Distopie e Apocalissi Italiane del XXI Secolo: “Cinacittà” (2008) di Tommaso Pincio

Distopie e Apocalissi Italiane del XXI Secolo

Tommaso-Pincio-CinacittaIl Sud del mondo è sempre più caldo, e a Roma è ormai impossibile vivere di giorno. I romani l’hanno abbandonata. I cinesi e altre comunità hanno colonizzato tutti i luoghi che siamo abituati a considerare immortali. Un sopravvissuto, indolente e apatico, abituato a vivere una personalissima versione della “dolce vita” tra birre fredde e serate alla “Città proibita”, il tempio cinese della lap-dance, è avvicinato un giorno dal signor Wang, Che paria un italiano perfetto e sa tutto della storia di Roma antica. Da quando Wang mette l’occhio su di lui, “Marcelle”, come lo chiama Wang, cambia. E fa ciò che non avrebbe mai dovuto fare: si innamora di una delle ragazze che prima solo guardava…

Titolo: Cinacittà | Autore: Tommaso Pincio | Anno di pubblicazione 2008 | Editore: Einaudi | Collana: Stile libero | ISBN 9788806188634 | Pagine: 340 | Prezzo: 17€

La storia è ambientata nella Roma di un futuro non troppo lontano dal nostro presente, riarsa da un sole infuocato, in preda a una spietata crisi economica e invasa da immigrati cinesi, nuovi padroni della città e unico popolo che è riuscito ad adattarsi ai catastrofici sconvolgimenti economici e sociali.
Il protagonista è un disoccupato quarantenne che vive centellinando un piccolo patrimonio messo da parte con la liquidazione. Vinto dall’accidia, passa le notti in un locale di spogliarelliste asiatiche, bevendo un numero fisso di birre e lasciando che il tempo gli scorra davanti. Fino a quando un incontro con un affascinante cinese, personaggio oscuro dai modi occidentali, interrompe quella che il protagonista vive come una piacevole routine, e ce lo racconta lui stesso, in prima persona, mentre sconta in carcere una condanna a trent’anni per omicidio.
Quando scrissi la recensione di Cinancittà di Tommaso Pincio, nel settembre del 2009, fui colto da una sorta di “blocco del recensore”. Arrivato all’ultima pagina, mi trovai nella sgradevole situazione di non riuscire a capire se avevo avuto a che fare con una buona lettura o con qualcosa di facilmente dimenticabile.
Ricordo tra l’altro che impiegai un po’ di tempo prima di decidermi se acquistare questo libro. Dopo aver letto la sinossi, infatti, la storia mi sembrava poco interessante: generalmente non amo le vicende che hanno a che fare con omicidi passionali (motivo per il quale il protagonista si trova rinchiuso a Regina Coeli), e se vogliamo dirla tutta, il titolo alle mie orecchie suonava cacofonico.
L’unico motivo per cui mi decisi a leggere quello che era allora l’ultimo romanzo di Tommaso Pincio, era che, appunto, l’aveva scritto Tommaso Pincio, autore che avevo apprezzato con La ragazza che non era lei, e che ho amato dopo aver letto quello che considero uno dei migliori libri in lingua italiana pubblicati nel ventunesimo secolo: il bellissimo Un amore dell’altro mondo.
Ciò che più mi piace di Tommaso Pincio è il suo stile di scrittura: semplice, lineare, per nulla auto celebrativo, amaramente ironico. Sembra di leggere Kurt Vonneghut, più che Thomas Pynchon (lo so: Pincio ha già detto che il cognome che s’è dato ha a più che fare col colle romano, che col celebre scrittore postmoderno, ma non me la sento di credergli sulla parola).
Nel corso della lettura è facile intuire che molte delle vicende raccontate nel libro hanno un’origine autobiografica. Estrapolata dal contesto distopico, la monotona quotidianità del protagonista pare simile a quella di molti ex giovani italiani: intellettualmente dotati ma privi di stimoli. Sognatori ai margini di una società dove altre qualità rendono una persona interessante: l’aspetto fisico, la ricchezza, il carisma, la popolarità.
Tommaso Pincio è riuscito a emergere, a venirne fuori, perché lui è un vero artista. Ma quanti sono, quanti siamo, quelli rassegnati, quelli che non ce l’hanno fatta?

Thomas Mytom Pitt

Tommaso PincioL’AUTORE

Tommaso Pincio, pseudonimo di Marco Colapietro (Roma, 1º maggio 1963), è uno scrittore italiano. Il suo pseudonimo non sarebbe altro che l’italianizzazione del nome dello scrittore postmoderno Thomas Pynchon. Nel novembre del 2015 ha vinto il primo premio degli editori indipendenti SINBAD, della città di Bari, con il libro Panorama.  Dopo aver frequentato l’Accademia delle Belle Arti, ha esordito come fumettista, ha diretto per dieci anni una galleria d’arte internazionale e vissuto tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90 a New York come assistente di un famoso pittore; è in questo periodo che ha cominciato ad approcciarsi alla scrittura. Ha esordito come romanziere nel 1999 con M.. Successivamente ha pubblicato Lo spazio sfinito (2000) e Un amore dell’altro mondo (2002), un libro che ha diviso la critica letteraria e con il quale l’autore ha acquistato una certa notorietà. Vi si narra la vita diKurt Cobain, leader del gruppo rock Nirvana, attraverso lo sguardo di un suo amico immaginario. La ragazza che non era lei, pubblicato nel 2005, traccia un bilancio su ciò che è andato perduto e ciò che è rimasto dei sogni di amore e libertà degli anni Sessanta. È invece del 2006 Gli alieni, un’indagine su come l’ipotesi dell’esistenza di civiltà extraterrestri sia diventata uno dei grandi miti dell’era moderna. Di più recente pubblicazione sono le opere Cinacittà. Memorie del mio delitto efferato (2008), romanzo ambientato in una Roma colonizzata dai cinesi e abbandonata dai romani a causa dell’eccessivo innalzamento della temperatura globale; L’hotel a zero stelle (2011) saggio autobiografico di dialogo con alcuni grandi della letteratura; Pulp Roma (2012) incentrato sempre sulla città di Roma, il romanzo Panorama (2015) e la raccolta di saggi a firma Marco Colapietro Scrissi d’arte (2015), accompagnati da una postfazione di Andrea Cortellessa. Tommaso Pincio collabora regolarmente alla rivista Rolling Stone e alle pagine culturali de la Repubblica e il manifesto, occupandosi perlopiù di letteratura statunitense.