Edgar Rice Burroughs: I sogni fantastici di un uomo comune

Alessandro ViettiEdgar Rice BurroughsDall’altra parte dell’oceano, a Southampton, lo scafo del Titanic, quel Titanic, è appena stato varato, ma ci vorranno ancora molti mesi prima che tutte le sovrastrutture siano completate in vista del suo viaggio inaugurale.

Da questa parte dell’oceano, invece, a Chicago, un uomo comune, trentacinque anni, invero abbastanza spiantato, che probabilmente nulla sa del Titanic, lavora come commerciante all’ingrosso di temperamatite. Un lavoro che non può proprio definirsi duro, ma allo stesso tempo nemmeno granché remunerativo, per lo meno non abbastanza per uno come lui che ha una moglie e due figli da mantenere. Uno dei suoi compiti è di controllare che gli annunci pubblicitari dei prodotti che commercializza compaiano regolarmente su quelle riviste da quattro soldi, “pulp” le chiamano, a causa di quella carta scadente su cui stampano storie degne di quella stessa carta, roba di puro intrattenimento, insomma, vere e proprie vie di fuga da una realtà che a quest’epoca spesso non riserva molte consolazioni.

Amazing StoriesE siccome controllare gli annunci è un’attività tutto sommato veloce da portare a termine, e nell’attesa che arrivi il suo rappresentante a fare rapporto sulle vendite (nulle), non c’è molto da fare, l’uomo comune a un certo punto comincia a leggerle, quelle riviste piene di mostri e donne provocanti.

Va detto che l’uomo comune ha provato molti lavori finora in vita sua, a cominciare dall’accademia militare, forse spinto dal padre, veterano della Guerra Civile. Ha provato pure l’esame di ammissione a West Point, ma gli è andata male (o bene, a seconda dei punti di vista) e quindi ha dovuto adattarsi a fare il soldato nel Reggimento del 7° Cavalleggeri, lo stesso del Generale Custer per intendersi, di stanza a Fort Grant. Più tardi lui stesso avrebbe descritto quel periodo come quello in cui lui doveva dare la caccia agli Apache, ma non ne aveva mai preso uno. Tutto quello che era riuscito a prendersi in quel periodo era stata la dissenteria. Poi, durante una visita medica, gli avevano diagnosticato un soffio al cuore e lo avevano dichiarato inabile al servizio.

Amazing StoriesAllora l’uomo ordinario non poteva saperlo, e se mai ci pensò, fu solo dopo molti anni, ma quel soffio era stato il respiro della dea bendata. A questo punto della sua vita di anni lui ne aveva ancora venticinque, ma il suo futuro, svanita la prospettiva militare, era tutto a inventare.

Non poteva che sbarcare il lunario. Aveva fatto un po’ di tutto. Lavorante per i suoi fratelli in un ranch in Idaho, cercatore d’oro, milite della polizia ferroviaria e venditore, di lampadine ai bidelli nelle scuole, di caramelle alle drogherie, di libri porta a porta. Tutti lavori che odiava. Nel frattempo, nonostante la precarietà, alla quale peraltro non era facile sfuggire, l’uomo comune aveva pensato bene di sposarsi con Emma, la sua amica d’infanzia e ci aveva fatto anche due marmocchi. Insomma, mentre dall’altra parte dell’oceano, a Southampton, cominciavano a costruire i lussuosi (e inconsapevoli) interni del Titanic, le bocche da sfamare erano tante e i soldi in tasca sempre molto molto pochi al punto che gli era capitato di dover impegnare i gioielli della moglie e l’orologio per comprare del cibo. Quel periodo durò più di dieci anni, ma l’uomo comune era uno testardo, uno che voleva farcela.

Edgar R.BurroughsCosì dopo aver macinato parecchie di quelle riviste e di quei racconti, a un certo punto l’uomo comune maturò un’idea che suonava più o meno così: “Se la gente viene pagata per scrivere sciocchezze come queste, posso farlo anch’io”. Molti anni più tardi, quando l’uomo comune da parecchio tempo ormai non era più un uomo comune, interpellato su questo periodo della sua vita ammise che all’epoca era perfettamente consapevole di poter scrivere storie come quelle, anzi probabilmente di poterlo fare meglio. Insomma all’uomo comune non mancavano certo l’ambizione, l’intraprendenza e la sicurezza di sé, forse perfino un po’ di presunzione. Sempre, s’intende, che l’uomo (non) normale, non abbia voluto divertirsi a costruire intorno a sé un alone leggendario. Non lo sapremo mai. Di certo quando iniziò a scrivere, l’uomo comune non era completamente digiuno di scrittura e di creazioni narrative, come tutti forse, essendosi inventato per lo più fiabe per figli e nipoti.

Ma stavolta, in quei momenti di pausa, si mise al lavoro su qualcosa di grosso, un vero e proprio romanzo, qualcosa di davvero distante dall’orizzonte di un semplice venditore di temperamatite.

Princess of MarsNon ci impiegò molto a buttarlo giù e lo intitolò “Dejah Torris, principessa di Marte”. Tuttavia l’uomo comune non era immune da una certa vergogna per quella strana occupazione di scrittore e temeva di essere preso dagli editori per uno fuori di testa. Così decise di proporre il romanzo sotto pseudonimo e come suo alter ego scelse il nome “Normal Bean” (letteralmente una “testa comune”, un modo di dire che può essere tradotto con, appunto, uomo comune). Fu nell’inviarlo alla rivista The All-Story, all’epoca diretta da Thomas Metcalf, a risentire il sibilo del respiro della dea bendata. L’uomo comune fece infatti centro al primo colpo. Metcalf fu entusiasta del romanzo e glielo pagò 400 dollari, non proprio una somma ridicola per l’epoca: il valore odierno equivarrebbe a poco più di 9000$!

Il romanzo uscì a puntate tra febbraio e luglio 1912, giusto in tempo per assistere al tragico epilogo del viaggio inaugurale del Titanic, con il titolo “Sotto le lune di Marte” e la firma di Norman Bean, dunque sbagliata, apparentemente per un errore tipografico (o perché Norman è un nome, mentre Normal no).

Tarzan Ma con quei 400 verdoni in mano all’uomo comune non gliene poteva importare di meno. Fiutava evidentemente di aver trovato la sua strada, se per la fine dell’uscita dell’ultima puntata del suo primo romanzo, aveva già terminato il terzo. Il secondo, intitolato “Il fuorilegge di Torn” non fu accettato da Metcalf (sarebbe uscito quindici anni dopo), mentre il terzo sì. Si intitolava: “Tarzan delle scimmie” e gli fruttò ben 700 dollari! Quando poi fu pubblicato, nell’ottobre di quello stesso anno, fu subito un grande successo, al punto che due anni dopo uscì come romanzo in volume e sei anni dopo ne venne tratto il primo, omonimo, film (muto). Era il 1918 e l’uomo comune era ormai diventato Edgar Rice Burroughs.

Dopo quell’incredibile, stravolgente 1912, Burroughs non si fermò più. Manco a dirlo, le cronache non menzionano più la ditta di temperamatite. Burroughs era ormai una macchina da guerra alla macchina per scrivere. Cominciò a macinare scrittura al ritmo di due romanzi l’anno. Aveva una verve apparentemente inesauribile, sia nei cicli su cui aveva già messo le basi, come quello di Marte, per il quale dal 1912 al 1948 videro la luce undici romanzi, e quello di Tarzan, che ne annovera ben ventiquattro usciti tra il 1912 e il 1965 (otto dei quali mai tradotti in Italia), sia su altri cicli che Burroughs si inventò negli anni successivi, come quello di Pellucidar, una storia che sviluppa fantasticamente la teoria della Terra cava, riprendendo certi paradigmi di Viaggio al centro della Terra di Verne e de Il mondo perduto di Conan Doyle, e che vede sette romanzi usciti tra il 1914 e il 1963, e quello di Venere che annovera cinque libri pubblicati tra il 1934 e il 1970.

Tarzan and the Golden LionQuando poi nel 1916 decise di prendersi una pausa e, con la famiglia e il cane (Tarzan), da Chicago giunse fino nella California meridionale, si innamorò al punto di quella terra che tre anni dopo, grazie all’enorme successo di Tarzan poté permettersi l’acquisto di un grande ranch a nord di Los Angeles che battezzò Tarzana. Per dare un’idea della popolarità raggiunta da Burroughs basti pensare che nel 1928 gli abitanti dei dintorni del ranch decisero con una votazione popolare di adottare Tarzana come nome della loro neonata cittadina. Nel frattempo Burroughs, che era anche un oculato uomo d’affari, pensò che avrebbe potuto sfruttare meglio i proventi delle sue opere mettendosi in proprio. Così nel 1923 fondò la sua casa editrice, la Edgar Rice Burroughs Inc., nella quale lui stesso figurava come impiegato e per la quale cominciò a pubblicare le sue opere a partire dal 1931. Ma se da un lato Burroughs era stato addirittura travolto da un incredibile successo commerciale, e dunque finanziario, dall’altro la sua famiglia andò in pezzi nel 1934, quando lui ed Emma divorziarono.

Pirates Of VenusNel 1941, quando l’attacco di Pearl Harbor trascinò gli Stati Uniti dentro la Seconda Guerra Mondiale, Burroughs era troppo vecchio per prestare servizio attivo (ai tempi dell’attacco a Pearl Harbour aveva 66 anni), ma servì allo sforzo bellico come il più vecchio corrispondente di guerra nell’area del Pacifico volando da un’isola all’altra e riportando le attività delle truppe di stanza in quelle zone.

Ne uscì senza un graffio, ma con una moglie in meno, avendo divorziato anche dalla seconda a pochi anni dal matrimonio. Infine si ritirò in una piccola casa, sempre a Tarzana a prendersi cura dei figli e continuando a sfornare storie al punto che, dopo la sua morte, avvenuta nel marzo del 1950, vennero ancora pubblicati una dozzina di volumi.

Alla fine la produzione di Burroughs si attesta intorno alla settantina di opere e se da un lato il suo successo e la sua popolarità non furono mai messe in dubbio, né mai ebbero scossoni, dall’altro la critica non è mai stata particolarmente tenera nei suoi confronti. In un certo senso anche nelle sue storie Burroughs continuava a fare quello che sapeva fare meglio: il venditore.

John Carter by Frank FrazettaLui stesso ebbe modo di confermare che ciò che muoveva la sua scrittura erano i soldi. E non faceva altro che dare al suo pubblico quello che il suo pubblico voleva: avventura, spesso violenta, e sesso. E lo faceva a piene mani. Per intendersi, pare che qualche critico abbia contato che nella sua primissima produzione tra il 1912 e il 1915, vengono descritte settantasei minacce di stupro nessuna delle quali consumata.

Con uno stile non particolarmente raffinato, Burroughs si lascia andare facilmente agli stereotipi. Le donne sono belle, succinte e provocanti, normalmente minacciate da mostri terribili, mentre gli eroi, altrettanto belli e muscolosi, bramano di possederle, ma non attentano mai alla loro virtù, innescando così la sollecitazione di emozioni molto elementari. Alla fine per Burroughs le ambientazioni esotiche, siano esse marziane, venusiane o dell’interno della Terra, sono solo degli espedienti per inserire tutte le possibili variazioni per creature mostruose e umanoidi facili per stimolare quel sense of wonder così semplice da risvegliare anche in considerazione dell’ingenuità in cui questo tipo di letteratura ancora navigava a quell’epoca.

Edgar Rice Burroughs ERB portrait painted by J. Allan St. JohnEppure non si può prendere Burroughs tanto alla leggera. Perché raramente uno scrittore ha dimostrato tanta vitalità immaginativa. Non tanto quella caratteristica capace di fargli creare personaggi memorabili o società complesse, quanto piuttosto l’abilità di popolare paesaggi immaginari e di dare una grande forza a questa sua (a volte davvero sfrenata) immaginazione. Così, nel suo ruolo di scrittore popolare il cui successo mondiale non può che confermare la funzionalità narrativa delle sue opere, Burroughs si rivela per essere prima di ogni altra cosa un uomo che sapeva quali storie piacevano al suo pubblico e sapeva bene qual era il modo più efficace di raccontarle, anche se lui stesso ammetteva di non sapere esattamente come faceva, di non avere affinato alcun tipo di tecnica, ma di andare avanti più che altro con l’istinto, di scrivere quello che sarebbe piaciuto a lui. Ed è proprio per la sua capacità di far sognare generazioni di lettori come pochi altri, che non molti anni fa in un’intervista Ray Bradbury lo definì: “Probabilmente il più influente scrittore dell’intera storia del mondo”. Davvero niente male per un uomo comune.

Alessandro Vietti

 

Edgar Rice BurroughsL’AUTORE

Edgar Rice Burroughs, fa parte della schiera degli autori d’avventura più letti nella storia della narrativa mondiale: è stato il creatore di una serie di cicli narrativi fra i più amati della Letteratura di ogni tempo. Uno per tutti: Tarzan. Figlio di un fabbricante di batterie, Edgar Rice Burroughs nasce il giorno 1 settembre 1875 a Chicago; dopo aver frequentato diverse scuole private si arruola dapprima nella U.S. Cavalry, per poi cimentarsi con sua scarsa soddisfazione nelle professioni di minatore, poliziotto ferroviario e venditore in un Drugstore. Nel 1911 tenta di far decollare un’impresa per la vendita di temperini, ma senza successo. Un fallimento che avrà conseguenza amare sul suo carattere, tanto da indurlo al suicidio. Fortunatamente la pubblicazione del suo primo romanzo lo spinge a desistere dall’insano gesto e così nel giro di pochi anni riesce a emergere come scrittore di romanzi d’avventura e di Science Fiction. Durante gli Anni ’20 e ’30 il successo che incontra come autore è a dir poco strepitoso. Ne risente anche il suo conto in banca e con questo anche il suo mai sopito spirito imprenditoriale. Fonda allora una propria società, la “Edgar Rice Burroughs Incorporated” (ERB Inc.), finalizzata alla pubblicazione dei suoi scritti. Successivamente anche Hollywood contribuisce ad aumentare la sua fama con svariati film dedicati a Tarzan, il suo personaggio più noto. Negli ultimi anni Edgar Rice Burroughs si dedicherà soprattutto alla politica. Il 19 marzo 1950 muore nel suo Ranch dal fantasioso nome di “Tarzana”, in California, lasciando ai suoi figli un’eredità di oltre dieci milioni di dollari. Come accennato sopra il primo romanzo di Burroughs venne pubblicato in sei puntate durante il 1912 sulla rivista All-Story Magazine; si trattava del romanzo “Sotto le Lune di Marte”, il quale nella sua versione su libro del 1917 venne reintitolato “Una principessa di Marte”. Questo rappresentò il primo libro della fortunata serie di Marte, composta di un interminabile elenco di titoli. Benché le descrizioni di Marte forniteci da Burroughs non hanno nulla a che vedere con le conoscenze attuali riguardanti il Pianeta Rosso e nonostante l’assurdità di concetti come ad esempio la “proiezione astrale” (evidentemente all’epoca della stesura del suo romanzo questo gli sembrava l’unico modo per mandare il suo eroe su Marte) il ciclo di “Barsoon” viene considerato pura Science Fiction. D’altro canto va però constatato che spesso la componente fantasy assume un ruolo predominante ed è quindi comprensibile che alcuni critici abbiano messo in dubbio l’aspetto fantascientifico della serie. Pochi mesi dopo la pubblicazione di “Sotto le Lune di Marte”, sempre sulla rivista All-Story Magazine fece la comparsa il romanzo “Tarzan delle scimmie”, con il quale Burroughs iniziò il fortunatissimo ciclo dedicato alle avventure di Tarzan, e che rappresentò la principale fonte della sua fortuna. Le avventure di Tarzan comprendono 25 romanzi, tradotti in più di 60 lingue, e almeno 30 film. Inoltre hanno ispirato una non precisata quantità difumetti, telefilm e cartoni animati. Nel 1914 apparve in quattro puntate su All-Strory il ciclo di Pellucidar, che comprende anch’esso numerosi titoli, di cui uno comparso postumo. Questa volta le avventure del protagonista Innes e il suo accompagnatore, il professore Abner Perry, si ambientano nel centro della Terra (ispirandosi chiaramente ai lavori del grande precursore Jules Verne), dove abitano degli uomini allo stadio dell’età della pietra, i quali sono costretti a vivere sotto il giogo di una aggressiva razza di rettili-umanoidi. Nel primo romanzo i protagonisti riescono a organizzare una rivolta per liberare gli uomini dal loro stato di schiavitù. Alcuni anni più tardi apparvero sulla rivista Blue Book tre storie ? “The Land That Time Forgot”, “The People That Time Forgot”, “Out of Time’s Abyss” – le quali vengono annoverate tra le opere migliori di Burroughs. I racconti vennero poi nel 1924 integrati nel romanzo intitolato “The Land That Time Forgot”, dal quale nel 1975 venne anche tratto l’omonimo film. Anche questa volta le avventure si ambientano sulla Terra e più precisamente su di un’isola dimenticata di nome Caprona, dove gli abitanti nel corso della loro vita vivono ogni stadio dell’evoluzione: dall’unicellulare fino all’Homo sapiens. Burroughs iniziò la sua ultima serie nel 1932 con la pubblicazione sulla rivista Argosy del romanzo “The Pirates of Venus”. Il Ciclo di Venere comprende anche i romanzi “Lost on Venus” (1935), “Carson of Venus” (1939), “Escape on Venus” (1946) e “The Wizard of Venus” (1970, postumo). Qui si possono riscontrare gli stessi elementi già presenti nel Ciclo di Marte, con la differenza al limite del delirante che questa volta il protagonista, Carson Napier – il quale vuole andare a trovare John Carter su Marte – arriva su Venere per sbaglio con una astronave costruita da lui stesso. La fantascienza di Edgar Rice Burroughs è senza alcun dubbio illogica, palesemente esagerata e del tutto irrealistica, ma l’influenza delle sue opere nel campo di tutta la letteratura fantastica è stata grande ed ha avuto il pregio di far sognare intere generazioni di appassionati di questo inesauribile genere letterario. Soprattutto colpisce la facilità con la quale il lettore viene coinvolto nei sui romanzi: nel giro di poche pagine egli è già completamente assuefatto dalla vicenda e completamente integrato nei bizzarri mondi in cui si ambientano le avventure narrate. Ed è sotto questo aspetto che risalta l’abilità letteraria di Burroughs, vero e proprio maestro dell’avventura. (http://biografieonline.it/)