra riesce a fuggire e a seminare il panico, fin quando non arriva sul Ponte di Londra che crolla sotto il suo peso, facendolo annegare nel Tamigi. Una trama simile verrà meglio sviluppata nel King Kong di Schoedsack e Cooper del 1933, molto più ricco di implicazioni; qui è un tripudio di effetti visivi, dovuti a Willis O’Brien, uno dei primi maestri degli effetti speciali.

Il 1926 vede l’arrivo di uno dei più notevoli film del genere, il Metropolis di Fritz Lang, oggi ancora reperibile in DVD in una versione che comprende le scene tagliate dal regista dopo la fallimentare “prima” e miracolosamente ritrovate nel 2008 a Buenos Aires. Metropolis è la megalopoli del futuro, con strade sopraelevate e grattacieli dotati di tutte le comodità, compresi ampi giardini con fontane, dove vivono i ricchi, gli industriali e i manager. Nella parte bassa e nel sottosuolo vivono invece gli operai che hanno il compito di mantenere in funzione l’enorme macchina – il Moloch, come l’infernale dio fenicio – che fornisce l’energia necessaria a fare funzionare il tutto. Aldilà della trama – che vede la rivolta dei proletari, sobillati da un robot che si è sostituito alla loro leader, e la distruzione della Macchina, per finire poi con una pacificazione generale degna dell’Apologo di Menenio Agrippa – il film è davvero epocale per la grandiosità delle scenografie, gli effetti speciali, la presenza di un robot (anzi, una “robotrix” al femminile) e l’interpretazione espressionista di tutti gli attori.

Alraune1928posterIn quell’anno si ha anche la nascita ufficiale della narrativa fantascientifica con la prima rivista dedicata, l’americana “Amazing Stories”, ma prima che il genere letterario venga associato anche ai film passerà molto tempo. Con La Mandragora di Henrik Galeen (1927), capolavoro minore dell’Espressionismo tedesco, siamo nuovamente ai margini del genere: si tratta di un dramma psicologico, la storia di una fanciulla, Alraune, la cui vita dissipata porta alla rovina gli uomini che la frequentano. Il motivo per cui la pellicola è regolarmente citata nelle storie dei fantafilm è data dal fatto che la nascita di Alraune anticipa in qualche modo quelle che sono oggi le problematiche relative all’inseminazione artificiale e alla manipolazione genetica, infatti la ragazza viene concepita da una prostituta fecondata dal seme di un delinquente impiccato. La tesi del suo creatore e genitore adottivo, il professor Brinken, che la personalità sia data dall’educazione e non dall’ereditarietà viene così smentita. Nel 1929 si ha il ritorno di Fritz Lang con Una donna sulla Luna, storia del primo sbarco terrestre sul nostro satellite – anzi, sul suo lato nascosto, ricco di aria, acqua e oro (!) – da parte di una squadra comprendente due scienziati, due malviventi, una donna e un ragazzino imbarcatosi clandestinamente. Stavolta però la trama è pasticciata e carente dal punto di vista narrativo, con una parte più giallistica e una più avventurosa, complicate da un triangolo amoroso. Solo l’accuratezza (per l’epoca) scientifica, grazie alla collaborazione di scienziati rinomati quali Willy Ley e Herman Oberth, e la bellezza delle scene salvano questo film. Citiamo anche, sebbene non sia mai giunto in Italia, l’inglese High Treason di Maurice Elvey, chiaramente ispirato a Metropolis per quanto riguarda la scenografia (notevole la rappresentazione della Londra del futuro) ma anche anticipatore de La vita futura (1936) soprattutto nell’immaginare una possibile guerra nel 1940 tra la Federazione di Stati Europei e quella Atlantica; nel 1930 ne sarà rilasciata una nuova versione ottimamente sonorizzata.

Lo spartiacque

The_Mysterious_Island_1929_Jane_DalyI film fin qui citati sono per la maggior parte di produzione europea, gli Stati Uniti non hanno ancora preso il sopravvento sulla produzione degli altri paesi e la cinematografia ha appena cominciato a rivelarsi un affare economico capace di grandi profitti. Un impulso ulteriore viene dall’invenzione del sonoro che risale ad appena un paio di anni prima (il famoso Il cantante di jazz con Al Johnson, 1927). C’è proprio un film di fantascienza che funge da curioso spartiacque tra il muto e il sonoro, L’isola misteriosa, dovuto nello stesso 1929 a un trio di registi: Lucien Hubbard, Maurice Tourneur e Benjamin Christiansen. Si trattava di una produzione di un certo impegno, con riprese subacquee e scene parzialmente colorate grazie a un innovativo ma incompleto metodo di stampa dei negativi (il technicolor a due colori), giustificata dalla presenza di un divo dell’epoca che doveva garantirne gli incassi, Lionel Barrimore. Ma la lavorazione durò troppo e quando fu ultimata i produttori si trovarono di fronte al fatto compiuto della sonorizzazione di tutti i film in uscita, perciò decisero di interpolare delle scene parlate, essenzialmente dei colloqui alla radio tra la base e i sommergibili; si vede però benissimo che sono aggiunte posteriori e danno troppo l’idea di attaccaticcio. Dal punto di vista della trama il film non ha niente a che vedere con il romanzo di Jules Verne dal quale dovrebbe essere stato tratto (1874), che del resto non ha di fantascientifico che la presenza nelle scene finali del capitano Nemo e del suo “Nautilus”. Comunque il film è decisamente fantascientifico, con il conflitto tra il sottomarino del capitano Dakkar, sovrano dell’isola di Hetvia, e quello del suo spodestatore Fallon, l’intervento di una sconosciuta razza di uomini pesce e la scena della lotta contro la piovra gigante (ottimamente realizzata e che diventerà un passaggio obbligato per tutti i film fantastici di ambientazione marina).

(Estratto da Guida al cinema di fantascienza di Roberto Chiavini, Gian Filippo Pizzo e Michele Tetro, Odoya Edizioni, 2014)

Gian Filippo Pizzo